Nei giorni scorsi, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, si è recato in visita di Stato in Cina su invito del leader Xi Jinping, desideroso di mediare la pacificazione con Israele. L’interesse di Pechino per la causa palestinese è finalizzato soprattutto a rafforzare la credibilità del Dragone come attore diplomatico globale.
Gli occhi della Palestina guardano sempre più al Sol levante e accendono l’interesse di Pechino per la causa palestinese. Nei giorni scorsi, è atterrata in Cina, per una visita di quattro giorni, una delegazione guidata dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) Mahmoud Abbas e dal suo ministro degli esteri Riyad al-Maliki.
Abbas era già stato in Cina quattro volte ma quest’ultimo viaggio diplomatico ha un valore diverso per il leader palestinese, ben consapevole del crescente peso diplomatico di Pechino sullo scacchiere internazionale. Soltanto un mese fa, infatti, ad aprile, il ministero degli esteri cinese Qin Gang aveva informato le sue controparti israeliana e palestinese della disponibilità della Cina a mediare la ripresa dei colloqui di pace e a svolgere un “ruolo attivo” per facilitare la soluzione del conflitto.
Lo slancio cinese nella risoluzione del conflitto tra palestinesi e israeliani punta a rafforzare la credibilità e l’autorevolezza di Pechino come mediatore di pace su scala mondiale, riproponendo lo stesso schema visto nel precedente tentativo di mediazione riuscita tra Iran e Arabia Saudita.
Pechino appoggerà davvero la causa dei Palestinesi per l’indipendenza?
Nei colloqui con il presidente Abbas, Xi Jinping ha riproposto la soluzione della creazione di uno stato palestinese entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale. Soluzione che Israele difficilmente accetterà. Portare al tavolo dei negoziati israeliani e palestinesi è estremamente complicato e negli ultimi decenni nessuna potenza è riuscita a promuovere progressi significativi.
Inoltre, storicamente la Cina non ha mai rivestito un ruolo centrale nella diplomazia medio-orientale e la mediazione tentata da Pechino nella normalizzazione dei rapporti tra Iran e Arabia Saudita è ben altra cosa rispetto alla complicata questione israelo-palestinese, dove le differenze sul piano culturale e religioso si intrecciano con questioni di politica internazionale. Israele ha dietro di sé Washington che non ha mai riconosciuto l’autonomia e la sovranità palestinese, preferendo, in passato, uscire persino dall’Unesco dopo l’ingresso della Palestina nell’agenzia delle Nazioni Unite.
Fonti palestinesi e israeliane hanno riferito al Guardian che il viaggio di alto profilo di Abbas è più che altro un modo per compiacere Xi Jinping lusingando la sua intenzione di costruirsi un ruolo da statista globale al comando di una Cina che aspira a diventare modello di riferimento per la gestione dell’ordine internazionale.
I dubbi diplomatici palestinesi e i rapporti tra Cina e Israele
Dai recenti incontri tra Abbas e Xi Jinping, i palestinesi non si aspettano di vedere svolte diplomatiche davvero significative, anche perché sul fronte israeliano troverebbero quasi sicuramente un muro impenetrabile, dal momento che il governo di destra alla guida del paese ha impostato una linea dura sulla questione palestinese.
Gli ultimi colloqui di pace diretti tra funzionari israeliani e palestinesi, mediati da Washington, si sono tenuti nel 2014. Da allora, la crescita massiccia degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata ha reso quasi impossibile una soluzione a due Stati come quella prospettata da Pechino. Inoltre, l’Autorità Palestinese guidata da Abbas gode ormai di poca legittimità sia in patria che all’estero.
Un ulteriore ostacolo alla mediazione è rappresentato anche dalla freddezza nelle relazioni diplomatiche tra Cina e Israele. Tel- Aviv diffida dei legami economici della Cina con l’Iran e i funzionari israeliani sono perfettamente allineati con gli Stati Uniti in politica estera. Il fatto stesso che durante la visita di Abbas a Pechino nei giorni scorsi, non sia stata presente alcuna delegazione israeliana, dice molto sulle reali intenzioni di Israele di assecondare i sogni di grandezza del Dragone come paciere del Medio-Oriente.
Dietro l’interesse di Pechino per la causa palestinese c’è la sfida cinese all’egemonia diplomatica degli Usa
In Palestina, Pechino sta cercando ovviamente di allontanare gli Stati Uniti dal conflitto per aprirsi un varco nello scenario medio-orientale. I cinesi sanno benissimo che se riuscissero a trovare una soluzione definitiva alla situazione palestinese, il loro nome di potenza conciliatrice e mediatrice diverrebbe garanzia di stabilità e sicurezza non solo tra i Paesi Islamici ma in tutto il mondo.
Per la Cina la questione israelo-palestinese s’inserisce all’interno dell’ormai nota competizione globale con gli Stati Uniti (storici alleati di Israele). Agevolando l’accordo Iran e Arabia Saudita, Pechino ha voluto inviare il primo segnale alla Casa Bianca, ma ora con l’ingresso nel conflitto israelo-palestinese, punta a fare presa nella regione capitalizzando il sentimento anti-americano della popolazione.
Sul piano della diplomazia con i Paesi arabi, Pechino è consapevole di avere un gap piuttosto ampio rispetto agli Stati Uniti e per questa ragione sta cercando in ogni modo di colmare le distanze, costruendo contestualmente un fronte compatto di paesi arabi accomunati dalla rivalità verso Israele, con Teheran in prima fila a guidare lo schieramento.
Tommaso Di Caprio