Martin Eden di Jack London arriva nel Novecento italiano con l’adattamento di Pietro Marcello. La scelta del protagonista è ricaduta su Luca Marinelli, premiato per l’interpretazione a Venezia. La San Francisco del romanzo originale diventa Napoli, in un XX secolo dove la Storia fa da sfondo nebuloso: questo, per il film, è già un punto in meno, segno della sua natura amorfa.
Questo Martin Eden italiano è marinaio, innamorato di Elena Orsini (Jessica Cressy), ragazza nobile ed istruita. La ragazza lo ricambia ma gli fa pesare lo stacco sociale: questo punge Martin a tal punto che decide di istruirsi e provare ad essere scrittore, aiutato soprattutto da Maria (Carmen Pommella), vedova che lo ospita in campagna dandogli affetto e sostegno come nessun altro.
Nel frattempo, il nuovo amico Russ Brissenden (Carlo Cecchi) cerca di avvicinarlo al socialismo che lui rifiuta, attratto com’è dalle teorie di Herbert Spencer. Dopo il rifiuto finale di Elena arriva il successo ma lui è totalmente cambiato.
La prima parte del film è quella più diretta ed efficace perché il film perde poco a poco il senso del contesto e si chiude in un tono affettato e letterario.
La storia poteva essere inserita perfettamente a Napoli, che avrebbe dato un suo unico tocco verista ma la trama doveva essere totalmente reinventata per essere digerita, trasformata dalla città, non semplicemente posta nel contesto.
I nomi stessi di Russ e di Martin ed il fatto che Elena sia resa per metà francese non crea coesione tra personaggi e ambiente. Si sente eccome che queste figure non hanno radici a Napoli e vi sono solo applicati addosso.
Poco plausibili e stonati risultano i salti tra ricordi e frammenti visivi che s’inseriscono nella narrazione: fortissima è la forzatura nel comporre i pezzi di questo Novecento dominato dalla vaghezza, senza amalgama tra il napoletano e l’italiano letterario, falsissimo, messo spesso in bocca ai personaggi.
La parte finale il successo del protagonista ora scrittore e ci presenta un Marinelli delirante e debosciato. Schifato del mondo, è comunque capace di tenerezze ma l’empatia è bloccata dalla disarmonia. Più che tormento, c’è nevrosi.
La nota positiva del film è il cast femminile e tra tutte spicca la tenera Maria di Carmen Pommella, deliziosa per naturalezza . La Cressy dà alla sua Elena la giusta sensibilità pur nelle difficoltà linguistiche con ci il film la ostacola. Brissenden si mostra come l’attore adatto a Brissenden.
Antonio Canzoniere