Spartizione di mele – In Norvegia, una donna ha deciso di regalare le mele in eccesso del proprio frutteto, sistemandole in appositi sacchetti appesi alla recinzione. Un gesto d’esempio, ma soprattutto interessante.
La foto ha fatto il giro del web; piuttosto che farle marcire, la prima scelta sarebbe stata quella di donare le mele al vicinato, senza chiedere nulla in cambio. In realtà la notizia risale allo scorso anno, ma solo da poche settimane è divenuto un episodio conosciuto e gradito agli utenti.
Il fatto, in sé e per sé, si presenta come l’ennesimo esempio di “buon cuore”, destinato ad uno stupore temporaneo, in balia del continuo flusso di informazioni presenti su internet. Sarebbe sufficiente presentare la donna come modello, ma la cosa non avrebbe molta risonanza; l’episodio delle “mele in regalo” risulta, da un punto di vista mediatico, fine a se stesso. Tuttavia, il dato interessante è più che altro antropologico, legato ad un costume abbastanza noto e non insolito per la Norvegia.
La domanda interessante è: come ridurre gli sprechi? Pare logico che lasciar marcire le proprie mele porti a poco; in un periodo caldo – in tutti i sensi – come questo, il fattore ambientale è primo tra le preoccupazioni. Mi riesce più immediato trattare l’argomento più da un punto di vista popolare: infatti, nonostante nel quotidiano le disattenzioni restino molte in fatto di inquinamento e consumo, la predisposizione civile resta attualmente più incisiva rispetto a quanto la politica stia dimostrando. L’incendio in Amazzonia è, al momento, l’esempio più scontato da questo punto di vista.
Tenendo conto di tale argomentazione, l’episodio “mele in regalo” torna ad avere un barlume di sensatezza.
L’apprezzamento che suggerirei e che voglio sottolineare non riguarda la generosità della signora norvegese, ma il silenzio del gesto; l’atto puro e funzionale, dedito semplicemente ad uno spirito di autoconservazione; la presa di coscienza dell’utilità e del significato di un semplice atteggiamento. Un gesto talmente istintivo da raccontare una mentalità, una cultura, che non rinnega la propria terra, ma che al contrario la include in un deciso modus operandi.
Il rispetto per il proprio mondo si dimostra in modo pacato, con assoluto distacco da un tornaconto o dal desiderio di spiccare; certo, non sono qui a raccontarvi di un mondo privo di commerci, in cui tutti dovrebbero “immolarsi” per garantire una mela in più al primo passante; non voglio rivendicare la semplice generosità come sinonimo di speranza, finendo per ignorare tutte quelle “clausole” della società moderna – severe e controproducenti, in parte, ma storicamente giuste.
In primis, il discorso etico, pur banale che sia, perde la sua sostanza in virtù dell’essere scontato. In secondo luogo, il fine ultimo di una simile azione resta ciò che conta e che più eccede nella mente delle persone; un campanello d’allarme, chiaro e cristallino, il cui slogan recita “è così semplice?”. Le mele in questione sono solo una gigantesca metafora di un atteggiamento che potrebbe rispecchiarsi in tanti altri campi, in un quotidiano più strutturato e cosciente del proprio pianeta.
Le soluzioni più immediate sono quelle maggiormente sposate e questo lo sappiamo. Il cittadino non ha voglia di faticare troppo, perché anche la più nobile delle intenzioni non ha valore, se comporta prendere l’iniziativa o affrontare nuove abitudini. Triste, ma sacrosanto – senza generalizzare eccessivamente.
Non è difficile immaginare il riscontro che avrebbe questo episodio riportato su larga scala. L’esempio è calzante, il contesto storico giusto. Le “mele in regalo” non sono un espediente stupido, né tantomeno superfluo.
E poi devo essere sincero: qualcuno ha già lanciato l’iniziativa, orgogliosamente delle nostre zone; sembra che in romagna ci sia un’abbondanza di kaki. Anche qui, tanto poco è bastato.
Eugenio Bianco