Mario Mieli è stata un’importante icona della cultura omosessuale italiana, di cui è considerato fondatore; un attivista per i diritti gay, scrittore e figura poliedrica.
Nel saggio di Luca Scarlini, “L’uccello del paradiso: Mario Mieli e la lingua perduta del desiderio“, edito da Fandango, la sua figura viene ricordata, anzi ricostruita, attraverso un viaggio che potrebbe essere definito culturale.
“Mario Mieli negli ultimi anni è stato raccontato spesso come personaggio dell’eccesso, o come martire del pensiero queer, è il momento di presentarlo come una figura intellettuale rilevante degli anni ‘70”.
(Luca Scarlini, L’uccello del paradiso)
L’uccello del paradiso
Perché “uccello del paradiso”? L’appellativo viene dato a Mieli dallo psicanalista e scrittore Ennio Fachinelli, per il suo fascino androgino. I paradiseidi, come scritto nel Prologo, sono passeriformi di cui il maschio non sembra appartenere alla sua specie per via dei colori sgargianti della lunga coda.
Forse, dice Scarlini, Mieli avrebbe preferito essere paragonato ad una creatura transessuale o ermafrodita; eppure, prosegue, “il nome coglieva benissimo un aspetto importante del nostro: la capacità e la volontà di stupire, che è solo uno degli aspetti del suo complesso, articolato, multiforme, identikit”. Ed è proprio questo identikit ad essere raccontato nel saggio.
Scarlini, col pretesto di raccontarci Mario Mieli e la sua visione all’avanguardia, coglie l’occasione per parlare del poliedrico movimento omosessuale degli anni Settanta, in Italia e in Europa. Quello proposto tra le pagine di questo saggio è un percorso tra le pieghe culturali del movimento omosessuale “capeggiato” da Mario Mieli. È proprio questo percorso variegato, questo background, che arriva ad abbracciare i miti fondativi dell’Antico Egitto, che racconta al meglio la figura caleidoscopica di Mieli.
In questo senso, infatti, la definizione di “uccello del paradiso” è più che calzate per l’attivista gay. Come i maschi dei paradiseidi lui non sembra appartenente alla nostra stessa specie; eppure è proprio in questa sua alterità polimorfa che racchiude tutte le caratteristiche dell’essere umani.
Identità plurali
D’altro canto era proprio questo il suo intento: abbracciare una multiforme identità, senza privarsi di nulla, neanche dei tacchi a spillo o dei gioielli femminili, del trucco e delle tute da lavoro. Perché questa era la visione di vita di Mario Mieli: l’affermazione dell’io nella sua totalità; “l’intollerabile grandezza del corpo”, identità plurime in una sola.
Secondo l’attivista, ogni persona cela dentro di sé diverse identità sessuali che vanno a perdersi con l’età adulta a causa delle restrizioni e delle censure della società e della “tirannide familiare”.
Per Mieli sono i bambini a rappresentare a pieno quella libertà che si perde diventando adulti: liberi da pregiudizi e costrizioni, realizzano la loro “perversità polimorfa”. Le dichiarazioni da lui fatte su bambini e pederastia hanno sollevato gravi polemiche che si sono protratte fino ai nostri giorni, con accuse di pedofilia da parte di esponenti politici e intellettuali.
Scarlini ci tiene a ricordare che la scrittrice Silvana De Mari è stata condannata, nel 2019, per diffamazione aggravata ai danni del Circolo Mario Mieli.
La sua figura, dunque, fa ancora molto parlare di sé.
La visione marxista: corpo e amore
“Il corpo era celebrato collettivamente soltanto nella sua parte presentabile, utilizzata dal capitale come seduzione per vendere ogni sorta di merci”. Era questa la visione di Mario Mieli, che reinterpreta il marxismo spostando l’attenzione sulle tematiche a lui più care: il corpo e, sopra ogni cosa, l’amore. Al di là dell’identità sessuale, infatti, l’amore è al centro del pensiero di Mieli. Ce lo ricorda Luca Scarlini nel capitolo dedicato a questo tema fondamentale: “in Mario Mieli torna spesso la ricerca dell’amore come filo conduttore di tutta l’esistenza”. Il saggista paragona questa ricerca all’opera della scrittrice Sibilla Aleramo l’unica, per Scarlini, ad essersi occupata dell’amore come ragione di vita, prima di Mieli, nel Novecento italiano.
Mieli si trovava molto più a suo agio con il movimento proletario e nel pensiero comunista, che con la sinistra dell’epoca, che chiedeva una certa sobrietà al movimento omosessuale. La critica alla sinistra degli anni Settanta torna più volte nel saggio di Scarlini: era una sinistra poco sensibile ai diritti degli omosessuali che preferiva dedicarsi all’intellettualismo da salotto. In un contesto politico deludente, allora, risultavano fondamentali i movimenti dell’epoca, femministi e omosessuali, di cui Mieli fu fautore e portavoce. Movimenti che, però, davano maggior soddisfazione in contesto europeo e meno perbenista come, ad esempio, a Londra.
“La porta di Albione”
Nel 1971 Mieli entra in contatto con il mondo gay inglese che celebrerà, nel 1972, il primo Gay Pride di Londra. Albione non è perfida per Mario Mieli, ma accogliente e prorompente, una tappa fondamentale nella sua formazione. È l’Inghilterra a dare vita al glam rock capitanato da Ziggy Stardust, l’alter-ego di Bowie, inconsapevole icona gay. Sempre Londra, poi, dà i natali a Twiggy, l’androgina modella icona della Swingin-London; era lei ad incarnare “il mito di quegli anni dell’ascesa sociale per tramite della bellezza e dell’eleganza”.
L’androginia, recusata dalla società ma dal fascino innegabile, è un altro tema cardine nella logica di Mieli. Essa serve a scardinare l’imposizione del mondo patriarcale che pone dei freni inibitori all’affermazione di sé.
Nel ricercare, e ricreare, questa androginia Mario Mieli non si privava, come già detto, di abiti femminili e trucco, per lui fondamentali. Ne parla nella sua autobiografia Il risveglio dei faraoni, che funge da fil rouge in tutto il saggio di Scarlini.
La psicanalisi e l’espressione di sé
Come dichiarato da lui stesso, Mieli fu chiuso in manicomio per schizofrenia (“sono stato definito uno schizofrenico paranoide, sono stato in manicomio per questo”); questo lo ha portato a contatto con il mondo della malattia mentale e della psicanali. Proprio di questa ha una visione positiva poiché permette la riscoperta del sé, il dare spazio alla voce del malato; “la pratica di autocoscienza era uno dei mezzi per sabotare l’adesione al mondo del padre”, dice Scarlini; quel padre che si oppose alla pubblicazione della sua autobiografia; lo stesso che fu, pare, la causa del suicidio di Mario Mieli a soli 31 anni.
La psicanalisi, gli abiti, il trucco: tutto per Mieli è espressione dell’io, della “messinscena quotidiana del sé”; stessa visione per l’ozio che, come ci racconta Scarlini, nella logica di Mieli è strettamente legato all’omosessualità e alla ricerca dell’amore.
Il viaggio di Scarlini
Il saggio di Luca Scarlini ci proietta in un viaggio all’interno del mondo caleidoscopico che ha dato forma all’anima di Mario Mieli. Un viaggio che si snoda in capitoli carichi di riferimenti e nomi della cultura pop e intellettuale; un percorso tra la psichedelia di quegli anni, le sue droghe, i movimenti dei diritti gay e femministi; fino a risalire alle radici familiari di Mieli: l’Egitto mitico con il faraone-padre, da cui prende le mosse per raccontare la sua vita carica di identità.
Ogni capitolo è intitolato ad una porta che, aprendosi, ci svela le dimensioni del pensiero di Mieli, attraverso un percorso conoscitivo della cultura che lo ha influenzato e formato.
Le pagine di Scarlini, forse ostiche da leggere per i non avvezzi alla saggistica, ci permettono di riscoprire una figura che meriterebbe più risonanza. Mario Mieli era una mente provocatrice ma brillante; le sue idee erano proiettate al futuro risultando ancora attualissime e, forse, farebbe bene riscoprirle proprio nella nostra contemporaneità ancora cristallizzata in troppe castrazioni culturali.
Il saggio di Scarlini è l’occasione per entrare in contatto con una figura della cultura italiana poco conosciuta ma che varrebbe la pena approfondire.
“io sono convinto del fatto che, se c’è una possibilità per la specie umana di salvarsi, salvarsi da quel suicidio al quale sembra condannata, è attraverso le donne, i neri e gli omosessuali. Le donne sono portavoce del futuro”
(Mario Mieli)
Marianna Nusca