Il rapporto INAPP per l’anno 2022 conferma un quadro preoccupante per le donne che desiderano coniugare maternità e lavoro in Italia: ancora oggi una donna su sei si vede tagliata fuori dal mercato del lavoro dopo il primo figlio, mentre le possibilità di rientrarvi a distanza di anni si riducono drasticamente.
Il dettagliato rapporto stilato dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) e inerente al 2022 delinea ancora una volta una situazione allarmante per quanto riguarda la presenza delle donne nel mercato del lavoro, situazione che non sorprenderà scoprire essere ancora più grave quando le donne sono anche madri. Le stime dell’INAPP rivelano infatti che in Italia una donna su sei lascia il mercato del lavoro dopo la nascita del primo figlio e che la percentuale di madri che non hanno mai lavorato per prendersi cura della propria famiglia si attesta all’11.1%, di molto superiore alla media europea del 3.7%. Considerando le grandi difficoltà che comporta rientrare nel mondo del lavoro dopo essersene tenuti lontano per un un lungo periodo, la scelta spesso obbligata delle madri di lasciare la propria occupazione per prendersi cura dei figli rischia di tagliarle fuori definitivamente dal mercato, con conseguenze allarmanti per l’Italia a livello economico, sociale e culturale. Quello di riuscire a coniugare maternità e lavoro in Italia è un problema di cui è necessario si faccia carico la società a livello strutturale, perché il peso della cura delle nuove generazioni non può e non deve più essere una prerogativa delle madri.
Coniugare maternità e lavoro in Italia: cosa dicono i dati
Secondo i più recenti dati resi pubblici dall’ISTAT, che fanno riferimento al terzo trimestre del 2022, il tasso di occupazione complessivo nella fascia compresa tra i 15 e i 64 anni in Italia è di poco superiore al 60%, ma se questo viene analizzato tenendo in considerazione il genere della popolazione si notano differenze sostanziali: la percentuale scende infatti al 50.9% per quanto riguarda le donne occupate, mentre si attesta molto vicino al 70% per quanto concerne gli uomini. Il quadro risulta ancora più sbilanciato se oltre al genere degli occupati si considera anche la presenza o meno di figli, che non ha particolari implicazioni sull’incidenza degli uomini nel mercato del lavoro, ma ha rilevanti conseguenze negative in termini percentuali per quando riguarda l’occupazione della popolazione femminile.
Uno studio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 2021, rivela infatti che tra le donne con figli di età inferiore ai 3 anni solo poco più di una su tre lavora (34.5%), mentre tra le donne con figli di età compresa tra i 3 e i 6 anni il tasso di occupazione è vicino al 50%, per poi salire fino a raggiungere il 62.7% tra le donne con figli di età superiore ai 6 anni. Questi dati sembrano suggerire come spesso la scelta di restare a casa per occuparsi dei figli sia obbligata per le madri, che fino all’inizio della scuola dell’obbligo faticano a trovare opzioni economicamente sostenibili che permettano di coniugare maternità e lavoro, considerando che le scuole pubbliche per l’infanzia non sono presenti in numero adeguato sul territorio e quelle private hanno costi proibitivi per molte famiglie.
La situazione nel resto dell’Unione Europea
Sebbene quello di coniugare maternità e lavoro resti un problema diffuso pressoché ovunque, legato anche ai costi che comporta mantenere una famiglia per genitori e imprese, quella dell’Italia è una situazione tra le più allarmanti all’interno dell’Unione Europea.
Preoccupa infatti che, rispetto agli altri paesi che ne fanno parte, l’Italia sia tra quelli con la più bassa percentuale di donne in età lavorativa occupate, che secondo i dati dell’OCSE sono solo il 51,6% rispetto al 66,5% della media dell’UE, una percentuale di cinque punti percentuali inferiore persino rispetto a quella degli Stati Uniti d’America, dove le misure di welfare sono decisamente meno estese rispetto ai paesi europei tra cui la stessa Italia.
Le ragioni dietro la preoccupante situazione delle donne lavoratrici in Italia
Davanti a un quadro che lascia pochi dubbi sulle reali difficoltà che incontrano le donne che desiderano coniugare maternità e lavoro in Italia, risulta necessario indagare quali sono le ragioni che si celano dietro al problema e provare a capire quali sono le possibili soluzioni a livello strutturale che permetterebbero un’inversione di rotta. Al giorno d’oggi, le donne con figli in Italia faticano a trovare o a mantenere la propria occupazione sia per motivazioni culturali, più difficili da sradicare, che per questioni invece più legate alla presenza di un sistema di welfare con gravi carenze, alle quali spesso le madri si trovano costrette a dover compensare in prima persona. Tra le principali ragioni dietro alla difficoltà di coniugare lavoro e maternità troviamo:
- La mancanza di servizi pubblici adeguati per la cura dei bambini. Infatti, la scarsità di asili nido e di altre forme di assistenza per l’infanzia rende difficile per le donne con figli trovare un equilibrio tra lavoro e vita familiare e alimenta un divario non soltanto di genere ma anche di classe, poiché riguarda soprattutto quelle famiglie in cui non sussiste la possibilità economica di ricorrere a soluzioni alternative per la cura dei figli prima durante la prima infanzia.
- La cultura lavorativa italiana, che spesso prevede che sia data priorità alla presenza dei lavoratori in ufficio, mentre quella di permettere la possibilità che questi abbiano un orario di lavoro flessibile non è ancora una pratica comune. Ciò risulta particolarmente discriminatorio per le donne con figli, alle quali viene negata così la possibilità conciliare più facilmente il lavoro con la loro cura.
- Le discriminazioni di genere. I primi due motivi potrebbero riguardare sia i padri che le madri, eppure sono quasi esclusivamente queste ultime a rinunciare alla carriera per occuparsi dei propri figli. Questo è una conseguenza del fatto che le donne in Italia spesso guadagnano meno degli uomini a parità di qualifiche e sono meno rappresentate in posizioni di leadership, mentre faticano maggiormente a ottenere avanzamenti di carriera. Considerando che gli stipendi delle madri sono generalmente inferiori a quelli dei padri, qualora vi sia la necessità che uno dei genitori rinunci al lavoro per occuparsi dei figli la scelta ricadrà ragionevolmente su quello che guadagna di meno, che in Italia è quasi sempre la donna.
Quali sono le possibili soluzioni perché coniugare maternità e lavoro in Italia non sia più un’utopia
Promuovere misure di welfare che migliorino la rete di scuole per l’infanzia pubbliche, investendo nella loro creazione e nel loro mantenimento, potrebbe essere un primo e fondamentale passo perché sempre più donne abbiano la possibilità di coniugare maternità e lavoro in Italia, così come incentivare a livello nazionale l’adozione sempre più comune di orari di lavoro flessibili per i genitori, per esempio favorendo la pratica dello smart-working.
Rimane ovviamente prioritaria la lotta alla discriminazione di genere nel mondo del lavoro con ogni misura possibile, sebbene sia ingenuo pensare che si possa raggiungere un’effettiva parità in Italia nell’immediato futuro. Anche se la strada che porta alla conquista di questo fondamentale obiettivo sia ancora lunga, oggi più che mai è necessario percorrerla, attraverso la promozione di misure a livello locale e nazionale che tengano in considerazione la presenza delle discriminazioni di genere nel lavoro e agiscano perché queste siano ridotte. È infatti imprescindibile ricordare che, come sottolineato dall’European Institute for Gender Equality (EIGE), non esistono né potranno mai esistere nella società contemporanea misure neutre rispetto al genere, poiché uno scenario simile è possibile solo in un mondo in cui le discriminazioni di genere sono state del tutto eliminate. Uno scenario che, se guardiamo alle difficoltà che comporta coniugare maternità e lavoro in Italia oggi, è ancora ben lontano dal vedersi realizzato.
Chiara Bresciani