Medusa: non un mostro, ma una donna tradita dagli Dei

Medusa

"Medusa", Pieter Paul Rubens, 1618, olio su tavola.

Capelli di serpente e una ferocia implacabile: per molti il personaggio mitologico di Medusa è essenzialmente questo. Eppure, questa figura non è primariamente quella di un mostro, ma quella di una fanciulla. Una giovane donna condannata dal capriccio degli Dei.

Dire Medusa è dire un orrido volto deturpato dall’ira, contornato di serpenti e capace di pietrificare all’istante chi ne incontra lo sguardo. Medusa è questo: un mostro urlante messo a tacere dalla spada di Perseo, che ne solleva la testa spiccata dal corpo dopo aver trionfato. Medusa è il trofeo sull’egida della dea Atena, un ornamento alla maggior gloria della sapiente vergine guerriera. Eppure, di Atena Medusa dovrebbe anche essere la vergogna. Perché questo personaggio, questo mostro, non inizia la propria storia da abominio. Abominio, invece, diventa perché la dea è capace di conoscenza eccelsa e arte, sì, ma non di pietà.




Medusa, una donna vittima di Eros

Secondo alcune versioni del mito, Medusa nacque mostro. Lo era in quanto una delle Gorgoni insieme a Steno ed Euriale, terrificanti figlie delle divinità marine Forco e Ceto. Secondo altre, però, Medusa era nata donna mortale. Secondo Ovidio (Metamorfosi, IV), per esempio, Medusa era una fanciulla bellissima che aveva scelto di dedicare la propria vita al culto di Atena. Di sangue nobile, per diventare sacerdotessa aveva rifiutato un pretendente dopo l’altro. Ma dopo essere entrata al servizio della Dea, ce n’era stato uno cui Medusa non aveva potuto o non aveva voluto dire di no. E cioè il dio Poseidone.

Invaghitosi di lei, il dio del mare provò a sedurla, avendo maggior fortuna che in altri casi, come in quello di Cenide. Medusa si innamorò di lui, oppure fu vittima di una sua violenza: su questo, le diverse versioni del mito sono discordi. Quello che è certo è che la dea Atena scoprì che la sua sacerdotessa non era più illibata e di lei non ebbe alcuna pietà. Al suo verdetto, la splendida giovane donna fu tramutata in un essere ripugnante.

L’impresa di Perseo

Come se la sorte con Medusa non fosse stata abbastanza crudele, in quanto mostro divenne inevitabilmente bersaglio di eroiche imprese. Quella fatale fu quella di Perseo, che fu tutt’altro che ad armi pari.

Perseo era stato inviato a uccidere Medusa da Polidette, re di Serifo. Non che quest’ultimo credette che l’impresa avrebbe avuto successo. Polidette, in realtà, mirava a liberarsi di Perseo per sposare Danae, sua madre. Ma il giovane eroe aveva gli Dei dalla propria. Così, trovate le ninfe dello Stige da loro ricevette l’elmo dell’invisibilità di Ade, per poter aggirarsi non visto nel luogo in cui le Gorgoni dimoravano. Da Ermes, poi, Perseo ebbe un falcetto adamantino per poter ferire la nemica a morte. Infine, Atena lo condusse a Samo per mostrargli un simulacro di Medusa, insegnando a Perseo a riconoscerla dalle sorelle. Né la dea della sapienza si limitò a questo. Lo accompagnò per mano nel covo del mostro, mentre il giovane usava lo scudo come specchio per non incontrare il suo sguardo pietrificatore. A quel punto, Perseo ebbe buon gioco ad abbattere Medusa senza nemmeno impegnarsi in uno scontro equo. Infatti, la decapitò mentre dormiva. Chiudendo così la parabola d’ingiustizia che vede Medusa vittima e protagonista.

Dopo la morte di Medusa

Quella di Medusa nel mito è una morte feconda. Infatti, non appena Perseo ne spicca la testa dal collo, ecco uscire dal cadavere della Gorgone il cavallo alato Pegaso e il gigante Crisaore. Questi, infatti, sono i figli che Medusa aveva generato giacendo con Poseidone e che erano rimasti intrappolati dentro di lei.

Non solo. Quando Perseo sfugge alla vendetta delle sorelle di Medusa in groppa a Pegaso, lo fa portandosi via la testa di Medusa in una sacca. Dal suo sangue che gocciola durante il viaggio hanno origine altre due forme di vita. E cioè l‘anfesibena, un serpente a due teste con gli occhi che brillano come fiaccole. Quest’ultimo nasce dall’incontro tra il sangue e la sabbia del deserto libico sorvolato da Perseo. E poi il corallo, formatosi dal contatto di alcune alghe con la testa della Gorgone.

Mentre il cadavere di Medusa viene seppellito ad Atene sotto l’agorà, il suo capo compie un lungo viaggio insieme a Perseo. L’eroe, infatti, se ne serve per sconfiggere il titano Atlante, dando origine all’omonima catena montuosa. La usa poi per abbattere il mostro marino Fineo, del quale Perseo sposa la figlia Andromeda. E con essa vendica suo nonno Acrisio, scacciato dal trono di Argo dal fratello Preto. Dopodiché, tornato a Serifo, Perseo la sfodera per pietrificare Polidette e tutti i suoi cortigiani, liberando Danae dal pericolo. A questo punto, come segno di devozione e gratitudine, il giovane eroe affida la testa mozzata alla dea Atena. Da questo momento essa fa bella mostra di sé sullo scudo della vergine guerriera, chiudendo il cerchio della creazione del mostro. Un viaggio circolare, perfetto nella sua crudeltà, che a percorrerlo tutto seguendo Medusa lascia un retrogusto così velenoso da restare quasi pietrificati.

Valeria Meazza

 

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