Mani pulite e l’eterno racconto delle “repubbliche italiane”

Mani pulite sconvolge il mondo politico italiano 27 anni fa. Da allora nasce, cresce e forse muore la Seconda Repubblica, sulle ceneri della Prima. Qualcuno ha parlato della Terza.

Il 17 febbraio del 1992 Mario Chiesa, allora presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato nel suo ufficio a Milano, colto in flagrante mentre riceve e intasca una tangente da un imprenditore monzese. Così ha inizio “Mani pulite”, una serie di inchieste giudiziarie che nei primi anni 90’ si riversa a catena sull’intero sistema politico che dal secondo dopoguerra ha amministrato la Repubblica italiana.

Oggi è morto Francesco Saverio Borrelli, capo del pool di Mani pulite in quegli anni di stravolgimenti politici e piogge di avvisi di garanzia. Ripercorrere la carriera che da magistrato civile lo ha portato all’ambito penale, lo ha visto protagonista nel periodo di “Tanagentopoli” e poi difensore strenuo dell’indipendenza della magistratura, è una tentazione non priva di interesse. Ma qui, senza voler mancare di delicatezza alcuna, si vorrebbe tentare una linea differente, linea che, in queste spiacevoli circostanze è pur sempre dovuta al lascito nel passato e alle riflessioni sul presente.

Di quel famigerato 1992 sono rimasti indelebili nella cultura italiana di massa alcune circostanze e avvenimenti. Dicasi “circostanze” quel diffuso malcontento e insoddisfazione nei confronti di una politica ormai ritenuta logora e chiusa al dialogo. Dicasi “avvenimenti” ad esempio l’arresto del suddetto Chiesa, o le dichiarazioni dello stesso riguardanti il sistema delle tangenti e degli appalti.

In seguito alle elezioni d’aprile un governo dalla maggioranza risicata e instabile si ritrova a gestire un Paese sull’orlo di un baratro finanziario. La vera notizia emersa dalle votazioni è la vittoria di due fazioni totalmente esterne alle dinamiche politiche di allora: la Lega Nord e La Rete. Il 6 per mille del governo Amato passa alla storia come uno dei provvedimenti più odiati dagli italiani, che al prelevamento forzoso sui conti rispondono con un’ondata di indignazione alimentata, ovviamente, dalle scoperte affiorate in seguito all’inchiesta Mani pulite.

Non è facile in questo periodo mantenere saldo il controllo della Repubblica. Gli avvisi di garanzia cominciano a piovere a dirotto su tutti, ministri compresi. Il decreto Conso vorrebbe depenalizzare il finanziamento illecito ai partiti. Un “colpo di spugna” che permetterebbe l’attraversamento di una transizione politica traumatica. Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, però, si rifiuta di firmare il decreto considerato anticostituzionale. Come se non bastasse il referendum del 18 aprile 1993 sancisce la scelta degli italiani in favore di un sistema elettorale maggioritario. Il governo Amato rassegna le dimissioni il 21 aprile.

Per la prima volta nella storia repubblicana viene formato un governo “tecnico”. Scalfaro affida la carica di presidenza del Consiglio a Carlo Azeglio Ciampi, governatore della Banca d’Italia. Con la negata autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi del 29 aprile, il mondo politico italiano si tira addosso l’ira dell’opinione pubblica e riceve sassi e monetine, mentre la magistratura protesta contro le limitazioni imposte dal Parlamento.

Inutile dire che qualche mese dopo, il 4 agosto, viene ufficializzata l’autorizzazione a procedere nei confronti dello storico esponente del PSI. In una nave che affonda si instaura un perverso gioco delle parti che sembra invitare quanti più passeggeri possibili a bordo. Le rivelazioni si moltiplicano e coinvolgono personaggi dell’imprenditoria italiana di alto rango. Mani pulite è stato il colpo di grazia inferto a un sistema che da tempo aveva mostrato i suoi limiti e le sue debolezze.

Come andò a finire?

A pulizie avvenute si presentò in campo un viso noto nell’area imprenditoriale italiana. Dalla poltrona della sua scrivania, contornato sullo sfondo da una folta libreria, Silvio Berlusconi annunciò la sua discesa in politica. Il resto è un amalgama di fatti, processi mancati, G8, Arcore, lodo Alfano, divorzi, conflitti di interessi, evasioni fiscali. La Seconda Repubblica.

Un periodo passato alla cronaca come “ventennio” lascia spazio a un nuovo Governo tecnico, il professor Mario Monti si prepara a fronteggiare gli effetti della più grande crisi economica dal 1929. Nessuno uscirà illeso da ciò che la crisi ha causato.

Ora, c’è un gioco di rimando leggermente improprio in questo discorso che si spera sia evidente.

Il gioco è: se il Governo Monti sta al Governo Amato (e questa è la parte impropria in quanto il primo tecnico e il secondo no) allora Lega Nord e La Rete (ma anche MSI) stanno a Lega e M5s. La risultante dovrebbe essere una costante: a un momento di crisi specificamente economica, l’elettorato medio italiano risponde con la fiducia a forze antisistema.

Non è da sottovalutare il ruolo che Mani pulite ha giocato nella storia politica italiana in questo senso. Con buona pace dei “vaffa day” pentastellati e del “buonsensismo” del Capitano, nessuna delle due parti è da considerarsi prima nel suo genere in quanto “forza antisistema”. Il crollo delle ideologie fissato al 1989, con la caduta del muro che ne fu il simbolo, è lontano ormai trent’anni. E’ vero, alcune cose in Italia arrivano sempre in ritardo.

Il 4 marzo 2018 il popolo italiano ha votato per le elezioni politiche che hanno visto trionfare i due partiti oggi costituenti il Governo giallo-verde. Qualcuno dichiarò l’avvento della Terza Repubblica ricordando, non a caso, il clima di quei primi anni 90’ e la catena di eventi innescati da Mani pulite. Se da cosa nasce cosa però, e se il gioco di rimando regge, non c’è da aspettarsi un roseo futuro.

Del resto, alle nomenclature numerate e agli slogan da propaganda elettorale si potrebbero opporre le parole dello stesso Borselli: «Finché si trattò di colpire i grandi della politica, non ci furono grandi reazioni contrarie, anzi. Ma quando si andò oltre, apparve chiaro che la corruzione non riguardava solo la politica, ma larghe fasce della società: investiva gli alti livelli proprio in quanto partiva dal basso. Il cittadino medio ebbe la sensazione che i “moralisti” della Procura di Milano volessero davvero passare lo straccio bagnato su tutta la facciata del Paese, sulla coscienza civile di tutti gli italiani. Parlo del cittadino medio che vive spesso di piccoli espedienti, amicizie, raccomandazioni, mancette per campare e rimediare all’inefficienza della PA. A quel punto la gente cominciò a dire: “Adesso basta, avete fatto il vostro lavoro, ci avete liberato dalla piovra della vecchia classe politica che ci succhiava il sangue, ma ora lasciateci campare in pace”.»

Resta da capire in questo gioco del rimando chi assumerà le parti di chi. Andando oltre le felpe o le votazioni sul web, unici veri elementi di novità per ora.

Paolo Onnis

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