Manager Culturale, le nuove frontiere nel panorama culturale

Manager Culturale: si tratta di un ruolo che combina aspetti umanistici e scientifici della conoscenza, che è in grado di operare un uso strategico delle risorse culturali. Un tipo di profilo poco presente nel settore pubblico (locale e nazionale). A partire dal 2015 con nota del 25/11 l’ANMC riceve l’impegno, da parte del MiBACT. Per l’ammissione dei Manager culturali nei bandi emessi dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Nel 2016 i primi bandi. 
(Fonte foto: Associazione Nazionale Manager Culturali.)

Negli anni, la figura del «manager culturale», ha acquisito sempre maggiore importanza. Invocata in nome di un’esigenza di gestione efficace come risposta alla diminuzione di risorse disponibili.  E’ ormai opinione diffusa che si tratti di una figura professionale fortemente qualificata. In più aree disciplinari. Relativa a diversi ambiti di gestione: dall’organizzazione al marketing, dalle relazioni istituzionali al fund raising, etc.

Eppure queste competenze, che attengono alla definizione tradizionale di manager, nell’ambito culturale da sole non garantiscono una gestione efficiente. Occorre una logica trasversale, di integrazione tra saperi umanistici e saperi tecnico-gestionali. Al momento, anche se le circostanze hanno avviato favorevoli cambiamenti, i profili dei dirigenti, preposti alle politiche culturali, non provengono da percorsi formativi mirati al management culturale.




Non a caso i direttori dei musei – nominati da MiBACT, nel 2015 in applicazione del Decreto Musei – non hanno esattamente un profilo di manager culturali. Sono storici dell’arte,  archeologi, museologi/managers culturali,  managers culturali tout court. Questa è una figura che in Europa da anni è serenamente associata al patrimonio culturale. Mentre in Italia c’è ancora qualche timore.

Chi è il manager culturale e quali sono i suoi compiti principali?

Il manager culturale è colui che opera un uso strategico delle risorse culturali per uno sviluppo integrato delle comunità. A livello locale, regionale e nazionale. Tra le plurime specializzazioni, che sussistono a livello dirigenziale, andrebbe segnalato anche il su detto ruolo. I compiti principali sono, nello specifico, la predisposizione di iniziative e progetti nel settore.

La valutazione delle dimensioni della domanda culturale, la ricerca ed il reperimento delle risorse per la realizzazione dei progetti. Con nuove capacità di mediazione culturale, gestionali, di attitudine al coordinamento e all’organizzazione.

In pratica dev’essere in grado di affrontare i diversi aspetti di natura economica, finanziaria, contabile, organizzativa. Giuridica e di marketing. Tutti aspetti che s’incontrano nella realizzazione di un evento socio-culturale. Dunque è necessario identificare e valorizzare figure professionali di mediazione, meta-management. In grado di relazionarsi in modo critico e sensibile a tutti gli aspetti del contesto.

Una possibile ed attuabile specializzazione nel settore, ad esempio, è rappresentata dalla figura dell’allestitore di mostre. Si occupa principalmente di curare la progettazione degli spazi espositivi. Partecipa o coordina le attività legate alla concreta realizzazione dell’iniziativa.

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L’Italia è fatta di tante piccole-medie imprese culturali e creative 

Nella società, come la nostra, è fondamentale diffondere il valore del patrimonio culturale a tutto il pubblico. E, la cultura prima ancora che divulgata, va gestita e valorizzata. Cultura e creatività sono, e si confermano, i pilastri del Made in Italy. Analizzando le filiere culturali e creative in Italia hanno un valore di circa 80 miliardi di euro. Si arriva a 277 miliardi di euro se valutiamo l’indotto partendo dal turismo.

Alcuni dati elaborati in piena crisi, nel periodo 2012-2014, dichiarano che le imprese che hanno investito in creatività hanno avuto un aumento del fatturato pari al 3,2%. Notizie confermate anche dai dati dell’occupazione. Le imprese del sistema produttivo culturale – industrie culturali, creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing art e arti visive – danno lavoro a 1,4 milioni di persone. Il 5,9% degli occupati in Italia. Se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit, diventano oltre 1,5 milioni. Il 6,3% del totale.

Sono presenti, in Italia, tante e piccole medie imprese culturali e creative che il più delle volte non hanno ne modo ne tempo di aggiornarsi. Quindi, l’importanza di formare giovani capaci di portare avanti queste attività nel nostro Paese assume un ruolo fondamentale. Per quanto riguarda le  istituzioni culturali private, il numero di enti di grandi dimensioni in grado di assorbire profili manageriali è assai ridotto. In rapporto a una molteplicità di organizzazioni culturali di medie e piccole dimensioni. Guidate da figure che ricoprono sia mansioni gestionali che artistiche.

Manager culturale nel panorama lavorativo

A partire dagli anni 90, in Italia si è assistito ad un proliferare di percorsi formativi. Mirati a coniugare, in maniera a volte un po’ rigida, concetti come management e marketing a quelli di arte e cultura. Eventi e patrimonio culturale. I primi corsi vengono avviati negli anni ’60 negli Stati Uniti. Nei decenni successivi, a seguito della riduzione dei finanziamenti per la cultura. Si assiste ad una diffusione in Europa.




Questo è quanto emerge da un quadro storico internazionale di Annick Schramme. Direttrice accademica del Master in Cultural Management dell’Università di Anversa. La rete europea ENCATC, dedicata allo sviluppo del management culturale e orientata a rafforzare la competitività dei settori culturali e creativi, viene fondata nel 1992. E’ una rete composta da istituti di formazione superiore, centri di formazione, organizzazioni artistiche culturali, enti pubblici, etc.

In Italia sono presenti 51 master in management culturale. Di cui 44 di primo livello o equipollenti, 7 secondo livello. 33,5 sono i master universitari realizzati da istituzioni AFAM e da altre realtà. Ad offrire maggiore offerta sono gli Atenei: Università Cattolica di Milano, seguita dalla Luiss di Roma e dall’Università Ca’ Foscari.

La buona notizie è che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, poco più di un anno fa, ha annunciato l’inserimento della figura del manager culturale all’interno di bandi pubblici. Ciò è stato possibile grazie all’impegno dell’Associazione Nazionale Manager Culturali. Un’interessante pubblicazione in merito è stata fatta da Franco Angeli. Nella collana «Pubblico, professioni e luoghi della cultura». La formazione al management culturale. Scenari, pratiche, nuove sfide. Il libro rappresenta una valida occasione per orientarsi nel variegato mondo di un’area fondamentale per lo sviluppo e l’innovazione dei settori della cultura e della creatività.

 

Felicia Bruscino

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