Si dice che la verità faccia male. Si dice anche che esistano “bugie bianche”.
E spesso non si sa se dire ad un amico un’amara verità o una bianca bugia… o se chiedere ad un amico di riportarci un’amara verità, o una bianca bugia.
Tutto oscilla fra l’umano desiderio di illusione e di speranza e la necessità cognitiva di ancoraggio al “qui ed ora”, come esempio concreto di esame di realtà.
L’interpretazione che diamo del mondo e degli eventi che in esso accadono dipendono dalle “lenti” di occhiali che indossiamo: se indossiamo occhiali con lenti di colore rosso, ad esempio, tutti gli oggetti del mondo intorno a noi sembreranno rossi o con sfumature di rosso… ma ciò NON corrisponderebbe alla realtà. Sarebbe come autoraccontarci una bugia, nel bene o nel male.
Togliersi gli occhiali e guardare gli oggetti intorno a noi in modo oggettivo, cogliendone i dettagli – piacevoli o spiacevoli – e le sfumature, invece, ci consentirebbe di apprezzarne tutte le diversità e di avere una panoramica precisa di quanto ci circonda.
A volte questi ipotetici, metaforici occhiali sono indossati inconsapevolmente… altre volte, invece, sappiamo di indossarli e per non soffrire, o per non dover fare scelte inevitabilmente dolorose, decidiamo di continuare ad indossarli.
Cosa ne consegue, in genere? Ne consegue ciò che gli psicologi chiamano un “erroneo esame di realtà” con conseguenti “distorsioni cognitive”.
Per distorsione cognitiva si intende un pensiero irrazionale e/o disfunzionale, che non corrisponde ai dati oggettivi a disposizione della persona interessata e che non le consente di raggiungere obiettivi coerenti con i suoi desideri più profondi e più intimi.
Allora, per tornare al quesito principe di questo articolo: meglio una bugia confortante o una verità difficile?
Partendo dal presupposto che per il raggiungimento dei propri obiettivi sia importante una visione “non distorta” (e quindi funzionale) della realtà, la risposta corretta è senz’altro “meglio una verità difficile”; naturalmente, proprio perché difficile, tale verità necessita di risorse e di strumenti per poter essere affrontata e gestita nel modo più opportuno.
Non sempre risorse e strumenti sono a disposizione della persona coinvolta, pertanto talvolta può essere necessario appoggiarsi a professionisti esperti.
Meglio quindi non appoggiarsi ad amici o “solo” ad amici, proprio perché questi ultimi potrebbero, per non ferire o per non perdere la compagnia di una persona cara, raccontare delle “bugie bianche”, che sicuramente darebbero un supporto momentaneo per non pensare alla questione problematica, ma alla fin fine non consentirebbero di attivare quegli strumenti utili per fronteggiare la realtà e superare, in modo stabile e costante nel tempo, il momento di difficoltà.
Anche la scelta del professionista a cui rivolgersi, ovviamente, dovrà essere particolarmente oculata: esistono diversi filoni di pensiero e diverse scuole di psicoterapia, ad esempio, e non sempre la metodologia applicata ad un caso risulta essere utile anche ad un altro caso “apparentemente” simile.
Per chiudere la nostra disquisizione in modo riflessivo, dunque, mi piace l’idea di introdurre due citazioni:
“Bisogna essere in due per mentire: uno che mente ed uno che ascolta”
(Homer Simpson)
“Ci sono bugie così ben raccontate che ci dispiace non credervi”
(Roberto Gervaso).
Spesso, la bugia vive perché ci sono orecchie pronte a coglierla.
E occhi pronti ad indossare occhiali “disfunzionali”.
Ora chiudete gli occhi.
Sedetevi comodi, in silenzio, in un luogo familiare.
Voi, cosa preferite?
Una confortante bugia…. o un’amara verità?
Rispondetevi sempre ad occhi chiusi.
Buona meditazione a tutti.
Sabina Pizzo