Mancanze: a scuola non voti ma vuoti

a scuola non voti ultima voce

Foto @mbeo2017

Di Tonino Stornaiuolo


A scuola non voti ma vuoti che la pandemia, la Dad e la lontananza da persone care e amici sta creando e che chissà se riusciremo mai a colmare


Sono un maestro e da qualche settimana, come molti altri, sono rientrato a scuola provando a riprendermi una normalità che ha poco di normale ma tanto di sana aria pura. E riprendersi questi momenti di contatto, seppur solo degli occhi dietro le mascherine e a distanza, ai piccoli sembra già una riconquista di bellezza.

Il primo giorno in cui ci siamo rivisti in presenza, dopo i 3 mesi di schermi, connessioni e scrivanie di case, è sembrato il primo giorno di scuola. C’era qualcosa di nuovo e felice nell’aria, non avevo mai percepito in 5 anni questa sensazione. Questo rientro è stato più forte di quello di Settembre scorso, o di tutti i Settembre prima del Covid. Sarà perché generalmente si rientra dopo l’estate e il divertimento ad essa connesso, sarà perché questa volta, quando hanno chiuso, eravamo consapevoli a cosa stessimo andando incontro.

Le loro facce erano felici come mai, o almeno cosi leggevo dai loro occhi. Più di qualcuno l’abbiamo trovato molto più alto. Abbiamo faticato a non abbracciarli quando sono corsi verso di noi all’ingresso della scuola. Sembrava che il tempo trascorso sia stato molto più di tre mesi.

In classe l’energia era incontenibile, tutti avevano voglia di parlare, ascoltare e condividere. E allora così abbiamo fatto. Libri e quaderni quel giorno non contavano. Non contavano ancor di più della altre volte. Le loro parole si accavallavano, tutti avevano bisogno di dire la propria.

Ho fermato allora le voci, ho dato ad ognuno di loro un foglio bianco chiedendo di scrivere o disegnare qualsiasi cosa volessero dire a una o più persone in quel preciso momento.

Ecco venir fuori saluti, felicità per il rientro, enigmi, disegni e barzellette.

L. ha scritto a D. : “che gioia rivederti nella realtà e grazie per avermi aiutato nel periodo del Covid.”

F. scrive a tutt* :” che bello tornare a scuola, quando eravamo in Dad non potevamo esprimere sempre le nostre opinioni perché le connessioni si bloccavano o il microfono non andava. Qui a scuola possiamo dire ognuno la propria idea e capirci meglio.”

O. dice a due amiche :”Noi non ci vediamo mai, menomale che c’è la scuola che ci unisce”.

G. disegna una clessidra dicendo che rappresenta il poco tempo rimasto, prima di lasciarci visto che siamo in quinta, sperando che sia un tempo migliore perché questo fa’ schifo.

L. sostiene : “per me è come il primo giorno di scuola, ma con la differenza che vi conosco già”.

L. scrive:” io non volevo tornare a scuola, ma ora che sono tornata e vi vedo, mi sento più libera”.

G. scrive a me: “ Toni, ti ringrazio perché con te sono molto cambiata e nel lockdown mi hai fatto sentire a mio agio”.

S. invece ha scritto alla lavagna quattro parole che riguardavano la Geografia (Europa, Asia, America, Occidentale) ed ha chiesto ai compagni di prendere lettere da quelle parole e comporre la frase che lui voleva dire : Mi Siete Mancati.

Quel giorno per qualcuno abbiamo perso un giorno di programma, di libri e di studio.

Noi crediamo di aver guadagnato una settimana di vita.

Nei giorni successivi abbiamo provato pian piano a riprenderci la nostra quotidianità, al netto di tutte le regole e le disposizioni anti-Covid. Per loro abituati a lavorare in cerchio, seduti per terra, in gruppo e vicini è sicuramente una difficoltà molto grossa, sommata alla difficoltà che tra qualche mese si lasceranno alle spalle un viaggio di 5 anni per intraprenderne uno nuovo, che incuriosisce ma spaventa molto. E nonostante questi pensieri e le difficoltà , ce la stanno mettendo tutta per prendersi ogni istante di bellezza e reinventarsi i modi di stare e fare anche se distanti fisicamente.

Sono molto più turbati del solito, con grande difficoltà riescono a stare più tempo fermi e concentrati sul lavoro. Li vedo insofferenti, preoccupati e con dei pensieri troppo pesanti da reggere per un bambino e una bambina. Questa situazione li sta trasformando, la pandemia, la Dad, la lontananza da persone care e amici sta creando vuoti che chissà se riusciremo mai a colmare. E lo fanno in silenzio, perché sono quelli che non hanno voce, che non possono parlare e che nessuno ascolta. Non votano, non pagano le tasse, non possono muovere istanze e, secondo molti, sono troppo piccoli per capire. E in questo limbo in cui vengono lasciati, tra il sapere e il non sapere, le preoccupazioni genitoriali e i tempi stretti, i giudizi e i videogiochi. Non sanno più dove andare, cosa guardare e chi seguire.

Nei mesi di Dad è aumentato esponenzialmente il loro tempo passato online tra pc, smartphone e videogames. Tempo che già prima, per loro nati nell’era super-connessa e mega-digitale, era prolungato. Tra una lezione e l’altra di Dad , in quelle pause di 15 o 30 minuti, si connettono a giocare, per poi spesso ritornare in lezione con la testa ancora nel gioco o arrabbiati perché qualcosa non è andata bene. Finite le lezioni di nuovo nel mondo virtuale. Che sia post Dad o post scuola in presenza, con molti sport non praticabili, palestre ancora chiuse e l’impossibilità di condurre una vita sociale normale, il loro unico modo di comunicare con amici e con il mondo intero è solo quello virtuale. Certo, non hanno tutti i torti e l’online non è in assoluto il male distruttivo. Tutto starebbe nel saperlo usare al meglio e nel dosaggio che se ne fa’. Ma loro non riescono, a ragion veduta vista a loro età e il non poter far altro, a controllare tempi e dosaggi. Lì possono parlare con i loro amici e le loro amiche, possono parlare con il mondo intero, possono essere guerrieri, eroi, impostori, principesse, calciatori, volare e fare acrobazie mirabolanti.

E’ uno degli effetti collaterali della Dad e dello stare chiusi, a cui forse, si da ancora troppo poco peso. Ho racconti diretti di bambini e bambine che si trasformano, diventano nervosi e violenti. Non sembrano più loro, non vogliono mangiare a tavola perché è tempo che si ruba alla possibilità di dar davanti a un monito di PC.

Da qualche tempo, anche nei momenti di pausa in giardino, li osservo che giocano ad “Among Us”, uno di questi giochi di ruolo online. Lì dove prima si divertivano a rincorrersi, saltare, raccontarsi storie, fare la campana, giocare a nascondino o tirare calci a un pallone, ora preferiscono trasformare il reale in virtuale attraverso i giochi online. Se da un lato posso pensare che sia un bene, perché quantomeno giocano insieme e si muovono, il fatto che si scelga di giocare riproponendo il virtuale mi lascia molti pensieri che mi toccano tanto e sui cui sto riflettendo e facendo delle ricerche in questi giorni.

Proprio nelle ultime settimane sono saltate agli onori della cronaca terribili notizie di ragazzini travolti dal virtuale fin a segnare per sempre le loro vite.

Qualcosa, ci sta sfuggendo di mano. Più di qualcosa. Osservare e tenere sotto controllo atteggiamenti e reazioni dei piccoli dovrebbe essere cosa prioritaria in questo momento. Per loro, per la scuola, le famiglie e tutta la società presente e futura.

In questo periodo ci sono state notevoli diatribe e scontri tra genitori “No Dad” e “Pro Dad”, se ne sono dette di tutti i colori e continuano a farlo. Ognuno avendo le proprie giuste ragioni ma senza mai ascoltare gli altri nel tentativo di trovare un punto d’incontro.

Ciò che mi auspico e sarebbe opportuno da ora in poi, è che tutti questi genitori, educatori e maestr* da qualsiasi parte siano, mettano lo stesso ardore, fervore e voglia di lottare per una scuola migliore che possa andare oltre il Covid-19.

La scuola non funzionava già prima tra carenze strutturali, materiali e di insegnamento. Era ed è “agonizzante” e senza basi solide da decenni ormai. Ma non mi sembra che nessuno si sia mai battuto con tutta questa forza per dare il giusto peso all’istruzione.

Che tutta questa energia dei “No Dad” e “Pro Dad” venga tenuta viva per chiedere a gran voce una scuola per tutti, migliore e funzionale ad ogni bambino e bambina. Che sia davvero dalla parte dei più piccoli e che non li trasformi in succubi di un sistema del tutto allo sbando.

Sogno che questa energia diventi “NoShitSchool” e “ProGoodSchool”, e che tutti possiamo lottare per rendere la scuola un posto vivo, attivo, divertente e che si metta in discussione accogliendo tutti con profonda attenzione, e prendendosi le colpe di chi non frequenta o non riesce a star bene.

Una scuola che sia città, aula aperta, mare, bosco e possibilità continua di crescita, condivisone e apprendimento.

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