Guy de Maupassant (1850-1893), discepolo di Flaubert, considerato dalla critica non al suo livello, manchevole dell’efficacia della sua arte, costui si staglia quale uno dei patrioti del decadentismo e ne riveste l’habitus in modo peculiare, investendo le sonorità più sordide ed estreme.
Anche nel suo aspetto Maupassant esprime quell’estremità del malessere, della fisicità, quell’alterazione che lo rende anomalo: una sproporzione corporea che si rivela nell’anima. Fisico non slanciato, viso tondeggiante, crine mosso, testa grossa, baffi folti.
Scrittore prolifico, sui generis nell’alveo naturalista decadente, poiché dotato di un senso misterico e una veemenza stilistica che lo isolerà dal panorama letterario, decretandolo quale limitato nella espressione narrativa. Guy non risponde ai dettami “impressionistici”, ma tende a concepire una visione precisa della descrizione narrativa. Una sorta di “realismo” in cui lo scrittore ha considerazione solo di ciò che è visibile, il mondo dell’invisibile non viene contemplato.
Ciò che risulta incompiuto, il senso del vago non contano nel suo assetto descrittivo, i personaggi vengono stigmatizzati come in un fermo immagine, in un inciso. Un pragmatismo che inficia anche il tempo di battitura di un testo. Maupassant è noto per la sua solerzia nello scrivere mista ad una rapidità, un’ansia, nel terminare in breve tempo le sue opere. Caratteristica dettata anche dal contesto storico-sociale in cui l’autore ha vissuto, la guerra franco-prussiana, i progressi tecnologici, i tempi frenetici, un senso di disillusione diffuso.
Con la fine del Secondo Impero si instaura l’epoca di una borghesia, non vitale e progressista, quanto dominata dalle piccolezze, senza slanci. I testi di Guy rispecchiano questo piccolo mondo anche nella forma espressiva, i romanzi si accorciano e diventano dei veri e propri frammenti.
La marcescenza di un tempo, il senso illusorio di un domani, la grettezza di una classe sociale alla fine dell’auge, abbandonata e ripiegata su se stessa, la “decadenza” di un sentire e di un credere dominano l’arte controversa di Maupassant.
Un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà.
Costanza Marana