La Melegatti sta attraversando un periodo di crisi, forse il peggiore di tutta la sua storia. Sembra ci siano però, segnali forti di ripartenza seppure ancora lontani dalla fatidica frase “il peggio è passato”. Se da un lato pare che la macchina della solidarietà (soprattutto dei social) si sia messa in moto per il meglio, dall’altro i lavoratori dell’azienda veronese probabilmente vivranno un Natale di tensione e apprensione per l’insicurezza del loro posto.
La pluripremiata produttrice di pandori e panettoni ora si trova davanti ad un baratro, una crisi di liquidità che si sta provando ad arginare grazie ad un conto Maltese. Lo spettro della cassa integrazione è però sempre più tangibile per i lavoratori dell’azienda. Fondamentale per la ripresa della Melegatti è stato il sonoro tam-tam dei social network. Gli studenti veneti, universitari (in particolare l’ Udu Veneto) e non, hanno messo in atto una serie di prenotazioni di vendita nelle classi e nelle scuole.
Il fondo Abalone e la “salvezza”
A Novembre era stato dato, in tribunale a Verona, l’ok per il piano di salvataggio dell’azienda. Il fondo maltese Abalone ha garantito nell’occasione 6 milioni di liquidità per la campagna di dicembre e per consentire l’avvio della maxi-produzione festiva nello stabilimento. I lavoratori (fissi e stagionali) si erano ritrovati così, quasi increduli, ad infornare 1,75 milioni tra pandori e panettoni, per la lunga corsa verso il Natale. Soltanto il 22 novembre, i dipendenti festeggiavano il ritorno alla Melegatti con l’aspirazione, confermata poi nei numeri, di vincere la sfida con i concorrenti sugli scaffali e nei carrelli dei clienti. In una riunione settimanale però l’azienda avrebbe chiesto inaspettatamente la cassa integrazione lamentando l’estremo ritardo con cui i prodotti si sarebbero presentati sugli scaffali.
La cassa integrazione e il “Natale amaro”
I rappresentanti dei lavoratori chiedono ora di poter tenere delle assemblee per rimanere aggiornati sulle situazioni dell’azienda. La Melegatti d’altro canto risponde spiegando il perchè della sua decisione. “Produrre ora, porterebbe pandori e panettoni nelle disponibilità dei consumatori troppo sotto Natale, quando ormai tutti hanno fatto la loro scorta. Anzi quando i supermercati tendono ad applicare super sconti per smaltire il magazzino“.
Stefano J. Bazzoni