Maysoon Majidi è libera: a Crotone, cade l’accusa di scafismo

Maysoon Majidi: attivista curdo-iraniana

La notizia della liberazione di Maysoon Majidi è arrivata nel tardo pomeriggio al termine di una lunga giornata in tribunale. L’aula del Tribunale di Crotone ha esploso in un’emozione incontenibile: Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana di 28 anni, è stata finalmente scarcerata dopo dieci mesi di detenzione. La decisione, frutto dell’ultima udienza e delle dichiarazioni dei testimoni, ha scardinato gli indizi di colpevolezza a suo carico. L’avvocato della giovane, Giancarlo Liberati, ha subito comunicato l’esito alla sua assistita, che, provata dall’attesa e dall’emozione, ha perso conoscenza per qualche istante. L’attivista è stata liberata dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in seguito allo sbarco dello scorso 31 dicembre.

Maysoon Majidi: un caso complesso e contraddittorio

Maysoon Majidi era stata arrestata lo scorso dicembre con l’accusa di essere una scafista, e durante il processo, l’accusa l’aveva definita “l’aiutante del capitanoper aver distribuito cibo e acqua a bordo dell’imbarcazione. La procura di Crotone aveva basato le accuse principalmente su due testimonianze di passeggeri dell’imbarcazione, ritenute dalla difesa inattendibili e smentite successivamente. Al contrario, la difesa ha dimostrato che Majidi si trovava sopra coperta insieme agli altri migranti e non svolgeva alcun ruolo organizzativo nel viaggio.

Durante il processo, diverse testimonianze chiave si sono rivelate fragili. La polizia tedesca non è riuscita a rintracciare Hasan Hosenzadi, testimone che avrebbe potuto scagionare Maysoon, e la difesa ha evidenziato errori di traduzione che potrebbero aver distorto le dichiarazioni di alcuni passeggeri. Il fratello di Maysoon, Rayan, deportato dalla Germania poco prima della sua deposizione, ha potuto comunque rispondere in videoconferenza e confermare i dettagli del loro viaggio.



Importante è stato l’aiuto di altri teste, anch’essi rifugiati politici in Germania, che hanno parlato di Maysoon Majidi come di una ragazza ammucchiata in mezzo a tante altre persone e sotterrate da una coperta. Queste testimonianze hanno inoltre negato la narrazione che ha dipinto la giovane come un’aiutante dell’imbarcazione. Al contrario, in tribunale tutti hanno confermato di aver conosciuto la ragazza durante la sola traversata per Crotone, una delle tante migranti impaurite dalle onde del mare e con l’obiettivo di sopravvivere.

Un percorso di fuga e resistenza

Maysoon Majidi aveva lasciato l’Iran nel 2019 dopo aver subito violenze e maltrattamenti in carcere a causa del suo attivismo. La sua fuga l’aveva portata prima nel Kurdistan iracheno, dove aveva continuato il suo impegno con l’associazione per i diritti umani Hana, e poi in Turchia, da dove si era imbarcata verso l’Europa insieme al fratello. Il viaggio era stato pagato grazie a una raccolta fondi organizzata dal partito curdo Komala, e l’imbarcazione su cui viaggiava aveva raggiunto Crotone a fine dicembre, dove la giovane è stata arrestata. Rajan Majidi, il fratello dell’imputata, ha avuto il compito di descrivere il percorso di fuga dall’Iran.

Siamo dissidenti politici, abbiamo raggiunto in Kurdistan irakeno i referenti del Komala, partito dell’opposizione curda. Dal Kurdistan siamo fuggiti in Turchia, attraversando a piedi le montagne. Alcuni tratti li abbiamo fatti in auto. Non eravamo soli, c’erano altri con noi.

Ha poi descritto il momento dell’arresto.

Non volevamo venire in Italia ma andare in Germania, scappavamo per non farci prendere le impronte.

Il contesto delle accuse e le sue conseguenze

Maysoon Majidi era accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato aggravato dal recente decreto Piantedosi. Se condannata, rischierebbe fino a 16 anni di carcere, una multa di 15mila euro per ogni persona a bordo e il rimpatrio in Iran, dove la sua vita sarebbe in pericolo per via delle persecuzioni verso la minoranza curda. Per questo motivo, la difesa ha più volte richiesto la revoca della custodia cautelare o la sua modifica, ma le richieste erano state respinte fino a quest’ultima udienza.

Il prossimo appuntamento in tribunale è fissato per il 27 novembre, quando si terrà l’udienza finale del processo: la giovane è infatti prosciolta in fase istruttoria, dunque rimane libera ma in attesa di giudizio. In attesa della sentenza, Maysoon Majidi potrà finalmente vivere in libertà dopo mesi di detenzione e di scioperi della fame come forma di protesta. Durante questi mesi in carcere, la giovane ha più volte denunciato le condizioni ingiuste della sua detenzione, arrivando a pesare solo 38 chili a causa della sua protesta pacifica.

Il caso di Maysoon Majidi ha attirato l’attenzione di diverse organizzazioni e parlamentari, sollevando preoccupazioni su come vengono gestite le accuse nei confronti di chi è coinvolto in sbarchi di migranti, anche e sopratutto in riferimento alla comunità curda che, in Italia, viene altrettanto perseguita e repressa nelle strade o nelle carceri. Spesso, le procedure di identificazione sono rapide e basate su testimonianze non verificate, portando all’arresto di persone ingiustamente accusate di aver guidato o aiutato nella gestione delle imbarcazioni.

L’ultimo spaccato del processo è quello di un video, proiettato e tradotto in aula. Maysoon Majidi urla di essere finalmente salva, come tutti gli altri migranti in viaggio con lei; c’è chi, nella controparte, sostiene ancora che si trattasse di un messaggio in codice ai trafficanti.

Lucrezia Agliani

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