Complice la riapertura dei musei dopo una lunga assenza, la voglia di perdersi tra i dettagli di una scultura, correndo con lo sguardo lungo le mani fino ai capelli così perfettamente scolpiti nel marmo, è tanta. La notizia è singolare. Sono tornati a risplendere i marmi di Michelangelo: un sempre e doveroso grazie ai restauratori, ma questa volta, si devono ringraziare anche gli scienziati. E i batteri.
All’interno della Sagrestia Nuova di San Lorenzo – parte integrante del Museo delle Cappelle Medicee di Firenze – scienziati e restauratori hanno completato un restauro utilizzando batteri mangiatori di sporcizia sui marmi delle sculture di Michelangelo, con l’obiettivo di rimuovere le macchie particolarmente ostinate. Oltre all’efficacia del risultato, l’operazione è completamente biologica e non aggressiva.
Le tombe dei Medici
Nel corso dei secoli lo sporco si è infiltrato nei marmi bianchi di Carrara della Sagrestia Nuova che ospita le tombe dei Medici, creando macchie profonde. Uno dei batteri si chiama Serratia ficaria SH7, un microrganismo che si nutre di colla, olio e fosfati ed è stato utilizzato per pulire le superfici delle tombe di Lorenzo e Giuliano de’ Medici, particolarmente colpite, con i loro marmi bianchi, da secoli di sporcizia.
A ogni scultura il suo batterio
Ma per ciascuna delle sculture sono stati utilizzati diversi tipi di batteri a seconda delle necessità: per il Giorno e la Notte sui resti di Giuliano de’ Medici duca di Nemours, sono stati impiegati sia lo Pseudomonas stutzeri CONC11, batterio ricavato dai rifiuti di una conceria vicino Napoli, sia lo Rhodococcus sp. ZCONT, che arrivava dai terreni contaminati da gasolio a Caserta ed è servito a pulire i residui di stampi da colata, colla e olio dalle orecchie delle statue.
Le indagini del CNR
In collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche sono state individuate le aree significative su ciascuna scultura ed è stata verificata l’efficacia della pulitura eseguita con solventi blandi e acqua demineralizzata, rispettando anche il restauro precedente. Le indagini chimico-fisiche tramite spettroscopia hanno poi evidenziato la presenza di sostanze come proteine e calcio sulla superficie e la successiva campagna di biopulitura ha individuato quali batteri specifici fossero più adatti.
Il restauro è iniziato otto anni fa, dopo indagini fotografiche a fluorescenza indotta da luce ultravioletta e con luci infrarosse che hanno accertato lo stato conservativo delle sculture e hanno guidato le scelte metodologiche della pulitura.
Marta Fresolone