Un imbarazzante teatrino quello che si è svolto durante la trasmissione Settimana Ventura, e che ha visto la Ventura bollare come opinione personale le violenze sugli animali filmate da Essere Animali.
Durante la messa in onda, la Sanipoli ha parlato di maltrattamenti negli allevamenti intensivi. L’inviata si trovava a Brescia, a 14 km dall’allevamento intensivo di ovini più grande d’Italia. Qui, circa 5000 animali tra agnelli, pecore e montoni, sono rinchiusi in capannoni di cemento, senza poter mai andare al pascolo. Un investigatore si è infiltrato nell’allevamento, filmando le violenze e mettendole in rete. Mentre elencava i soprusi, la giornalista è stata più volte interrotta da una indispettita Simona Ventura. Al suo fianco, c’era Katia Ricciarelli, che si è detta rattristata e ha rimproverato la giornalista di averla messa di cattivo umore.
Essere Animali non è nuova alle denunce di maltrattamenti negli allevamenti intensivi.
Dalle immagini girate nell’allevamento di Brescia si vedono ovini presi a calci e colpiti con tubi di ferro. Questi animali potrebbero vivere fino a 12 anni, ma per le condizioni negli allevamenti intensivi, la loro vita si riduce a 5-7 anni. Le pecore sono munte due volte al giorno e separate dai figli subito dopo il parto. Gli agnellini maschi sono macellati a 30 giorni di vita. Le femmine, invece, sono usate per la produzione di latte.
La prima cosa che mi ha detto il capo è stata: «mungi bene e veloce ma non troppo perché altrimenti si ammalano e bisogna somministrare loro antibiotici: si spreca tempo e denaro e se il loro livello di produzione non è più economico, non mi servono più a nulla. Devono andare al macello. Io non ho né tempo né soldi da buttare via. Ricordatelo».
Allevamenti intensivi, un sistema di produzione sbagliato all’origine
Oltre alla questione dei maltrattamenti negli allevamenti intensivi, gli studi hanno evidenziato il loro impatto negativo sul pianeta. Alcune ricerche hanno stimato che la metà della superficie agricola del mondo è destinata all’allevamento. Visto l’aumento della popolazione e della domanda di carne, ci sarà bisogno di altri terreni agricoli. Questo porterà alla distruzione di habitat naturali e alla riduzione della fauna selvatica. Secondo la FAO, gli allevamenti intensivi producono il 18% di emissioni di gas serra, superando il settore dei trasporti. Inoltre, essi rappresentano un rischio per la salute, per via del largo impiego di antibiotici e della scarsa igiene.
Più del 75 % dei polli in Europa soffrono di infezioni da Campylobacter, una causa comune di intossicazione alimentare.
Alla luce dei dati di fatto, la questione dei maltrattamenti negli allevamenti intensivi non può e non deve essere ridotta a parere personale.
Di fronte a chi rifugge le ingiustizie per paura del cattivo umore, prendere coscienza di quanto ci accade intorno è un dovere morale. Allora, l’invito non è più quello di non guardare i filmati che testimoniano i maltrattamenti negli allevamenti intensivi, perché potrebbero urtare la nostra sensibilità. Al contrario, nel farlo, potremo sperare di recuperare parte di quella sensibilità e di quell’empatia che abbiamo perso.
Laura Bellucci