Manifestazioni pro-Petro invadono le strade della Colombia

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Decine di migliaia di persone hanno occupato le strade della Colombia con manifestazioni pro-Petro a sostegno del capo dello stato, soprattutto per denunciare il tentativo di golpe che i gruppi di potere e il vecchio establishment politico stanno preparando. È un golpe senza eserciti, almeno per il momento, sul modello di quello portato avanti in Perù lo scorso dicembre, quando il Presidente Castillo è stato arrestato.

Lo scorso 7 giugno, le strade della Colombia sono state invase da manifestazioni pro-Petro, organizzate per mostrare il proprio sostegno nei confronti del presidente Gustavo Petro e delle riforme sociali del suo governo, le quali sono state bloccate momentaneamente congelate alla Camera. Questo perché il capo dello stato è stato coinvolto in uno scandalo a seguito dell’accusa lanciata da Armando Benedetti, ex ambasciatore della Colombia in Venezuela, di aver ricevuto finanziamenti per la sua campagna elettorale, provenienti dai trafficanti di droga. Benedetti e le destre, infatti, con i loro poteri giudiziari, stanno cercando di costruire una narrativa per puntare all’impeachment ed arrivare alla destituzione del presidente. Le manifestazioni per questo motivo erano non solo una forma di supporto per Petro, ma anche un modo per denunciare il tentativo di golpe che i gruppi di potere ed il vecchio establishment stanno preparando nei confronti del nuovo capo dello stato.

Benedetti: le accuse di finanziamento illecito

Benedetti dovrà spiegare le accuse di finanziamento illecito per la campagna del capo dello stato Petro davanti alla giustizia elettorale del Paese, accuse che sono emerse da alcuni audio inviati dall’ex ambasciatore della Colombia su WhatsApp. L’udienza avrà luogo il 13 giugno e assieme a Benedetti sarà convocata anche l’ex capo gabinetto Laura Sarabia, alla quale erano diretti gli audio incriminati. Dagli audio diffusi dalla rivista “Semana” emerge lo scontento di Benedetti nei confronti di Petro, il quale non lo ha ricevuto per un affare delicato. Questo ha scatenato rabbia e risentimento in Benedetti, il quale lamentandosi della situazione negli audio con Sarabia, minaccia di diffondere la modalità attraverso la quale sarebbero stati raccolti i fondi che lui stesso ha procurato per la campagna elettorale. In particolare, egli parla di: “15 miliardi di pesos. Se non fosse stato per me non avrebbero vinto. Tutti i voti avuti sulla costa, li ho raccolti io. Senza mettere un peso. Volete che dica chi ha messo i soldi? Non mi rovinate la vita, perché quello che è successo ieri e l’altro ieri è uno schifo” riferendosi alle ore passate in attesa senza essere ricevuto. Ha quindi aggiunto: “preparatevi perché in un qualsiasi momento io reclamo il mio spazio politico. E se credete sia una minaccia, è una minaccia. E se volte registrarla, registratela, perché ieri mi avete maltrattato, come un escremento, e questo non si fa a Benedetti”, concludendo con l’avvertimento dal tono apocalittico “se cado io cadono tutti”.

“Erano rabbia e alcol a parlare”

Successivamente Benedetti, in un tweet ha comunicato che quando ha inviato quegli audio si trovava un momento di particolare vulnerabilità e che quelle parole erano dettate da “rabbia” ed “alcol”, soprattutto in riferimento al fatto che pur essendo stato parte integrante dell’attuale progetto del presidente, non è contento di ciò che gli è toccato politicamente. La reazione di Gustavo Petro nei confronti di queste accuse è stata molto tranquilla. Il capo dello stato ha infatti scritto: “Nessuno del gabinetto del governo, né direttori, né comandanti della forza pubblica, né direttori di servizi di intelligence hanno ordinato intercettazioni di telefoni, né perquisizioni illegali, né hanno accettato ricatti su cariche pubbliche o contratti, ne sono stati ricevuti denari legati al traffico di stupefacenti e men che meno sono state gestite cifre come 15 miliardi di pesos in nero. Non accetto ricatti, e non vedo la politica come uno spazio di favori personali. Sono qui solo per ottenere più giustizia sociale nel Paese, è ciò che mi spinge e che mi ossessione. Se ci sono persone con una logica differente nel governo, è meglio che si allontanino”.

Un programma rivoluzionario

Ad annunciare il congelamento delle riforme sociali del governo del presidente Gustavo Petro è il presidente della Camera della Colombia David Racero, il quale lo ha comunicato il giorno precedente all’inizio dello scoppio delle manifestazioni pro-Petro. Ciò comporta che difficilmente le riforme proposte da Petro potranno essere approvate prima della fine della sessione legislativa, che avrà luogo il 20 giugno. In particolare, Racero parlando con i giornalisti ha affermato: “i dibattiti non possono essere influenzati da fattori esterni che potrebbero portare a un esito non positivo per il Paese”. Le riforme di Petro, il quale ha vinto le elezioni con una grande maggioranza rispetto a Radolfo Hernandez, arrivando così ad essere il primo presidente di sinistra nella storia della Colombia, hanno un assetto fortemente rivoluzionario. Il suo programma infatti presenta soluzioni quali: istruzione universitaria gratuita, riforma pensionistica, assistenza sanitaria universale, riforma agraria, lotta alle disuguaglianze ed anche stop ai nuovi progetti petroliferi, proposta che come si buon ben immaginare ha subito allarmato investitori locali e stranieri. Inoltre, la misura più importante del programma di Petro è quella della “pace totale”, ovvero l’inizio di trattative con le formazioni armate illegali che rappresentano un grande problema per la Colombia. L’obiettivo è far entrare questi gruppi nella legalità e di porre fine ai traffici illegali e alle azioni delittuose, concedendo a questi gruppi armati incentivi economici e riconoscimento.

Intercettazioni senza successo

In realtà, quest’offensiva contro Petro non è qualcosa di recente, ma era anzi già iniziata durante la sua campagna elettorale. In quel periodo, infatti, Gustavo Petro e i suoi collaboratori sono stati sottoposti ad una continua intercettazione telefonica ed ambientale, la quale però non ha presentato la benché minima irregolarità sul conto del capo dello stato. Il presidente, infatti, ha comunicato che: “Per mesi e mesi di intercettazioni non sono riusciti a trovare nemmeno 10 secondi in cui il candidato Petro parlasse di qualche irregolarità, pronunciasse una sola parola maleducata o facesse capire che la sua campagna era condotta in modo disonesto”. Al momento il golpe dell’opposizione è un golpe senza eserciti, rimandando al modello di quello che ha avuto luogo in Perù lo scorso dicembre venne arrestato il Presidente Castillo. Anche se successivamente in quell’occasione le morti si sono verificate comunque e l’esercito ha sparato sui dimostranti, a seguito della decisione della presidente Dina Boluarte di attuare una repressione violenta contro i manifestanti che chiedevano nuove elezioni e liberazione di Castillo.

Non solo manifestazioni pro-Petro: il sostegno internazionale dei leader di sinistra

La situazione non è passata comunque inosservata all’interno del panorama internazionale e le manifestazioni pro-Petro, alle quali hanno partecipato migliaia di persone tra cui sindacati, organizzazioni politiche e la società civile colombiana, non sono state l’unico supporto ricevuto dal Presidente. Diversi sono infatti i leader di sinistra che infatti hanno firmato una lettera per denunciare i tentativi di golpe in Colombia nei confronti di Gustavo Petro e del suo programma rivoluzionario. Questi ultimi, inoltre, accusano le destre all’opposizione di star provando a destituire Petro ed i suoi alleati in maniera illegale. In particolare, tra i leader di sinistra sottoscrittori di questa lettera di denuncia vi sono: il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa, l’ex presidente colombiano Ernesto Samper, l’ex presidente spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, Jeremy Corbyn del Regno Unito e Jean-Luc Mélenchon, ex candidato alla presidenza francese.

Simone Acquaviva

 

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