Le strade di Roma e del primo ateneo della Capitale, La Sapienza, sono state attraversate da un’ondata di dolore e protesta in memoria di Ilaria Sula e Sara Campanella, giovani donne, studentesse, vittime di femminicidio. Studenti e attivisti hanno manifestato per chiedere giustizia, un cambiamento culturale e un’università più sicura, mentre le istituzioni hanno avviato nuove iniziative – e promesse – per combattere la violenza di genere.
Un fiume di studenti in corteo
Si è conclusa in piazza dell’Immacolata, nel quartiere San Lorenzo a Roma, la grande manifestazione in memoria di Ilaria Sula, Sara Campanella e di tutte le vittime di femminicidio. La marcia, partita dall’Università La Sapienza dopo un presidio a piazzale Aldo Moro, ha visto la partecipazione di migliaia di studenti e studentesse.
Dopo aver lasciato l’ateneo, i manifestanti hanno attraversato viale dell’Università e viale del Castro Pretorio, interrompendo il traffico all’altezza di via Marghera per alcuni minuti, prima di dirigersi verso San Lorenzo. Durante il cammino, le voci si sono levate in un coro deciso: “Allerta che cammina, lotta transfemminista dalla sera alla mattina”. Dopo oltre tre ore, la marcia è giunta alla sua meta, dove si è conclusa con l’urlo collettivo: “Insieme siam partite, insieme torneremo, non una di meno”.
Già la sera prima, la marea femminista aveva occupato le piazze e le strade del quartiere di San Lorenzo, quartiere in cui Ilaria Sula viveva, raccogliendosi in una rabbia sempre più grande nei confronti di un sistema che nulla garantisce per prevenire morti di donne per mano di uomini.
Un presidio di dolore e denuncia
Prima del corteo, davanti all’Università La Sapienza, si è tenuto un momento di raccoglimento. “Per Ilaria, per Sara, per tutte quante” è stato il grido d’apertura della manifestazione, accompagnato dalla consapevolezza che la violenza di genere è un problema sistemico. “Potevo essere io”, hanno ripetuto in molte, sottolineando il senso di precarietà e insicurezza che molte donne vivono ogni giorno. L’accusa è stata rivolta anche contro la stessa governance universitaria, che non ha mai promosso materiali iniziative all’educazione sessuo-affettiva, o che mai ha garantito un sistema di centri antiviolenza e codici antimolestie realmente funzionanti e proattivi.
Dal megafono, una voce ha urlato: “Non è stato un raptus a uccidere Ilaria, ma un sistema patriarcale che alimenta il senso di supremazia dell’uomo sulla donna”. Sul palco, numerosi interventi hanno ricordato come la violenza contro le donne non sia un fenomeno isolato, ma il risultato di una società che ancora fatica a riconoscere l’uguaglianza di genere. Gli stessi interventi di voci che ancora non riescono a capacitarsi di come l’ennesimo femminicidio venga a fatica chiamato tale, senza il minimo riconoscimento di un problema sistemico – il patriarcato – che permea la società e le relazioni interpersonali. Voci che hanno negato, ancora una volta, che non si può parlare di raptus, o di una mala gestione delle emozioni.
Il ricordo davanti alla Sapienza
Davanti al dipartimento di Scienze Statistiche della Sapienza, dove Ilaria Sula studiava, si è formato un piccolo altare spontaneo. Una sua grande fotografia è stata affissa al muro, circondata da mazzi di fiori, rose bianche, girasoli, lettere e messaggi di affetto. Tra questi, spiccava una scritta semplice ma potente: “Sapienza ricorda Ilaria Sula”.
Tra le offerte lasciate, anche una scarpetta rossa fatta all’uncinetto, simbolo della lotta contro il femminicidio. “Troppo spesso sentiamo dire ‘non tutti gli uomini’, ma questo serve solo a deresponsabilizzare”, aggiungono alcune voci nella manifestazione. Perché è vero, “non tutti gli uomini”, ma ogni donna ha la sua storia da raccontare e ogni volta c’è un uomo che segue, molesta, violenta, insulta.
Nel corso della commemorazione, centinaia di studenti hanno sollevato in aria delle chiavi, un gesto simbolico per ricordare che la maggior parte delle violenze avviene all’interno delle mura domestiche, per mano di chi “ha le chiavi di casa”. Un minuto di rumore ha rotto il silenzio, trasformando il dolore in una richiesta di giustizia.
Il Campidoglio prende posizione
Il dramma di Ilaria Sula e Sara Campanella ha scosso profondamente anche le istituzioni. In Campidoglio, l’Assemblea capitolina ha osservato un minuto di silenzio per le due giovani vittime, rispondendo alla proposta della capogruppo del Partito Democratico, Valeria Baglio.
Su proposta della consigliera Giulia Tempesta, è stata approvata all’unanimità una mozione per proiettare sulla facciata del Palazzo Senatorio il numero antiviolenza 1522. Un gesto volto a sensibilizzare la cittadinanza e offrire un supporto alle donne che si trovano in situazioni di pericolo. “Vogliamo che nessuna si senta sola”, ha dichiarato il gruppo consiliare del PD, ringraziando le studentesse e gli studenti che hanno manifestato.
Proteste in tutta Italia
La morte di Ilaria e Sara ha generato una forte ondata di indignazione, con manifestazioni in diverse città italiane. Le piazze si sono riempite a Bologna, Milano, Firenze, Messina, Palermo, Ferrara e Terni, con migliaia di persone che hanno espresso il loro dolore e la loro rabbia.
Le proteste hanno anche avuto una forte connotazione politica. Numerosi interventi hanno criticato il ministro della Giustizia Carlo Nordio per aver attribuito i femminicidi a questioni etniche, ignorando il fatto che, secondo i dati ISTAT, nel 94,3% dei casi le vittime italiane sono state uccise da uomini italiani.
Anche la recente proposta del governo di introdurre nel codice penale il reato di femminicidio con pena dell’ergastolo è stata accolta con scetticismo. I movimenti femministi sottolineano che il problema non si risolve solo con l’inasprimento delle pene, ma con un’educazione che scardini la cultura della violenza dalle radici. La lotta contro la violenza di genere continua, con una richiesta chiara: cambiare una società colpevole, complice e indifferente.