Un recente attacco da parte di alcuni ribelli Maoisti che ha mietuto alcune vittime nell’India centrale sta dando vita a numerosi interrogativi e preoccupazioni nel Paese. Il “terrore rosso” dei Naxaliti ritorna a far parlare di sé in India, dove le diseguaglianze tra la popolazione sono sempre più nette e la lotta di classe diventa ogni giorno che passa una questione più urgente.
Negli scorsi giorno, nello stato del Chhattisgarh, 8 poliziotti e un autista sono stati uccisi da una bomba progettata da un gruppo di ribelli Maoisti, riportando in auge una lotta armata che dura da decenni e che ha ucciso più di 10 mila persone.
Secondo le fonti, l’attacco sarebbe una rappresaglia contro un’operazione anti-Maoista messa in atto dalla polizia nei giorni precedenti. La ricerca dei colpevoli ha portato, nel sud di Abujhmaad, a una sparatoria in cui sono stati uccisi 5 Naxaliti.
Gli scontri tra le forze statali e i gruppi armati di estrema sinistra nella regione si sono intensificati nel 2024 e si prospetta che aumenteranno anche nel nuovo anno, nonostante la “neutralizzazione” avvenuta negli scorsi anni. Il ministro degli Interni Amit Shah ha promesso di porre fine all’insurrezione una volta per tutte entro il 2026.
Chi sono i Naxaliti?
I Maoisti, o Naxaliti, sono dei gruppi armati che si ispirano all’ideologia del leader del Partito Comunista Cinese, Mao Zedong.
Il movimento nasce ufficialmente nel 1967, quando un gruppo di contadini e proletari del villaggio di Naxalbari, nel Bengala Occidentale, insorsero contro i proprietari terrieri dello Stato, i quali avevano mantenuto i benefici del sistema coloniale di locazione delle terre anche dopo l’Indipendenza.
Il comunismo è sempre stato molto presente in India e fu proprio la sua frammentazione ad innescare il movimento naxalita, che raggiunse il suo picco tra gli anni 90 e l’inizio degli anni 2000.
I Maoisti, attraverso attentati ai simboli dello Stato e altre operazione di guerriglia, mirano a una protracted people’s war, una guerra che si protrarrà in continuazione fino al raggiungimento della rivoluzione comunista.
Gli obiettivi e le modalità di lotta dei Maoisti indiani sono cristallizzate nel documento “Strategy & Tactics of the Indian Revolution Central Committee” dove è chiara la volontà di smantellare l’imperialismo e il comunismo: facendo leva sulle diseguaglianze di classe e sulle fasce di popolazione più marginalizzate del Paese, i Naxaliti sono riusciti a creare delle aree dove lo Stato ha poca influenza.
Nel 2004, i Maosti si sono fusi con l’Esercito di liberazione popolare, contribuendo così all’espansione dell’insorgenza e creando una strategia di lotta più pianificata e a lungo termine.
Negli stati centrali e orientali dell’India, storicamente i più poveri e sottosviluppati, questi gruppi sono così radicati da aver dato vita al cosiddetto “Corridoio Rosso“, che continua a crescere e che da anni le forze governative cercano di smantellare senza successo.
Quello che per molto tempo è stato considerato “uno dei gruppi terroristici armati più grandi del mondo” ha poi subito una fase di declino e oggi potrebbe ritornare a riempire le prime pagine delle testate di tutto il mondo.
La risposta del governo indiano
La battaglia dei Maoisti che, poggiandosi sulla narrazione dell’ingiustizia e della falsa indipendenza, è riuscita a radunare enormi consensi e ad uccidere più di 2500 funzionari statali: ciò ha reso per molto tempo i gruppi armati Naxaliti la più grande minaccia per lo Stato indiano.
Il governo indiano ha lanciato tre programmi per lo sviluppo economico delle aree più colpite dai Maoisti: Special Central Assistance, Security Related Expenditure e Special Infrastructure Scheme, per un totale di 375 milioni di rupie. Il piano prevedeva la costruzione di strade, scuole, complessi residenziali e altri servizi per la popolazione, spesso tagliata fuori dal welfare di base.
A ciò si aggiunge un rafforzamento e un ri-armo delle forze di polizia delle regioni del “Corridoio Rosso”, supportate anche da milizie private e gruppi di vigilantes anti-insurrezione, che però sono stati dichiarati illegali dalla Corte Suprema indiana e accusati di violazioni dei diritti umani.
Secondo la Divisione per l’Estremismo di Sinistra, creata ad hoc per combattere la rapida diffusione delle ideologie comuniste nel Paese, l’approccio del governo è quello di affrontare il terrorismo di sinistra in modo olistico, riprendendo con la forza i territori in mano ai Naxaliti e ristabilendo le relazioni con la popolazione locale attraverso i progetti di sviluppo.
Le numerose riforme al sistema di acquisizione dei terreni non hanno dato però i risultati sperati e, anzi, non hanno fatto altro che sfollare migliaia di comunità rurali, rinforzando la mentalità del “land grabbing“.
Ritorno al passato?
Gli eventi violenti degli scorsi giorni fanno presagire un ritorno alla situazione di emergenza degli anni ‘2000: l’area dominata dai ribelli si è ridotta drasticamente negli ultimi anni (passando da 96 distretti nel 2010 a 45 nel 2023) ma il lancio di massicce operazioni anti-insorgenza per tutto il 2024 è un chiaro segnale del fatto che per i Maoisti la lotta non è mai finita.
Molte regioni hanno inoltre deciso di prolungare per un ulteriore anno il divieto esistente sui gruppi armati di matrice comunista.
I dati governativi mostrano un trend in ascesa: fino al 2024, per 7 anni non c’erano state vittime tra le forze di polizia, la cui presenza negli stati più colpiti è sempre in aumento.
D’altra parte, l’opinione pubblica sembra allontanarsi dalla mentalità maoista: anche riconoscendo che il governo voglia espellere le popolazioni dalle loro terre ancestrali per sviluppare progetti infrastrutturali capitalistici, queste popolazioni sono state marginalizzate ulteriormente da movimenti come quello Naxalita e il clima di paura che è stato loro instillato li porta a guardare con maggiore favore alle autorità statali.
La violenza potrà essere fermata solo quando il Paese rafforzerà il suo apparato democratico e affronterà a dovere il divario di classe che ormai è sempre più insostenibile.