Decidono Rodri e le parate di Ederson: il Manchester City campione d’Europa. Vincono anche gli sceicchi che ormai hanno in mano la cassaforte mondiale del calcio.
– di Fabrizio Bocca –
Giornalista a Repubblica dal 1983 al 2022. Sempre allo Sport, 12 anni da caporedattore. Oggi autore per il Bar Sport del calcio
Facciamo finta di essere sportivi e i rimpianti lasciamoli per ultimi. Anzi, facciamo finta di non averne.
Complimenti a Pep Guardiola, clone di Einstein nell’universo del pallone, anche se per vincere stavolta non gli è servita la teoria della relatività ma un gol di Rodri (invece dello strombazzatissimo Haaland) e delle parate anche un po’ fortunate di Ederson. Quando ti tirano addosso basta non scansarsi e passi da eroe. Erano 12 anni che Pep andava a caccia di un grande trionfo internazionale che gli togliesse di dosso l’etichetta di essere riuscito a vincerne due di Champions League solo perché si era ritrovato con Messi sceso in terra dal cielo apposta per lui. L’ossessione di Pep termina qui, la notte del 10 giugno 2023 a Istanbul.
Porta in cima all’ Europa, Guardiola, il Manchester City che la Champions non l’aveva mai vinta. Club ricchissimo – è anche la prima vittoria degli sceicchi che ormai hanno in mano la cassaforte mondiale del calcio – in grado di riversare sul mercato un paio di miliardi in una manciata di anni. Il tutto in un mare di voci e anche sospetti. Sconvolgente certo, ma da che football è football è raro che nel calcio vincano i club più piccoli e più poveri. Anche l’Inter è un club ricco e potente rispetto a tanti altri.
Dice Guardiola:
“Questa competizione è una moneta lanciata per aria. A Inzaghi dico, ci siamo passati anche noi. E’ importante pensare di essere la seconda squadra più forte d’Europa, insomma esserci”.
Pep a soli 52 anni e una sfilza lunga così di successi (è la sua terza Champions League) porta a Manchester il “treble“: Champions League, Premier League ed FA Cup. Quando parliamo di Guardiola andiamo automaticamente al Barcellona – ed è giusto – ma poi scopri che col Barcellona la sua avventura è durata quattro anni, mentre al City siamo ormai al settimo anno. Forse un giorno scriveremo che Guardiola ha cambiato il calcio più col Manchester City che col Barcellona. Non sappiamo infatti cosa ci riservi il futuro, magari cinque Premier League in sei anni e questa Coppa sollevata allo stadio Ataturk di Istanbul saranno una base di partenza verso un nuovo equilibrio del football mondiale.
Possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo, ma alla fine nel calcio, molto brutalmente, ha ragione chi vince e tutto il resto è fumo. E’ un luogo comune, ma con una sua verità. Pep che dice “sullo 0-0 un club italiano pensa che sta vincendo, noi che stiamo perdendo”, ha vinto abbastanza all’italiana. Il gol di Rodri è sicuramente di fattura guardiolesca – Inter risucchiata sul fondo e il classico centrocampista che arriva da dietro e tira a porta spalancata – il resto è difesa, errori marchiani dell’Inter sottoporta, parate alla come vengono di Ederson. Cosa c’è di particolarmente geniale in tutto questo se non la stoica sofferenza di chi deve difendere l’esiguità di un gol?
Intendiamoci, nessuno ce l’ha sulla coscienza questa sconfitta dell’ Inter. Gli errori fanno la differenza, ma fanno anche parte della partita stessa, della costruzione della storia, è praticamente impossibile non trovarne in chi perde una partita così. Lautaro e Lukaku si sono mangiati le occasioni per pareggiare, per egoismo, scarsa lucidità, ansia, trovate voi il perché. Lautaro ha tirato addosso a Ederson invece di passare la palla al centro, un classico, Lukaku o si è trovato sulla traiettoria sbagliata o ha tirato addosso al portiere. Che gli vuoi dire? Che l’Inter ha perso la Champions League per colpa loro? Ci vuole coraggio e cinismo per rinfacciarlo a chi comunque l’Inter fino a qui ce l’ha portata.
Conosco il tarlo che rode dentro la testa di tutti. Come sarebbe finita se dopo settimane di dubbi su chi far partire titolare tra Dzeko e Lukaku fosse partito titolare Lukaku e poi fosse entrato Dzeko, cioè l’inverso del copione ampiamente già scritto? Beh, forse sarebbe andata diversamente e forse l’Inter avrebbe vinto la Champions League, forse no. Col senno di poi siamo tutti campioni, per cui tenetevi il tarlo e fatevene una ragione. A Inzaghi, sopravvissuto a un annata in cui volevano fargli la festa assai prima di arrivare a Istanbul, bisogna solo fare i complimenti. Non sono tanti i tecnici italiani giunti fino a questo punto, anche allenatori ben più importanti e vincenti hanno dovuto masticare amaro. Vedi Allegri ad esempio con le due finali perse con la Juve.
Ognuno ha i suoi rimorsi. Terza finale persa per tre club italiani, grandi complimenti da tutti e nemmeno un trofeo. Al di là di qualsiasi considerazione sull’evoluzione del calcio italiano (davvero?) è peggio così che essere eliminati ben prima, almeno non ti fai certe illusioni. La Roma se l’è presa con l’arbitro, la Fiorentina sostiene di aver giocato meglio, l’Inter di aver giocato bene e fatto una grande partita davanti a un avversario strafavorito. Diceva sempre un grande come Julio Velasco, che tra l’altro dall’Inter morattiana passò pure per breve oltre vent’anni fa. “Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Francamente non mi chiedo perché l’Inter non sia riuscita a vincere la Champions League, piuttosto mi chiedo perché le altre due non abbiano fatto qualcosa di più. Ma vabbè già so che saremo sommersi di infiniti mapperò.
Siamo dunque ora tutti destinati a sfinirci di chiacchiere per cercare un perché. Anche se potremmo cavarcela con un banalissimo e scontato: beh, ma non s’er detto che così doveva andare? E buonanotte suonatori.