Filippo Tommaso Marinetti: il padre del Futurismo

Fonte: upload.wikimedia.org

Nasceva ormai più di centoquarant’anni fa ad Alessandria d’Egitto Filippo Tommaso Marinetti, personalità di spicco del panorama artistico del primo Novecento italiano, noto soprattutto in quanto fondatore del movimento del Futurismo.

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Senza dubbio, Marinetti, prima ancora che per la sua innovatività, si distinse per la poliedricità del suo talento artistico: egli fu infatti, oltre che scrittore e poeta, anche drammaturgo.

D’altro canto, l’amore per la letteratura lo accompagnò sin dai primissimi anni della sua vita: già all’età di diciassette anni fondò la sua prima rivista letteraria, intitolata “Papyrus“; inoltre, rischiò di essere espulso dal collegio di Gesuiti che frequentava, in quanto reo di avervi fatto entrare alcuni romanzi di Zola, reputati scandalosi.

Fu proprio per questa ragione che la sua famiglia lo inviò a studiare a Parigi, dove si diplomò nel 1893.

Conseguito il diploma, Marinetti si dedicò, assieme al fratello Leone, agli studi giuridici a Pavia.

Mentre era impegnato negli studi universitari, un triste evento lo colpì: Leone– col quale il futuro grande scrittore condivideva l’amore per la letteratura- morì giovanissimo, per complicazioni cardiache.

A seguito di ciò, Marinetti si trasferì a Genova, dove terminò gli studi giuridici, ma dove prese anche definitivamente forma la sua vocazione letteraria: iniziò infatti a dedicarsi a scritti di ogni tipo. Un’ulteriore spinta gli arrivò forse anche dalla morte della madre (che sempre aveva incoraggiato le sue velleità artistiche) negli stessi anni.

Nelle sue prime opere si dedicò alla poesia liberty in lingua francese, ma fu dal 1909 in poi che giunse il cambiamento di rotta che gli avrebbe portato fama.

In quell’anno,  infatti, Marinetti ebbe un incidente: per evitare due ciclisti, mentre era lanciato ad alta velocità (cosa che da sempre lo appassionava) con la sua Isotta Fraschini, finì in un fossato.

L’episodio fu simbolicamente traslato nel seguente manifesto del Futurismo: il pilota che emergeva dai rottami della sua auto fu reinterpretato come un Marinetti nuovo, ormai libero dagli orpelli della letteratura liberty e proiettato verso il futuro.

La vicenda, insomma, divenne emblema di una forte cesura col passato: occorreva distruggere la cultura del passato e dedicarsi invece alle

le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa glorificare la guerra — sola igiene del mondo —, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna ‘sottomessa e timorata'”.

Il tanto tranchant Manifesto del Futurismo trovò ben presto spazio sulle pagine delle riviste di settore- dalla Gazzetta dell’Emilia fino a Le Figaro– ed ebbe una grande eco a livello europeo.

Lo stesso, però, non si poteva dire per le opere di Marinetti: i suoi drammi raccolsero il dissenso della critica ed i fischi del pubblico. In compenso, tuttavia, alcuni altri artisti (tra cui Boccioni) aderirono al movimento da lui fondato.

Marinetti fu anche un grande sostenitore della Guerra in Libia (peraltro, l’unico tra i Futuristi), che chiese alle Autorità di poter seguire anche come cronista del giornale francese L’intransigeant. I necessari permessi gli furono tuttavia in prima battuta negati per timore che lasciasse trapelare notizie che non dovevano essere rese note sulla stampa estera. Con un successivo ordine gli fu dato il permesso di partire .

Da quest’esperienza ricavò l’acclamato racconto La battaglia di Tripoli, in cui l’esaltazione della guerra raggiunge il suo culmine.

Frattanto, si dedicò anche ad un romanzo ed ad una raccolta di poesie futuriste; l’insoddisfazione ricavata nella redazione di quest’ultima fu la molla ispiratrice per le Parole in libertà, ovvero l’eliminazione della sintassi, della punteggiatura, l’esaltazione della rottura col passato.

L’idea non raccolse il consenso di tutti i futuristi, al punto che alcuni- come Palazzeschi- abbandonarono subito dopo il movimento.




Marinetti è poi ricordato come un sostenitore del fascismo, con cui effettivamente in alcuni momenti (ma a fasi alterne) si schierò. Egli fu anche, tuttavia, fondatore del Partito Politico Futurista, del quale evidenziò sempre le differenze rispetto al Fascismo.

Quando infatti si rese conto che il Fascismo stava andando in direzione opposta rispetto ai suoi ideali, ritornò alla poesia, con esiti migliori che in precedenza (forse anche alla luce del fatto che si pose in minor contrasto col passato).

Con la compagna, Benedetta Cappa (anche lei scrittrice, oltre che pittrice), inventò il Tattilismo, una sorta di evoluzione del Futurismo che coinvolgesse più sensi.




Anche con questa nuova corrente egli cercò consensi a livello europeo; non ottenendoli, però, si riaccostò al movimento fascista e rispolverò le sue tendenze da guerrafondaio (partecipando, tra le altre cose, alla Guerra d’Etiopia).

Morì a Bellagio per una crisi cardiaca, nel 1944, all’età di 67 anni.




Lidia Fontanella

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