Le discussioni sulle varie piattaforme online sono spesso molto accese e caratterizzate da commenti estremamente polarizzati. La settima edizione della Mappa dell’Intolleranza mette in evidenza che cosa è oggi l’odio online e il ruolo dei social tra politica, mass media e gente comune.
Da anni l’odio online è sempre più diffuso anche per il crescente numero dei social network. Per questo la Mappa dell’Intolleranza ne misura l’espansione e i suoi cambiamenti che lo rendono più incisivo e polarizzato. Per poter combattere l’odio e l’intolleranza bisogna prima capire meglio questo fenomeno e la sua dinamicità.
La fotografia dell’odio via social
La ricerca è condotta da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, ed è realizzata in collaborazione con 4 università (Dipartimento di Diritto pubblico, italiano e sovranazionale – Università’ degli Studi di Milano, Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica – Università Sapienza di Roma, Dipartimento di Informatica – Università Aldo Moro di Bari, Centro Itstime – Università Cattolica di Milano). Ha l’obiettivo di rilevare il sentimento che anima le comunità online.
La Mappa dell’Intolleranza esamina dei tweet che contengono parole considerate sensibili su un gruppo di 6 differenti categorie: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. Per ognuna di queste realizza una mappatura attraverso la geolocalizzazione dei tweet. Il risultato? Nel 2022 i tweet discriminatori sono stati il 93 per cento su un totale di 797.326. Il dato è in aumento del 24 per cento rispetto all’anno scorso.
La Mappa rivela inoltre che l’aumento dei messaggi di esclusione e intolleranza è correlata anche alla scelta sempre più vasta delle piattaforme social disponibili e porta a ripensare all’interdipendenza fra gli utenti, i social network e i mass media.
La ricerca svela il ruolo dei mass media tradizionali nell’orientare e influenzare la comunicazione andando a misurare i momenti di picco dell’espressione d’odio per ogni categoria.
La mappa dell’intolleranza evidenzia che le donne sono il primo bersaglio dell’odio online
Quest’anno al primo posto come categoria ad aver registrato più odio nei suoi confronti c’è quella delle donne (43,21 per cento), seguite dalle persone con disabilità (33,95 per cento), dalle persone omosessuali (8,78 per cento). Sembra meno diffuso l’odio espresso verso i gruppi etnici e religiosi: migranti (7,33 per cento), ebrei (6,58 per cento) e islamici (0,15 per cento).
Le donne sono le più colpite dai tweet negativi per il settimo anno consecutivo. L’odio misogino è costante durante l’anno. I ruoli delle donne nella società, il giudizio sul loro corpo e il loro atteggiamento è ancora stereotipato. In base al numero dei tweet d’odio, le donne sono considerate il gruppo più debole tra i 6. Più le donne sono indipendenti e occupano ruoli importanti, più l’intolleranza verso di loro aumenta.
Le donne continuano ad essere esposte anche alla violenza verbale e fisica e, principalmente, vengono uccise dai loro compagni o ex-compagni. Quello che ci si chiede è: i tweet negativi hanno effetti nella vita reale? Non è da escludere. Le parole ed i crimini d’odio, anche quando non sono direttamente collegati, si radicano nel tessuto sociale creando un clima culturale ostile al “diverso” o a chi viene ritenuto più debole. Le aggressioni o il bullismo nei confronti di persone con disabilità, per esempio, sembrano in aumento negli ultimi mesi.
Il peso di pregiudizi e stereotipi
L’utilizzo delle parole in maniera dispregiativa è in crescita ed è frutto di stereotipi presenti nel linguaggio comune. Questo forse è causato dallo spazio limitato permesso dai social media nella scrittura dei testi ma, considerato insieme alla manifestazione d’odio, l’aumento di questi tweet su alcune categorie, come disabili o omosessuali, è preoccupante.
I social media hanno un effetto sulla percezione di alcune categorie e contribuiscono ad aumentare i pregiudizi come accade per esempio verso gli ebrei, la comunità islamica e gli stranieri. Quest’anno è sceso il numero dei post contro il mondo islamico. Anche quest’anno, come per quelli precedenti, il tema ricorrente di questi contenuti è stato l’associazione con il terrorismo. Uno dei momenti di picco dei tweet d’odio verso il mondo islamico si è registrato in occasione della sentenza per l’attentato di Parigi al Bataclan.
Il clima politico e sociale influenza il linguaggio sui social network. E’ possibile vedere questo fenomeno in relazione alle discussioni sugli migranti. Sale l’odio online con l’aumentare dell’attenzione dei politici e dei mass media sugli sbarchi. Gli atteggiamenti di esclusione o ripercussioni violente, invece, non avvengono nell’immediato.
La Mappa dell’Intolleranza, nel suo settimo anno, sta fotografando uno spostamento delle espressioni dell’odio online dal razzismo verso i diritti di altre categorie come donne, omosessuali e disabili. La diffusione online dell’odio è difficile da bloccare ma conoscere e studiare questo fenomeno può avviare un processo verso la cultura del dialogo.
Nazlican Cebeci