Abbiamo voluto la parità dei sessi. Abbiamo lottato contro gli stereotipi, i maschilismi, le ingiustizie.
E ci siamo riuscite, abbiamo ottenuto la legge federale sulla parità dei sessi, che mira proprio a promuovere l’uguaglianza effettiva fra uomo e donna.
Eppure, rassegnatevi, siamo ancora qui a parlare di differenze.
Tutti, prima o poi, nel corso della vita, ci siamo chiesti se sia meglio nascere uomo o donna. In modo polemico, scherzoso, oppure serio, tutti quanti ci siamo ritrovati a tentare di scardinare tutti quegli stereotipi, che per milioni di anni hanno rappresentato la rivalità tra i due sessi.
Sebbene sia obsoleto e sconveniente discutere riguardo le differenze tra uomo e donna, è inevitabile affermare che questo accade ancora oggi con frequenza non indifferente, e che tutti noi, involontariamente, categorizziamo continuamente artefatti, espressioni verbali, gesti, come maschili o femminili.
Dal punto di vista biologico le differenze sono evidenti; essere uomo o donna è stabilito dalla presenza della coppia di cromosomi, rispettivamente XY e XX. Questi determinano le differenze fenotipiche, ovvero quelle che semplicemente vediamo, dell’individuo preso in esame. Il testosterone, l’ormone sessuale che tutti conosciamo, relativo all’espressione del fenotipo maschile, è associato a comportamenti aggressivi e prepotenti, presente maggiormente nell’uomo rispetto alla donna.
Fin dall’antichità si è cercato di individuare una differenza biologica tra il corpo umano maschile e quello femminile, che andasse oltre all’apparato riproduttivo. Si, perché la prima domanda che ci poniamo, automaticamente, quando ci troviamo di fronte ad una nuova nascita, è se sia un maschio o una femmina. Una rapida occhiata ai genitali ci fornisce immediatamente una risposta sicura, ed io mi ritrovo a chiedermi perché, nella nostra società, sia così importante sapere. Nella nostra società, e in molte altre probabilmente, il modo di concepire la distinzione tra uomo e donna è analogo al modo di percepire e considerare gli alberi, le nuvole, il cielo, la pioggia, e altri fenomeni naturali. Secondo tale idea il mondo è diviso da un solco insormontabile che distingue due gruppi immiscibili tra loro, che si distinguono in base ad alcune caratteristiche fisiche, riconducili in ultima istanza alla diversa conformazione degli organi sessuali; dai quali originano altre caratteristiche, mentali, psicologiche… Da una risposta iniziale, risultato di un rapido sguardo alle zone dove normalmente non batte il sole, dal semplice marcare con una crocetta la casella M o F del certificato di nascita, saranno decise un’enorme quantità di fattori, sul destino della persona.
Cervello, cultura, capacità associativa dei pensieri, creatività, intuito, concentrazione, capacità di orientamento, longevità, soddisfazioni personali, intelligenza.
Rita Levi Montalcini aveva le idee chiare, affermando che “le donne hanno cambiato il mondo, non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”.
Ma la scienza ci dice di più.
Infatti le ricerche scientifiche dimostrano che la distribuzione del QI, il famigerato quoziente intellettivo, è identica in entrambi i sessi. Di fatto il cervello umano è un organo estremamente plastico e mutevole, capace di modificarsi e adattarsi all’ambiente circostante, a prescindere dal genere. Secondo una recente ricerca scientifica, condotta dall’Università di Melbourne, Australia, e raccontata tra le pagine di “Science”, “la convinzione che le differenze intrinseche tra il cervello maschile e femminile predispongano i sessi a comportamenti fissati, immutabili, stereotipati, sono ben radicati nell’immaginario collettivo, e prendono il nome di neurosessismo”. Piuttosto che classificare i comportamenti umani in maschili, o femminili, sarebbe forse più giusto, e alla luce di ciò, anche scientificamente corretto, riconoscere che siamo tutti caratterizzati da un mosaico unico e complesso. Sia in calzoni che in gonnella.
Quindi sarà più corretto credere che gli uomini e le donne sono uguali, come canta Cremonini, o che gli uni derivano da Marte, e noi povere femminucce, da Venere?
La biologia umana, ancora una volta, non smette di stupirmi, regalandomi emozioni uniche.
Semplici dati anatomici e biologici mi suggeriscono che l’essere umano è una “macchina”, distribuita in due modelli differenti, con optional diversi. Il corpo degli uomini è in media più grande, più altro di circa 10,12 cm, più adatto alla corsa, e al lancio di oggetti; anche il cuore è più grande nel corpo maschile, producendo 70 massimo 78 pulsazioni al minuto, rispetto alle 75, massimo 85 femminili. E via libera ad una seria infinita di numeri. Lo scheletro delle bambine si sviluppa più in fretta, all’età di sei anni risultano più avanti di un anno dal punto di vista osseo, per tanto smettono di crescere almeno due anni prima rispetto agli uomini, (18 anni anziché a 20). Le donne possiedono un’articolazione tra braccio e avanbraccio con una mobilità maggiore, di circa sei gradi in più rispetto all’altro sesso, hanno la schiena più arcuata, le pelvi girate all’indietro, le natiche più sporgenti. E non è finita qua. Avete presente quando si parla di una “calorosa stretta di mano”? E’ scientificamente dimostrato che gli uomini possiedono una forza maggiore, dunque una stretta di mano pari a circa 450 N, confronto ai 300 N del mondo femminile. Inoltre hanno una capacità polmonare maggiore, gli organi interni più grandi di circa il 15%, un sistema muscolare più efficiente, con un maggior numero di fibre, e una massa maggiore nuovamente del 15%. Che dire dello sviluppo? Il maschio si sviluppa sessualmente più tardi, intorno ai 13, 14 anni, la famigerata età dell’adolescenza, dove gli ormoni prendono il sopravvento su ogni cosa, incluse le capacità cerebrali.
Dulcis in fundo, la scienza ci ricorda che noi donne siamo geneticamente portate ad avere un buon 23% di tessuti adiposi sul totale, contro il 14% maschile; quindi non lamentiamoci se siamo più in carne rispetto all’essere maschile, che fagocita tutto ciò che vede, e non prende un etto. E’ tutta colpa dell’anatomia umana; le tanto odiate cellule invase dalla gocciolina lipidica, sono una nostra priorità.
Ma cosa sappiamo del cervello? Tante se ne dicono, anzi tantissime. Gli uomini sono più concentrati, possiedono un senso d’orientamento più sviluppato del gentil sesso, che d’altro canto avrà maggiori possibilità di perdersi in un bosco, ma è di certo più intuitiva, è dotata di una mente più flessibile ed organizzata.
Ma quale sarà la verità?
Il cervello della donna pesa in media circa il 12% in meno rispetto a quello dell’uomo. Fino a non molti decenni or sono, questo veniva interpretato come il correlato biologico di una superiorità intellettiva dell’essere maschile. Oggi sappiamo che esistono in realtà piccole, ma significative differenze anatomiche tra il cervello della donna e dell’uomo; in particolare le connessioni fra i due emisferi cerebrali sono relativamente più sviluppate nella donna che nell’uomo, mentre in piccoli centri nervosi di una regione del cervello, chiamata ipotalamo, esistono nell’uomo neuroni maggiori di numero e dimensioni. D’altro canto, test appropriati mettono alla luce differenze in alcune capacità intellettive fra uomo e donna; come nel pensiero logico, capacità di calcolo, abilità linguistica, capacità di orientamento spaziale. In linea di massima è possibile ipotizzare che l’uomo possieda un cervello che segue schemi logici più basati sulla razionalità, mentre nel gentil sesso il funzionamento cerebrale sarebbe maggiormente di tipo intuitivo.
Ma poniamo la domanda in modo diretto: se mettessimo il cervello di un essere umano tra le mani dei ricercatori, sarebbero capaci di comprendere se si tratta di del cervello di una donna, o di quello di un uomo?
La risposta è sì, perché tutte le cellule presenti nel nostro corpo sono sessuate. Tra i 46 cromosomi contenuti in ogni cellula, in quelle maschili ce ne sarà sempre uno di dimensioni inferiori. E’ il famoso cromosoma Y, che provoca le variazioni nella produzione di ormoni sessuali, che a loro volta determinano l’apparizione dei caratteri tipicamente maschili del feto in via di sviluppo, e così via.
I dati sono ormai certi, analizzando tutti gli articoli riguardanti le ultime ricerche scientifiche in campo, si è rivelato che l’uomo, in media, possiede un cervello più grande rispetto a quello della donna, ha un maggior spazio intracranico, maggiore materia grigia, maggiore materia bianca, un cervelletto più grande; insomma, ha la testa strutturalmente più grande rispetto a noi donne. E andando più in profondità possiamo apprendere mille differenze di volume in regioni specifiche, quali ippocampo, corteccia insulare, densità dell’area sinistra dell’amigdala… Una marea di aree, lobi, regioni; termini scientifici ostici ed incomprensibili, che la scienza ci spiattella dinnanzi, come a voler ricordare che il cervello umano rimane una zona sconosciuta, nonostante i numerosi sforzi compiuti dalla neuroscienza.
Un team dell’Università di Cambridge, in una recente ricerca, afferma che “Anche se ci sono chiare differenze strutturali cerebrali tra i maschi e le femmine, un importante ruolo è svolto dall’ambiente e dalla società in cui si vive”. Inoltre, dopo una lunga ricerca scientifica nel campo, hanno dedotto che gli uomini sono tendenzialmente più pragmatici, mentre le donne spesso si perdono in ripetitive elucubrazioni mentali.
Ed ecco che ci ritroviamo al punto di partenza! E’ necessaria la solenne voce della scienza, per affermare che noi donne siamo “scientificamente più inclini a farci seghe mentali”?
Ebbene sì, ora possiamo dirlo. L’emancipazione femminile ha preso piede negli anni 60, ed è stata accompagnata costantemente da una serie tabù. Attualmente la nostra società è pronta a discutere, spesso con umorismo, su quelle piccole differenze che distinguono il cervello femminile da quello maschile. E questo è un bene, perché la scienza ci dà modo di farlo, i progressi scientifici apportano continuamente nuovi elementi alla discussione, e chissà, forse il nostro interesse riguardo alla materia, può accelerare la ricerca.
Tradizionalmente la cultura ha voluto che l’uomo si sviluppasse in un determinato modo, preciso e determinato nelle scelte, mentre alle donne veniva richiesta una maggiore flessibilità, dati i mille compiti da svolgere. Tale tipo di “addestramento sociale” non solo influenza il comportamento e la personalità, ma anche le percezioni, o i significati attribuiti agli eventi quotidiani.
Quindi possiamo dedurre che una gamma di strutture cerebrali umane sia un continuum, e ci sarà sempre una donna con tratti di personalità mediamente più maschili, o viceversa.
Se si considera la popolazione in generale, le differenze tra i sessi esistono; individualmente, forse, siamo più simili di quanto sembra.
In conclusione, credo che in merito alla famigerata questione, che mette alla luce il dubbio se sia meglio nascere maschio o femmina, la risposta sia ormai superflua. L’autrice dell’articolo che state leggendo è certamente femmina, e presenta numerosi tratti di personalità spiccatamente maschili.