Massimo Carminati è libero. Almeno per ora. L’ex terrorista dei Nar, al centro dell’inchiesta Mondo di mezzo, meglio conosciuta come Mafia Capitale, ha lasciato nel primo pomeriggio il carcere di Oristano, dopo una detenzione di cinque anni e sette mesi in diversi penitenziari italiani.
I giudici del tribunale delle libertà hanno motivato la decisione con la scadenza dei termini di carcerazione preventiva, in attesa che il nuovo processo d’appello ridefinisca la pena che deve ancora scontare.
CONDANNATO PER CORRUZIONE, NON PER MAFIA
I carabinieri del Ros arrestano Carminati nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale il 30 novembre 2014, a Sacrofano, vicino Roma. Con lui finiscono in manette altre 36 persone. Tra queste spicca Salvatore Buzzi. La procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone lo accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, e molti altri reati tra cui corruzione, turbativa d’asta, estorsione aggravata.
Nel luglio del 2017 Carminati viene condannato a 20 anni di reclusione, con l’accusa di associazione a delinquere, ma non di mafia. La pena è successivamente ridotta a 14 anni e mezzo dalla Corte d’Appello, che però riconosce l’esistenza del metodo mafioso. Siamo a settembre 2018.
Ma a ottobre 2019 la Cassazione fa cadere nuovamente l’accusa di mafia, e rimanda a un secondo processo d’appello la rideterminazione dell’ eventuale pena ancora da scontare. L’ex Nar esce così dal regime di carcere duro.
UNA LUNGA CARRIERA CRIMINALE
Nato a Milano, 62 anni, Massimo Carminati si trasferisce presto a Roma con la famiglia. La sua lunga storia criminale inizia a fine degli anni Settanta, quando aderisce ai Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo terroristico di estrema destra. Nel 1981 rimane ferito in un conflitto a fuoco con la polizia, che tentava di catturarlo, e perde l’occhio sinistro.
Il suo nome si lega anche, se non soprattutto, alla Banda della Magliana. Nel 1998 subisce una condanna a 10 anni di carcere, poi ridotti in appello a 6 e mezzo, per la sua appartenenza al sodalizio criminale capitolino.
In precedenza era stato processato, ma assolto, anche per la morte del giornalista Mino Pecorelli e i depistaggi legati all’attentato alla stazione di Bologna. Nel 1999 partecipa a un clamoroso furto all’interno del palazzo di giustizia di Roma, che frutta 50 miliardi di lire in oro e gioielli.
La storia criminale di Massimo Carminati ha ispirato anche il mondo della letteratura e del cinema. Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini si rifanno a lui per il personaggio di Samurai, tra i protagonisti del romanzo Suburra, dal quale poi sono stati tratti un film e una serie televisiva.
DINO CARDARELLI