Che cos’è l’arte? Non è facile darne una definizione univoca. In generale possiamo così classificare la capacità di agire e di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche. Oppure più semplicemente è un prodotto culturale. Per Maria Lai era gioco, un filo ideale capace di mettere in relazione passato e presente.
Maria Lai è un’artista sarda del secolo scorso (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), promotrice in Italia dell’arte relazionale, un genere che prevede la partecipazione del pubblico fruitore per comporre e definire l’opera stessa. Il suo linguaggio era estremamente moderno, troppo per l’epoca, e lei stessa sapeva che avrebbe dovuto attendere a lungo prima di essere compresa a pieno.
Proprio in onore della sua straordinaria creatività avanguardistica, il Maxxi Museo nazionale delle arti del XXI secolo le ha dedicato una mostra in occasione del centenario della sua nascita. Duecento lavori, tra telai, libri cuciti, sculture, geografie e riproduzioni digitali delle opere partecipative, rimarranno esposti dal 19 giugno al 12 gennaio 2020.
“Quest’anno abbiamo scelto di rivolgere particolare attenzione alle visioni artistiche femminili e non poteva, dunque, mancare un progetto legato a Maria Lai – ha spiegato Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione MAXXI -. Con questa mostra, infatti, rendiamo un tributo alla figura e all’opera di una donna che ha saputo interpretare nel corso della sua carriera artistica infiniti linguaggi, sempre però nel solco della sua ricerca: rappresentare e reinventare con delicatezza e poesia tradizioni e simboli di una cultura arcaica, eterna, e rivolgersi con forza e immediatezza ai contemporanei”.
Vita e prodezze di Maria Lai
Nacque il 27 settembre del 1919 a Ulassai, un paesino montuoso della regione dell’Ogliastra. Era la seconda di cinque fratelli. La sua infanzia fu caratterizzata da una salute alquanto cagionevole che la tenne a lungo lontana da casa e dalla sua famiglia: fu affidata agli zii contadini che vivevano in pianura. L’isolamento a cui è stata costretta, le fece scoprire precocemente la sua attitudine per il disegno.
Durante le scuole medie, conobbe il maestro d’italiano Salvatore Cambosu, che per primo scoprì il suo talento e la fece avvicinare alla poesia. Ne derivò un rapporto d’amicizia sincero, che influenzò molto il suo percorso professionale successivo. Frequentò il liceo artistico a Roma, e subito dopo i superiori si trasferì a Verona e poi a Venezia, non potendo tornare in Sardegna a causa del secondo conflitto mondiale.
Nel capoluogo veneto si iscrisse con grandi sacrifici all’Accademia della Belle Arti. Il suo insegnante, Arturo Martini, era un maschilista convinto che non accettava le donne nel mondo dell’arte. Questo non aiutò affatto Maria Lai, che a fatica riuscì ad ambientarsi e ad apprezzare questi insegnamenti.
Dal 1945 al 1954 stette in Sardegna e iniziò a fare l’insegnante in diverse scuole elementari. I suoi piccoli alunni così come la sua terra, con cui ebbe tutta la vita un rapporto di amore e odio, erano e sono sempre stati le sue principali fonti d’ispirazione.
Negli anni Sessanta la sua carriera subì una battuta d’arresto: Maria Lai volontariamente si ritirò dalla scena artistica, chiudendosi in un profondo silenzio. Nella Capitale, approfondì l’amicizia con il suo vicino di casa, lo scrittore Giuseppe Dessì. Questo rapporto la fece riavvicinare alla sua terra, un’area povera e altamente criminalizzata, che lentamente le aveva portato via tutti i suoi fratelli. La Sardegna con le sue leggende, la sua storia e la sua tradizione diventò per lei un valore aggiunto: così iniziò a studiare il passato per spiegare il futuro.
La mostra al Maxxi su Maria Lai
L’esposizione romana riassume proprio il lavoro di Maria Lai durante questa seconda fase artistica, terminata con la morte nel 2013. Tenendo per mano il sole è il titolo della mostra, nonché il nome della sua prima Favola cucita, un libro di tela scritto con ago e filo. In questa opera sono racchiuse tutte le sue passioni: per la poesia e la parola, per l’insegnamento e i bambini, per la geografia.
Tutte le cinque sezioni in cui si articola il percorso del Maxxi affrontano una di queste tematiche. Essere è tessere. Cucire e ricucire è dedicata al primo periodo in cui decise di abbandonare la tecnica grafica e pittorica per dedicarsi alla sperimentazione sui materiali solidi. Proprio nei primi anni ’70, Maria Lai iniziò ad esporre i suoi Telai, oggetti dell’uso comune, reinventati e macchiati di vita e colore.
Segue poi la sezione L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e Raccontare che raccoglie i giochi dell’arte creati da Maria Lai, riletture di quelli tradizionali, rivolti a grandi e piccini. Perché l’arte, così come il gioco, sono occasioni per conoscere meglio se stessi e imparare a relazionarsi con il prossimo, attività a cui nessun adulto dovrebbe rinunciare.
Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere riunisce una serie di sculture di libri o singole pagine e oggetti cari all’artista.
Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove raccoglie una serie di Geografie, mappe astrali visionarie e fantastiche che delineano costellazioni, chimere e infiniti universi immaginari.
L’arte ci prende per mano. Incontrare e Partecipare
L’ultima aerea della mostra è dedicata alle riproduzioni digitali delle installazioni di Maria Lai, esempi dell’arte relazionale. L’oggetto o l’immagine ricavata sono solo un mezzo, perché il vero obiettivo di un artista relazionale è lo sviluppo del contesto sociale e delle relazioni interpersonali tramite le azioni, gli eventi o le installazioni.
Tra tutte spicca la prima e la più famosa, Legarsi alla montagna.
Maria Lai, nel 1981, “legò” tutto il suo paese d’origine, Ulassai, al monte che lo sovrastava con un filo azzurro di 27 kilometri. La posizione del nastro, teso o legato, indicava il rapporto tra le famiglie: di vecchia inimicizia e rispetto nel primo caso, di amicizia e affetto nel secondo.
L’idea derivava da una vecchia leggenda locale: pare che circa un secolo prima una frana distrusse una casa e la famiglia che l’abitava. Si salvò solo una bambina, proprio perché in quel momento teneva in mano un filo azzurro. Da quel momento si pensò che questo oggetto potesse avere un potere salvifico.
Di questo grande esperimento artistico ne rimane un video realizzato da Tonino Casula, che seguì e documentò tutto l’evento, lasciando ai posteri 16 minuti di pura magia.
Marina Lanzone