Honestà. E’ la religione dei neo-giacobini grillini, è il dogma di Travaglio, di Gomez, di Padellaro, di Barbacetto, di tutta quella perversa cultura degli onesti che da oltre vent’anni ammorba il clima politico e sociale d’Italia. Non potendo più imporre una ghigliottina sulla pubblica piazza, questi postini delle procure (alcuni più acuti, come Travaglio; altri eterni imbrattacarte, come Barbacetto) si camuffano da Robespierre della pubblica moralità mentre riportano l’osso ai pubblici ministeri, facendo del Codice Penale un’inquietante Vangelo penale.
L’onestà (anzi, honestà) – da un valore qual era – è diventata un manganello. I giacobini a 5 stelle abbaiano “Honestà, Honestà” come prima si berciava “Duce, Duce”: il loro linguaggio è il manganello. Nel caso degli squadristi degli anni ‘2o, il manganello era in legno robusto; per gli squadristi a 5 stelle, invece, il manganello è fatto di link e giornali.
Funziona così: un magistrato – più o meno serio, più o meno scrupoloso, più o meno “politico” – ti sta indagando? Sei già condannato. Sei già colpevole. No, non in tribunale: lì sono previsti tre regolari gradi di giudizio. Sui giornali e su Internet, però, c’è un solo grado di giudizio: il manganello. Ovviamente è un manganello più raffinato perché si usa Twitter, si usano gli articoli di giornale, si usa la boccuccia alla Travaglio o la boccaccia alla Di Battista, ma il risultato, come già avvenuto più di una volta, può anche essere il suicidio del malcapitato. Curiosa l’analogia col caso di Tiziana Cantone, non notate?
Certo, talvolta il malcapitato non è propriamente uno stinco di santo, ma perché dev’essere un giornalista e non un giudice a condannarlo? E se proprio si volesse inscenare una sorta di Forum sui giornali, perché non si dà voce anche alla Difesa dell'”imputato”? Gli scribacchini del Fatto Quotidiano o, peggio, i manganellatori a 5 stelle, infatti, rappresentano soltanto l‘Accusa. Ma non esistono solo gli squadristi a 5 stelle, esistono anche quelli “de sinistra”: ai tempi dei governi Berlusconi, decine e decine di persone indagate (solo indagate) venivano condannate quotidianamente sulle pagine di Repubblica e gli avvisi di garanzia – da garanzie, appunto – diventavano condanne. Non era un “processo breve”, ma brevissimo: il tempo di buttare giù due righe. Penso al recentissimo caso Porro.
Nicola Porro, giornalista liberale vicino al centrodestra, indagato per l’affaire Marcegaglia da un magistrato spregiudicato come Woodcock, fu giudicato e condannato non dal tribunale – che l’ha assolto solo recentemente – ma da tutti i giornaloni avversari, Fatto e Repubblica in testa. Per quasi 6 anni, Porro – “il meschino calunniato” – si è portato sulle spalle una condanna illegittima e barbarica senza tuttavia essere colpevole in nessuna aula di giustizia. Si dice Honestà, ma s’intende Calunnia. Chi, meglio del rossiniano Don Basilio può insegnarci per bene cos’è una calunnia, ovvero l’Honestà a cinque stelle?
La calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s'introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco; sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d'orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un'esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale, che fa l'aria rimbombar. E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte ha crepar. "E il meschino calunniato, avvilito, calpestato" crepa sotto il pubblico flagello. Anche se è innocente. E' Calunnia, ma si dice Honestà: il manganello a 5 stelle.