Mauro Biani e la censura meccanica
Di sinistra in Italia sono rimaste pochissime cose, tra le quali la festa del lavoro – nonostante l’assenza del festeggiato – e Mauro Biani. La prima è garantita – oramai in grottesca contumacia – dal primo articolo della Costituzione: signori non c’è lavoro, ma almeno teniamone viva l’ antica memoria con un circo annuale di proto-rock, frizzi e lazzi. Sul vignettista Mauro Biani che dire? Sempre puntuale, di una vitalità creativa istantanea e sottile, e – cosa che non guasta mai – una mano notevole.
L’autore è – ripeto- sottile… estremamente sottile. Più che scomodo (dote che dovrebbe appartenere ad ogni autore satirico, dunque ritengo inutile star qui a blaterare sull’essenziale) è, in modo raffinato, “anacronistico”.
Mi spiego meglio: Biani non è fatto per i social. Il Nostro non ha strutturalmente difese per la censura da algoritmi. Basta la segnalazione di un idiota qualsiasi (possiamo pescarne tantissimi anche a occhi chiusi oggigiorno) che subito si innesca un sistema di “oscuramento” telematico che ha poco a che fare con i contenuti e l’interpretazione dell’opera.
Solo un piccolo esempio: mesi fa un sito d’arte postò su Facebook il famoso quadro di Courbet “l’Origine du Monde”, ricordiamo tutti l’opera, almeno spero. Ebbene nel giro di poche ore l’immagine sparì dalla piattaforma. Troppo esplicita, per nulla adatta alla diffusione. Qualcuno aveva visto in quel soggetto qualcosa di immorale, di troppo forte, sicuramente più forte di bambini straziati dalla guerra. L’esplicita esposizione del corpo è di gran lunga più “pericolosa e indecente” dell’inutile gratuità mediatica del sangue e delle mutilazioni.
Ebbene a Mauro Biani accade l’esatto opposto. Se Courbet è poeticamente esplicito, Biani rischia sempre di essere stupidamente frainteso.
Non è la prima volta per Biani, come per tanti altri – come Vanessi, Portos, Vauro, la lista sarebbe lunga -, ma il paradosso è che si viene sempre, costantemente, censurati per i motivi sbagliati, ammettendo solo per beneficio di inventario che possano esisterne di giusti.
In questo caso l’autore gioca su due “argomenti scottanti” e li capovolge, dando loro un’interpretazione grottesca: l’apologia del fascismo e la “cosiddetta” emergenza migranti. Riprende una vecchia immagine di propaganda fascista, dove un uomo di colore stringe con violenza una donna italiana e la ripropone con la stessa didascalia: “potrebbe essere tua moglie, tua sorella, tua figlia, difendila”, ma aggiunge: “dal migrante economico”.
L’operazione è chiara, lampante! E’ né più e né meno che un’esasperazione. Il voler riproporre in chiave dissacrante i temi dei totalitarismi non è altro che uno schiaffo ben assestato alla mediocrità della nostra classe politica, che – in pieno stallo neuronale – si arma di temi discriminatori per raccogliere voti grazie al malcontento diffuso e nelle fogne dell’estrema destra, la mediocrità che alimenta il disagio sociale per assicurarsi consensi alle prossime elezioni. Non ci vuole certo Turing per risolvere questo “enigma.” Ma gli algoritmi dei social non vanno per il sottile, anzi sono strutturalmente stupidi. Bastano un paio di ignoranti che trovano “razzista e fascista” questo palese attacco al razzismo e al fascismo che subito il freddo calcolo censorio di 0 e 1 inizia e decreta.
Prima anche i censori meritavano un certo rispetto, non erano degli scemi, in fondo era vero quello che scriveva Ayckbourn: “La censura non è una cosa del tutto cattiva, poiché in tal modo a ogni libro è garantito almeno un lettore attento”. Ma erano altri tempi, tempi in cui si cercava di “motivare male” grazie all’inguaribile handicap del pregiudizio.
A dirla tutta questa tipologia di oscuramento mediatico contraddice anche uno dei miei autori preferiti, Karl Kraus, infatti oggi accade l’esatto opposto di quel che scriveva: “Il potere censura solo le battute che riesce a capire”, oggi no… di questi tempi anche l’assenza di acume e l’ignoranza hanno una meccanica possibilità di censurare. Anche gli ingranaggi del nulla hanno voce in capitolo.
fonte immagine Mauro Biani on Twitter sito dell’autore Mauro Biani [punto]it