Da vent’anni la marcia per la pace ricorda il genocidio di Srebrenica

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Il massacro di Srebrenica

La marcia per la pace (Marš mira), organizzata da ormai 20 anni nei luoghi intorno alla cittadina bosniaca di Srebrenica, rappresenta una importante occasione per ricordare il genocidio avvenuto in quei luoghi nel luglio del 1995 quando, in pochi giorni, l’Esercito della Republika Srpska, guidato dal generale Ratko Mladic, uccise oltre 8000 uomini e ragazzi bosgnacchi (bosniaci di religione musulmana).

Quest’anno all’iniziativa hanno partecipato oltre 5000 persone di cui 250 bambini a cui è rivolto il principale messaggio di pace.

Come sottolineato anche da Suljo Cekanovic, uno degli organizzatori dell’iniziativa lo scopo è quello di:

«Onorare le vittime innocenti di questa tragedia con l’obiettivo di preservarne la loro memoria e far si che queste tragedie possano non riaccadere più da nessuna parte»

Tale massacro è considerato genocidio da due sentenze di Tribunali internazionali tra cui l’ICTY (Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia).

La marcia per la pace, lunga quasi 100 km, ripercorre il percorso originale che centinaia di persone in fuga da Srebrenica fecero per raggiungere il territorio libero di Tuzla. Si tratta in gran parte sentieri boschivi da percorrere sotto il sole e il torrido caldo estivo che sicuramente rende il viaggio ancora più impegnativo.

Durante il percorso sono visibili i luoghi della tragedia e dove le persone vennero imprigionate e tra i partecipanti ci sono spesso dei sopravvissuti al genocidio che raccontano la propria esperienza.



Adnan Džafić, per esempio, partecipa alla marcia per la pace dal 2012 e il suo scopo è quello di dare sostegno ai partecipanti e poter parlare con alcune delle persone sopravvissute perché come spiega lui stesso:

«È difficile spiegare quello che si è vissuto negli anni precedenti, quando scappi dalla morte e dalla guerra ogni passo è difficile e non bisogna dimenticarlo.»

La marcia, che negli anni ha assunto anche carattere internazionale richiamando partecipanti da tutta Europa, si conclude presso il Centro Memoriale di Srebrenica, dove nell’occasione saranno sepolte 14 vittime del genocidio recentemente identificate. Il più giovane dei 14 si chiamava Beriz Mujic ed è stato ucciso a 17 anni assieme al fratello Hazim già sepolto nel 2013. Il più anziano invece è Salić (Ibrahima) Hamed e quando è stato ucciso aveva 68 anni. Le vittime fino ad oggi riconosciute e sepolte all’interno del memoriale sono 6.751 mentre altre 250 sono state sepolte nei cimiteri locali su decisione dei familiari sopravvissuti.

Risoluzione ONU, un primo passo per la convivenza pacifica

Oggi, 11 Luglio, ricorre il 29° anniversario dei tragici fatti, ma è il primo da quando l’ONU ha stabilito tale data come «Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica del 1995». Questa risoluzione, adottata su proposta di Germania a Rwanda, vuole ribadire il sostegno internazionale alle famiglie delle vittime e rappresenta anche una presa di coscienza da parte delle Nazioni Unite riguardo le proprie responsabilità per i fatti accaduti.

La cittadina conquistata in quei giorni dall’esercito serbo-bosniaco era infatti una «enclave protetta» e sotto la responsabilità delle Nazioni Unite. Li si erano rifugiati migliaia di profughi in cerca di protezione la quale però è tragicamente mancata. Le donne sono state in gran parte trasferite e allontanate a forza dalle proprie case, mentre gli uomini sono stati uccisi in massa nei giorni successivi.

Dopo quasi trent’anni sono ancora oltre settemila le persone non ancora identificate su un totale di 29.819 persone scomparse e il lavoro di ricerca delle fosse comuni e identificazione delle vittime è sempre più complesso poiché sono sempre meno le persone disponibili a dare informazioni e spesso si è perso le tracce anche dei familiari che potrebbero riconoscere i corpi.

I segnali positivi lanciati dall’ONU con l’istituzione della Giornata internazionale di riflessione fanno si che la ventesima edizione della marcia per la pace sia anche una «prima volta» da cui partire nel processo di costruzione di una convivenza pacifica tra le varie etnie che vivono la Bosnia-Erzegovina.

 

Andrea Mercurio

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