Cannabis light – Matteo Salvini ancora sul pezzo e la Cassazione ammicca: bloccata la vendita di un’attività che fruttò 40 milioni di euro nel 2018. Si aspettano i risvolti di quello che sembra solo un enorme favore alla mafia.
La legge vieta la vendita di tutti i “derivati dalla coltivazione della cannabis”, riferendosi a olio, foglie, inflorescenze e resina; il passaggio sicuramente più discusso è la voce “privi di efficacia drogante”, considerato che ogni negozio vende cannabis con valori minimi di thc. Alle forze dell’ordine è ora concesso il sequestro di marijuana sativa vietata, anche se sarà necessario accertare l’efficacia drogante per ogni singolo caso.
La Cassazione non ha del tutto giustificato la decisione presa; fino a qualche mese fa, paradossalmente, aveva concesso la vendita senza alcun tipo di problema, ritenendo che la marijuana light “non va considerata ai fini giuridici sostanza stupefacente soggetta alla legge sulle droghe”. L’improvviso cambio di rotta a seguito del risultato delle europee lo si potrebbe considerare una coincidenza, un’assunzione sicuramente possibile e, a tratti, un po’ “imbarazzante”.
Matteo Salvini, mantenendo la stretta sul proprio bacino elettorale, rincara al dose, parlando di “droga” con la d maiuscola, probabilmente nostalgico della disinformazione sessantottina; solita reazione di pancia e priva di contenuti, come dimostrano le “inattaccabili e scientifiche argomentazioni” presentate durante la seduta di 8 e Mezzo.
Touché per la frase “la droga fa male”.
Attualmente, gli unici pareri contrastanti (e che hanno interessato anche l’uso terapeutico della cannabis) riguardano le conseguenze derivate dal suo abuso; niente che non possa risolversi con buoni canali informativi e un’educazione efficace – magari dimostrando altrettanto “spirito d’iniziativa” rispetto a quanto fatto per tabacco e alcool, ma questo è solo un suggerimento.
Conclusa la parte comica, mi accingo ad analizzare la questione da un punto di vista forse troppo mainstream per il ministro e simpatizzanti.
Vorrei tralasciare un’introduzione sui drastici effetti del proibizionismo; sarebbe certamente un ottimo motivo – se non l’unico – a testimone di un trascorso storico in cui nazioni come gli Stati Uniti subivano i drastici effetti di negazioni incontrollate, dando adito a vendite di alcolici sotto banco e qualità discutibile dei prodotti. Tuttavia, sembra che la storia non fosse la materia preferita di alcune cariche politiche, perciò passiamo avanti. Il nostro stivale preferisce prendersela con una piantina dai valori di thc talmente bassi da recare danno solo alla mafia, la quale, grazie al nuovo commercio, registrava una perdita di 170 milioni l’anno.
Non dimentichiamo, inoltre, tutti i posti di lavoro nei canapa shop, a questo punto scoraggiati da una manovra politica nociva. In ultimo, ma non per importanza, rimarchiamo la sensibilità dei giovani sull’argomento: la possibilità di scegliere tra un prodotto idoneo al consumo e lo spaccino di quartiere; avere coscienza di un’alternativa dava speranza ad un percorso ormai già intrapreso da numerose nazioni – paesi che, con le giuste normative, hanno rimarcato il concetto di “progresso“.
La marijuana light è solo una delle tante metafore del nostro paese, come nella storia dell’umanità: la disinformazione reca danni imprevedibili. Il fatto che oggi non si riesca a distinguere forme di qualunquismo e superficialità annessa è indice di una direzione ben precisa; eppure i mezzi linguistici del ministro sono ormai noti, come è nota la corruzione in cui milita il nostro paese da anni e anni. Assistiamo ad una vera e propria “crisi ideologica”, in cui i valori di lotta alla malavita e salvaguardia della salute diventano rispettivamente “oppressione” e “soppressione”.
Eugenio Bianco