Meleagro di Gadara: di poesia, di gioco erudito e d’amore

Meleagro di Gadara, poeta d'amore e finissimo erudito, si confrontò con la tradizione lirica greca

Fine erudito, poeta dal cuore ardente: chi fu Meleagro di Gadara, autore di epigrammi del I secolo a. C.?

Non sentivo il nome di Meleagro di Gadara, né pensavo a lui, da almeno dieci anni. Da quando, cioè, al Liceo mi era stato cursoriamente presentato nel programma di letteratura greca. Epigrammista del I secolo a. C., con le sue liriche dedicate a etere e fanciulli non era riuscito a irretire la mia spinosa versione adolescente. Perché ci rincontrassimo si è dovuto mettere in mezzo proprio quell’elemento imponderabile capace di rendere assolutamente rilevanti anche parole scritte quasi 2100 anni fa: l’amore. Quell’amore, in particolare, che (in modo semiserio e un po’ “paragnosta”), ha fatto sì che la persona che ho accanto se ne uscisse con un:

tu sei l’anima della mia anima.

Parole che, nella mia testa, sono suonate immediatamente in Greco antico (“Ψυχὴν τῆς ψυχῆς”) e mi sono sembrate meravigliose. Con un po’ di sforzo, il nome del loro autore mi è riaffiorato alla memoria; sulla sua identità, però, buio completo. Chi era costui? Testi di letteratura alla mano, allora, mi sono messa in viaggio per (ri)scoprirlo.




Meleagro di Gadara: un vecchio loquace cittadino del mondo

In verità, è proprio il poeta a offrire il miglior resoconto della propria vicenda, nell’epigramma 417 del VII libro della Antologia Palatina:

Mia nutrice fu la città di Tiro, ma la patria che mi generò fu
Gadara, città greca nel suolo della Siria.
Nacqui da Eucrate, io, Meleagro che col favore delle muse emulai le grazie di Menippo.
Sono Siriano: cosa c’è da stupirsi?
Il mondo è la mia patria, un solo caos generò tutti quanti i mortali.
Io, carico di anni, ho inciso questo sulla mia tomba:
la vecchiaia non è lontana dall’attesa della morte.
Tu, passante, rivolgi un saluto a me, vecchio e loquace
e possa pure tu giungere alla mia età con molta parlantina.

Nato nel 130 a.C. e morto intorno al 60 a.C. a Cos, Meleagro di Gadara fu, come si legge, un erudito cosmopolita. La sua attività poetica, del resto, non si limitava alla pura espressione del sentimento o all’occasione. Piuttosto, Meleagro dialogava attivamente con la tradizione, che conosceva a menadito. Infatti, era stato tra i primi a raccogliere gli epigrammi dei poeti precedenti in una antologia, che aveva denominato Ghirlanda o Corona. In essa, ciascuno dei poeti menzionati (tra cui Saffo, Alceo, Simonide, Callimaco e Archiloco) veniva paragonato a un fiore. Divenendo, di fatto, interlocutore e ispiratore della poesia di Meleagro.

Scrivere amando: epigrammi per i fanciulli…

Anche se gli epigrammi efebici costituivano un genere comune all’epoca, Meleagro di Gadara non mancò di frequentarli con il suo stile personalissimo. Muovendosi, con grande eleganza, tra pathos e una punta di ironia, scrivendo ad esempio:

amanti infelici, il vento del Sud ha gonfiato le vele, ha rapito Andragato – metà dell’anima mia.
Beate le navi, beate le onde del mare,
quattro volte beato il vento che porta il ragazzo!
Fosse un delfino! Lo porterei sulle mie spalle
fino a Rodi, dove i ragazzi sono dolci.
A.P. Liber XII, 52

…Ed epigrammi per le etere

Eppure, il vero amore di Meleagro furono le donne, in particolar modo le etere. Padrone del suo cuore, più precisamente, furono in momenti successivi e in modi diversi tre: Asclepiada, Eliodora e Zenofila.

Asclepiada era l’amore sensuale, il desiderio che ubriaca fino a stordire. Per lei, Meleagro scrisse:

Languida, con gli occhi azzurri di onda silenziosa
Asclepiada ti invita a far vela nel mare dell’amore.
A.P. Liber V, 156

Zenofila era l’amore leggero, bizzarro, divertente. Quell’amore che rende un po’ ridicoli, al punto di essere disposti a mettersi a parlare perfino con una zanzara pur di poter comunicare con l’amata:

Vola, zanzara, veloce e messaggera e sfiorando
appena le orecchie di Zenofila sussurrale così:
“Vegliando ti attende e tu, dimentica chi ti ama, dormi”.
Orsù, vola, sì, musicista, vola.
Ma parla piano, che tu non desti chi le dorme accanto
e ne susciti contro di me le furie gelose.
Se mi condurrai la fanciulla,
ti vestirò di una pelle di leone, zanzara,
e ti metterò in mano una clava.
A.P. Liber V, 152

Eliodora, invece, semplicemente era la “anima dell’anima” del poeta:

Dentro, dentro il mio cuore, proprio Eros
ha dato forma a Eliodora che dolce
mi parla, anima della mia anima.
A.P. Liber V, 155

Oggetto e soggetto di un amore difficile, tormentato, tragico (l’etera sarebbe morta in giovanissima età), eppure mai revocabile.

Meleagro di Gadara, vittima e complice di Eros

In un famoso epigramma, Meleagro racconta croci e delizie dell’amore così:

Sempre ho nelle orecchie il ronzìo di Eros,
e gli occhi silenziosi versano una dolce lacrima agli Amori.
Né la notte mi placa, né il giorno: i filtri ormai
mi hanno impresso nel cuore un chiaro marchio. Alati Amori, che planate sempre su di me,
riprendere il volo è poi tanto difficile?
A.P. Liber V, 212

Pur con tutti gli scorni dell’amore, spiega il poeta di Gadara, amare resta ineludibile. Del resto,

Eros, in grembo alla madre, scherzando
giocò all’alba coi dadi la mia anima.
A.P. Liber XII, 47

Ma se l’anima è già presa, da sempre, in una partita truccata senza sconti, meglio allora assaporare tutte le parole che raccontano questo sentimento. Ripetere quelle che lo fissano sulla pagina nel modo più bello da millenni. E non rinunciare a inventarne di nuove.

Valeria Meazza

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