È di pochi giorni fa la notizia che l’ottantenne Pippo Baudo sarà il nuovo conduttore e direttore artistico della prossima edizione di Domenica In, che andrà in onda quest’autunno su Rai uno.
E per un paese che stenta a rigenerarsi e che a fatica e brontolando concede spazio ai giovani, meglio spolverare i vecchi, quindi. Che novità!
Senza nulla togliere al grande Pippo Baudo, che tra l’altro condusse Domenica In dal 1979 al 1985 e la cui carriera è densa di soddisfazioni e successi televisivi come Canzonissima, Spaccaquindici e Luna Park, la scelta dei vertici Rai sa di stantio: è una visione nostalgica che ringalluzzisce i vecchi (non me ne voglia Pippo Baudo per l’espressione) e rimanda indietro i titoli di coda a un’era del piccolo schermo che credevamo morta e sepolta. Ci sbagliavamo.
Così, per celebrare i quarant’anni di un programma cult della domenica dopopranzo, che fa sbracare sul divano signore e buona parte di chi non segue il calcio in tivù, il direttore di Raiuno, Fabiano, sceglie di tirare a lucido Pippo Baudo, uno che ha fatto la storia del varietà italiano.
Appunto, la storia.
Ma l’Italia è questa. Una nazione fatta di miti, di bandiere e di eroi che non se la sentono di mollare la gloria e sparire nell’oblio.
E poi ci sono i vecchi rimbambiti statali che non vogliono o non possono andare in pensione per colpa della Legge Fornero, e va bene così. Mentre i giovani sono a spasso. Tristi, talentuosi e disoccupati.
Siamo un popolo marcio. Parliamo di cambio generazionale, ma non facciamo nulla affinché questo avvenga.
Aspettiamo pigri e flaccidi che le cose mutino da sole e intanto gli anzianotti dipendenti della pubblica amministrazione strascicano ogni giorno a lavoro senza entusiasmo e ambizioni, nell’attesa che passino quei due tre anni che li separano dalla sognata pensione.
Quindi, non meraviglia la decisione del direttore di Raiuno Fabiano di affidare all’ottantenne Pippo Baudo la conduzione di Domenica In.
Certo, la mia vuole essere una provocazione, ma in fondo è lo specchio del paese. Di un paese che non vuole cambiare. Che si conserva e costringe i giovani a cercare fortuna all’estero, mentre i vecchietti di casa nostra rivivono mille altre vite in Italia: nella loro cara e bella Italia.
Antonio Lorenzo Milo