Mentre l’Italia è costretta dal Covid19 nelle proprie residenze, sommersa di mascherine e guanti, ci sono coloro che nonostante il divieto di manifestare, decidono di far sentire la propria voce.
Dopo il flashmob #Bellaciaoinognicasa e le manifestazioni del 25 aprile, anche il Primo Maggio è stato il campo di battaglia per diversi gruppi di persone ed ognuno ha manifestato a suo modo.
A Trieste
Un consistente gruppo di persone, invitate dalla Rete Triestina per il Primo maggio e dalla Trieste antifascista e antirazzista, si riuniscono in piazza S. Giacomo a Trieste per schierarsi pacificamente contro la situazione attuale: le forti limitazioni della libertà personale in concomitanza alle precarie condizioni economiche dei soggetti più deboli obbligano ad un atto di ribellione. I giovani mantengono le distanze di sicurezze anche dopo aver alzato uno striscione.
Il virus uccide, il capitalismo di più
Tre persone, a distanza di sicurezza, reggono lo striscione, indossano mascherine e guanti ma questo non basta per evitare lo scontro con le forze dell’ordine. Il gruppo di manifestanti non accetta di abbassare lo striscione poiché reputa di rispettare le prescrizioni in materia Covid19.
Segue un momento di tensione e le distanze di sicurezza tra agenti e manifestanti vengono tralasciate al fine di placare la manifestazione. Secondo le forze dell’ordine dal momento in cui viene alzato lo striscione si tratta di una manifestazione non autorizzata. Seguiranno identificazioni dei partecipanti e denunce.
Molti si chiederanno che senso abbia manifestare nel pieno di una pandemia. Se i decreti, oltre che il buon senso, ci impongono di uscire solo per lo stretto necessario e per reali emergenze: perché scendere in piazza durante il Covid19?
Questi giovani hanno reputato necessario scendere in piazza per esprimere i loro dubbi sulla grande contraddizione di questo sistema economico. La riapertura selvaggia degli esercizi commerciali mette la salute in secondo piano, dando nuovamente voce ad un sistema capitalistico che per alcuni, è la causa di tutto il disordine.
Siamo stati costretti nelle nostre case per mesi senza neanche poter fare una passeggiata nel verde di un bosco e siamo stati costretti ad uscire di casa solo per entrare nei supermercati. Molti hanno perso il lavoro e le categorie più deboli, quali artisti, neo-laureati e precari sono rimasti a casa in condizioni instabili. Molti altri sono invece stati costretti a lavorare senza una tregua. In tutta questa situazione com’è possibile far sentire la voce scontenta del popolo se le manifestazioni non possono essere autorizzate?
A Genova
Lo stesso giorno, il capoluogo ligure vieta ogni manifestazione e i militanti di Lotta comunista non possono sfilare al corteo tradizionale del Primo Maggio. In alternativa, coinvolgono i circoli operai e decidono di far sentire la propria voce esponendo bandiere rosse sul balcone.
A Roma
L’annuale manifestazione musicale del concerto del Primo Maggio ha avuto modo di risonare nelle orecchie degli ascoltatori tramite streaming. La tradizionale piazza era vuota ma il Covid19 non è riuscito a fermare l’annuale evento romano.
Nel frattempo, a Fondi (provincia di Latina), un esiguo gruppo di appartenenti a Forza Nuova ha deciso di manifestare contro le problematiche del mondo del lavoro.
In molte città italiane, tra cui Roma, il giorno dopo debutta un nuovo movimento nazionale chiamato “Mascherine Tricolori”. Il gruppo di manifestanti si è riunito in piazza Del Popolo, munito di mascherine con i colori dell’Italia, per manifestare contro la “dittatura sanitaria”. La manifestazione è stata fermata dalle forze dell’ordine che hanno provveduto ad identificare i partecipanti, tra cui alcuni esponenti di Casapound e Forza Nuova.
A Torino e Bologna
Il primo maggio le piazze erano vuote e questa volta sono i riders delle consegne in bici che manifestano. Durante la giornata del Primo Maggio sarebbero costretti a lavorare per le consegne a domicilio dei servizi Gloovo, Just Eat o Deliveroo, ma i fattorini sfilano nelle piazze con le proprie biciclette per far denunciare le umilianti condizioni di lavoro.
Un unico grido: uno stato sociale equo
Se il governo italiano riuscisse a fronteggiare l’emergenza senza obbligarci in prima persona a rischiare la salute per la necessità di rimettere in moto l’economia, ci sarebbe un popolo unito e collaborante ma, i dubbi sono molti e le persone tra paura e povertà, diventano irrequiete! Sarebbe realmente possibile garantire un reddito alle persone in difficoltà così da non dover ricorrere alle aperture forzate degli esercizi commerciali?
Sarebbe possibile organizzare in maniera più efficace risorse ed esigenze?
Cristina Meli