Arriva dalla Washington University di Saint Louis la notizia della realizzazione di una mappa dell’inquinamento globale con dati aggiornati.
Nello studio pubblicato su Environmental Science & Technology non mancano le sorprese, sia positive che negative.
Lo studio è stato condotto da Melanie Hammer che effettua il post-dottorato di ricerca nel laboratorio di Randall Martin, professore di energia e ingegneria chimica e ambientale.
Non è una novità che escano studi di continuo sull’inquinamento atmosferico che danno risultati diversi a seconda di come si sono raccolti i dati, in questo caso la Hammer si è concentrata sulle dannosissime PM2.5 (comunemente dette: polveri sottili) e tiene a precisare che gli studi precedenti sono per la maggior parte basati su dati piuttosto vecchi e non possono quindi dar conto degli sforzi fatti per abbassare le emissioni.
Lo studio attuale si basa su venti anni di dati raccolti tra il 1998 e il 2018 e quindi, per esempio, ha registrato gli enormi sforzi fatti in Cina per abbassare le emissioni a partire dal 2011, cosa che set di dati più vecchi non hanno registrato.
Nella vicina India le cose purtroppo non vanno così bene, in questo caso la produzione di polveri sottili sembra aver raggiunto una stabilizzazione, la curva di aumento non è più così ripida ma non c’è stata alcuna riduzione.
Difficoltà tecniche nel realizzare una mappa dell’inquinamento globale
I paesi occidentali (Nord America ed Europa) , ma di recente anche la Cina, si sono dotati di un sistema di monitoraggio del livello di polveri sottili al suolo abbastanza esteso da affidarsi a quello ma per molti altri paesi non è così, dunque gli autori della ricerca si sono rivolti ai satelliti e al GEOS-Chem model (un modello 3D della chimica atmosferica sviluppato dalla NASA) , grazie a quel modello è possibile dedurre quante PM2.5 dovrebbero esserci al suolo per ogni colonna d’aria che arriva fino all’alta atmosfera viene osservata. Naturalmente non si sono accettare per buone queste deduzioni ma sono state confrontate con misurazioni fatte a Terra. Alla fine quando il livello di accordo tra i livelli dedotti grazie al modello e quelli rilevati al suolo sono arrivati a un accordo del 90% si sono estesi per riempire i buchi e creare la mappa globale dell’inquinamento.
Le conclusioni dello studio
Il successo conseguito in Cina è davvero una buona notizia, il calo dell’inquinamento è stato davvero importante e quello che è più significativo è che questo, alla faccia dei teorici della decrescita come unica via, si è ottenuto in anni di imponente crescita economica, col PIL che cresceva a livelli per noi fantascientifici.
Per quel che riguarda la situazione del resto dell’Asia e in particolare per quel che riguarda l’India la stabilizzazione su livelli di inquinamento molto alti è davvero preoccupante, non ci possiamo certo rallegrare che perlomeno non sta crescendo ulteriormente, lì ci sono persone esposte ormai da molti anni con continuità a livelli dannosi per la salute.
Roberto Todini