Man Ray, “Uomo Raggio“. Con questo pseudonimo è ancora oggi noto un grande ed eclettico artista vissuto a cavallo tra l’Ottocento ed il secolo scorso.
Emmanuel Rudzistsky – questo il suo vero nome – nacque negli Stati Uniti da genitori russi di origine ebraica. Cresciuto a New York, mostrò ben presto una forte vocazione per l’arte, che lo spinse a spaziare tra varie forme espressive, dalla grafica, alla pittura, alla scultura, fino a giungere alla fotografia.
Il suo percorso artistico-professionale iniziò lavorando come disegnatore e grafico, nel 1908. Fu in questo periodo che iniziò ad adoperare lo pseudonimo con cui sarebbe divenuto celebre, apponendolo sulle proprie opere.
Nel 1915 conobbe Marcel Duchamp – anch’egli oggi ricordato come un celeberrimo artista -, con cui strinse una grande amicizia. Nel 1916, assieme a Walter Arensberg, che li aveva presentati, i due fondarono la Society of Independent Artists.
Scopo di tale istituzione era tenere mostre annuali di artisti avanguardisti; chiunque poteva esporre le proprie opere nel corso di queste mostre col pagamento di una somma irrisoria. L’idea si rivelò sin da subito un grande successo: la Prima Esibizione Annuale poté vantare l’esposizione di oltre duemila opere d’arte.
Frattanto, il percorso artistico personale di Man Ray continuava: avvalendosi di un’aeropenna, un normale strumento di ritocco adoperato dai grafici, iniziò a realizzare aerografie. Inoltre, assieme a Duchamp, fondò la branca americana del Dadaismo; tuttavia, l’iniziativa non andò a buon fine.
Dopo la pubblicazione di un unico numero della rivista dedicata, “New York Dada“, i due si arresero e decisero di recarsi a Parigi, dove Duchamp presentò Man Ray i più influenti artisti dell’epoca, tra cui lo scrittore Philippe Soupault, il quale mostrò interesse per il talento di Man Ray e gli permise di esporre nella propria libreria la sua prima mostra, in cui l’artista americano espose anche “Cadeau“, una delle sue più celebri opere- un ferro da stiro in ghisa sul cui fondo l’artista aveva apposto dei chiodi.
È per la fotografia, però, che ricordiamo maggiormente Man Ray.
Il suo avvicinamento a questa forma espressiva, però, fu inizialmente del tutto casuale: infatti, egli acquistò la sua prima macchina fotografica per fotografare i suoi disegni e le sue creazioni grafiche. Fu durante il soggiorno in Francia che l’artista cominciò ad esser noto per le sue abilità di fotografo, divenendo celebre soprattutto come ritrattista. Tra i tanti artisti che posarono per lui, ci furono anche Jean Cocteau e James Joyce.
Nel 1922, ancora una volta casualmente, scoprì le cosiddette “rayographs“. Con questo nome, l’artista faceva riferimento ad immagini ottenuto appoggiando direttamente l’oggetto da fotografare sopra la carta fotografica. Il risultato finale era quello di un oggetto deformato, che spiccava fortemente su fondo nero, come se fosse sopraelevato rispetto ad esso. Inoltre, adoperò per primo in maniera sistematica la tecnica della solarizzazione (attraverso cui era possibile ottenere, sulle vecchie pellicole, un’inversione tonale).
Quando, nel 1924, viene ufficialmente fondato il Surrealismo, Man Ray diviene il suo primo esponente dedito alla fotografia e, come tale, partecipò, nell’anno successivo, alla prima mostra surrealista, cui partecipò anche Picasso. Nel frattempo, la fotografia era diventata per lui anche un lavoro: iniziò, infatti, a scattare anche per Vogue.
In questo periodo l’artista ebbe anche varie relazioni: una, piuttosto turbolenta, durata sei anni, con l’attrice Alice Prin, nota anche come Kiki de Montparnasse (che spesso posava per lui); con Lee Miller, anch’ella statunitense, sua amante ed assistente fotografica. Quest’ultima, oltre che posare per lui, talvolta lo sostituiva dietro la macchina fotografica, affinché lui si dedicasse alla pittura; questo, talvolta, rende difficile definire l’attribuzione di alcune opere.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, in considerazione delle sue origine ebraiche, Man Ray decise di tornare negli USA, dove si dedicò alla realizzazione di collage composti da dipinti e fotografie. Finito il conflitto mondiale, tornò nuovamente a Parigi, dove morì nel 1976. Sulla sua tomba, presso il cimitero di Montparnasse– luogo che egli considerava la sua casa– c’è scritto: “Non curante, ma non indifferente”.
Una mostra a lui dedicata, dal titolo “Man Ray- L’uomo infinito”, è attualmente in corso presso il castello di Conversano, in provincia di Bari, dove rimarrà aperta fino al 19 novembre.
Lidia Fontanella