“Mediterranea in formazione” sul Regolamento di Dublino III e l’accoglienza in Europa

Regolamento di Dublino III Frontex

Lunedì 30 Ottobre, si è svolto un workshop tenuto da “Mediterranea in formazione” riguardante il sistema d’accoglienza in Europa. Nello specifico si è trattato del Regolamento di Dublino III e delle alternative possibili, con l’intervento di Rosario Marra e Eleonora Camilli.

L’intervento in generale

L’intervento era organizzato da Mediterranea Saving Humans, in cui si è discusso sull’accoglienza in Europa e sulla normativa e successivamente la pratica del Regolamento di Dublino III. Si è voluto dare un taglio normativo e pratico del sistema di accoglienza in Europa, dividendo l’intervento in due fasi.

La prima fase, in cui è intervenuto Rosario Marra, che fa parte dell’osservatorio diritti umani Mediterranea Saving Humans ed esperto di protezione internazionale e migrazioni. Ha offerto un inquadramento giuridico e normativo, in particolare sul Regolamento di Dublino III, argomento molto divisivo ai giorni nostri. Nella seconda fase è intervenuta Eleonora Camilli, giornalista esperta di migrazioni, ha invece esposto l’attuazione pratica di queste normative, mostrando gli effetti diretti sulla vita dei richiedenti asilo attraverso degli esempi.

In generale hanno mostrato come quest’argomento così diviso nel dibattito politico tra Stati europei ma anche all’interno degli Stati stessi, sia nella pratica fallimentare, e provando ad esporre delle possibili alternative di mobilità dei richiedenti asilo all’interno dell’Unione Europea.

Cos’è il Regolamento di Dublino III alla base dell’accoglienza in Europa?

Il Sistema di Dublino III è il Regolamento europeo n. 604/2013. Essendo un Regolamento è una legge dell’Unione Europea che si applica a tutti gli Stati membri ed è un punto fondamentale del CEAS (il Sistema europeo comune di asilo) che stabilisce norme minime per il trattamento di tutti i richiedenti asilo e di tutte le domande d’asilo in Europa. L’idea di base è quella di determinare la competenza ad esaminare la domanda d’asilo sullo Stato che ha svolto un ruolo più significativo in relazione all’ingresso del richiedente nel territorio dell’UE. Si applica ai 27 paesi membri più 4 paesi associati (Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein).

Gli obbiettivi sono quelli di:

Rosario Marra, ha poi elencato i criteri gerarchici con cui determinare lo Stato membro competente, mostrando la prima frattura tra ciò che si dovrebbe applicare e ciò che si applica nella pratica. Infatti il primo criterio dovrebbe essere quello del ricongiungimento, e quindi della presenza legale di familiari in uno o più Stati membri. Poi può essere stabilita per i titoli di soggiorno o i visti rilasciati da altri Paesi membri.

Ma i numeri ci dicono che il criterio più utilizzato è quello del primo ingresso illegale, che dovrebbe essere il terzo criterio gerarchico

Questo significa che il primo Stato la cui frontiera è varcata illegalmente è competente nell’esaminare la richiesta di protezione internazionale. Questo si capisce da elementi di prova, come la banca dati EURODAC, e dalle circostanze indiziarie

Se non ci sono degli elementi di prova forti come si fa a determinare lo Stato di competenza, quindi la decisione sulla vita di un migrante senza un elemento forte? La procedura del Regolamento Dublino ha un regime della prova attenuato, non deve essere provato oltre ogni ragionevole dubbio.

Altri aspetti fondamentali

La durata massima della procedura prevista dal Regolamento Dublino III è di 11 mesi, che comprende la comunicazione tra gli Stati e il trasferimento del richiedente asilo, che rimarrà per tutto questo tempo nel centro d’accoglienza. Inoltre, la responsabilità del primo Stato di cui ha varcato la frontiera illegalmente cessa dopo 12 mesi dalla data di arrivo.

Lo Stato ovviamente ha degli obblighi durante questa procedura, i principali sono l’art. 4 con il diritto di informazione, cioè le autorità competenti devono informare il richiedente asilo dell’applicazione del regolamento consegnandoli un opuscolo informativo, e l’art. 5 con il diritto al colloquio personale con un mediatore culturale. Se non si rispettano non si può applicare il regolamento.

Tutto questo impianto normativo, molto complicato e ampio, è sotto la lente d’ingrandimento ormai da diversi anni, con il tentativo di diverse modiche. Una è avvenuta nel 2020, con il “Nuovo patto su migrazioni e asilo”, basato su principi di solidarietà, responsabilità condivisa e rispetto dei diritti umani, per armonizzare e rendere più omogeneo in tutta l’UE quella che è definita adesso la valutazione della domanda di protezione internazionale. Ma siamo in una fase di stallo della modifica del Regolamento di Dublino III per i contrapposti interessi politici tra Stati del Sud e del Nord Europa.

Il Regolamento di Dublino III nella pratica

L’intervento di Eleonora Camilli è servito per percepire gli effetti che quest’insieme normativo ha sui richiedenti asilo e come viene applicato diversamente da richiedente a richiedente, in base al contesto da cui si parte.

Infatti, nella pratica, il rispetto del Regolamento di Dublino III è molto altalenante. Un esempio si riscontra a Lampedusa, dove sia i richiedenti sia lo Stato italiano hanno un interesse a raggirare il Regolamento. Da parte del richiedente per non rimanere bloccato in un paese ma poter raggiungere quello in cui ha una rete parentale e amicale migliore. Da parte dell’Italia, essendo paese di frontiera, per non dover farsi carico di tutte le richieste.

La politica fallimentare del Regolamento Dublino III è emersa anche con lo scoppio del conflitto in Ucraina. Infatti, la direttiva 155 è stata applicata per il flusso ucraino, direttiva del 2001 ma mai attuata fino a quel momento, che permette dei movimenti più semplici e veloci nei paesi europei. Questo però è stato applicato solo a determinati cittadini ucraini, non per chi aveva un visto o un permesso temporaneo. Camilli ha riportato la storia di un ragazzo della Nigeria, studente dell’Università di Kharkiv, che grazie a un corridoio umanitario è riuscito a raggiungere l’Italia, paese in cui però la protezione internazionale gli è stata negata perché non rientrante nella direttiva 55.

Possibili alternative

La direttiva 55, applicata per il flusso ucraino ha scavalcato nei fatti il Regolamento di Dublino III. Molti immigrati ucraini hanno potuto muoversi liberamente all’interno dei confini degli Stati europei, appoggiandosi a reti amicali e parentali. Infatti, solo il 10% ha fatto riferimento all’accoglienza governativa.

La direttiva 55, ci ha mostrato che forse se non mettessimo tutti questi paletti e se consentissimo una libertà di movimento almeno per raggiungere le persone che in loco possono aiutare e dare supporto, forse sarebbe meglio per tutti, anzitutto per le persone che hanno desiderio di spostarsi

Si parla spesso di leggi, di regolamenti, e lo scontro sul Regolamento di Dublino che va avanti da ormai diversi anni lo dimostra. Ma il fallimento sta proprio nel non considerare realmente le persone, che sono protagoniste di queste migrazioni. Spesso vengono considerati come dei pacchi in queste normative, anche negli stessi termini, come l’utilizzo del verbo “ricollocare”. Il problema sta nel non considerare l’aspetto umano, migranti con delle storie, delle persone e delle reti a cui fanno riferimento.

Il problema non è tanto nel non avere gli strumenti ma nel non volerli applicare. Strumenti come i visti per lavoro, per studio, umanitari ecc.

Vorrei concludere con la risposta di Eleonora Camilli alla domanda su una possibilità di riformare il Regolamento di Dublino

Difficilmente, secondo me, si arriverà a una revisione di Dublino, anche l’Italia negli ultimi anni ha fatto dei passi indietro rispetto alla richiesta di questo superamento, proprio perché si è capito nei fatti che non c’è una volontà politica condivisa e anche perché a livello europeo un po’ tutti i paesi stanno facendo dei passi indietro rispetto, in generale, all’accoglienza dei migranti…Ci si concentra molto di più, a livello europeo, su come fermare i migranti

Luisa Campazzo

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