Morta a soli 24 anni, Marsinah era una giovane donna in prima linea per i diritti dei lavoratori in Indonesia
L’Indonesia è la prima economia del sud-est asiatico, ed è inoltre il più grande paese a maggioranza islamica. Negli ultimi decenni ha conosciuto un forte sviluppo economico, anche grazie al passaggio a un governo di tipo democratico alla fine degli anni ’90. È in questo contesto che nasce Marsinah, un’operaia e sindacalista rapita e uccisa nel 1993 in seguito a una manifestazione.
Nata nella provincia indonesiana della Giava Orientale, Marsinah rimane a lavorare nella stessa regione, quando nel 1989 viene assunta dalla fabbrica di Bata Shoes di Sidoarjo – per intenderci, la stessa che potrebbe aver fabbricato le scarpe di tua madre quando era ragazza trenta anni fa. Si trasferisce in una fabbrica di orologi, e qui si fa portavoce dei suoi compagni di lavoro. Quando la fabbrica non aderisce all’aumento del salario minimo deciso dal governatore della regione, molti lavoratori decidono di scioperare. Il comando militare del distretto, a questo punto, convoca tredici lavoratori e li costringe a firmare le dimissioni. Marsinah, con grande coraggio da parte di una giovane ragazza indonesiana, si reca di persona dalle autorità a chiedere spiegazioni: sarà il gesto che le costerà la vita, poiché quattro giorni dopo viene ritrovato il suo corpo senza vita.
Sottolineare che il gesto sia stato compiuto da una donna è inopportuno nel 2021, ma doveroso perché si tratta di un Paese che va verso la radicalità islamica
Proprio lo scorso ottobre, in Indonesia si protestava per una legge sul lavoro che, se applicata, toglierebbe garanzie fondamentali ai lavoratori, e che attivisti come Marsinah hanno contribuito a ottenere. Oltre a una riduzione dello stipendio e dei giorni di ferie, con l’entrata in vigore della nuova legge, alle donne risulterebbe più difficile richiedere un congedo maternità.
Negli ultimi anni il Pese ha conosciuto una svolta conservatrice e una forte islamizzazione, in seguito alla caduta del regime di Suharto nel 1998. Ciò si traduce nel tentativo di riportare le donne al focolare domestico, lontano dalle lotte operaie e dall’attivismo in generale. Tuttavia, le femministe islamiche hanno raggiunto importanti risultati, come l’aumento dell’età minima matrimoniale dai 16 ai 19 anni, per contrastare il fenomeno delle spose bambine. Allo stesso tempo, c’è un movimento che va verso la direzione contraria, e che incoraggia i giovani indonesiani a sposarsi prima per rispettare il principio della castità.
A distanza di più di vent’anni, la vicenda di questa donna ci sorprende per tanti motivi, tra cui la sua giovanissima età e il suo ingenuo coraggio.
Francesca Santoro