Maltrattamenti nel carcere minorile Cesare Beccaria

carcere minorile Cesare Beccaria Santa Maria Capua Vetere

Tredici agenti della Polizia Penitenziaria sono stati arrestati per maltrattamenti e torture nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Le indagini, coordinate dalla Procura, hanno fatto emergere un quadro di sconcertante brutalità: i ragazzi venivano ammanettati, picchiati e sottoposti a simulacri di soffocamento. Oltre agli arresti, la sospensione è stata emessa per altri otto agenti. Le accuse contestano maltrattamenti, torture e persino violenza sessuale. I sindacati della Polizia Penitenziaria hanno preso le distanze dai comportamenti incriminati, definendo gli agenti arrestati come “mele marce” da isolare e punire. L’episodio ha sollevato interrogativi sull’intero sistema penitenziario minorile, con la richiesta di una revisione profonda delle procedure e di un maggiore controllo. Al centro della vicenda ci sono i giovani detenuti, vittime di abusi che hanno minato la loro già fragile esistenza.

Sgomenti e increduli i sindacati: “Mele Marce” da isolare

Un’ondata di sgomento e incredulità ha travolto il mondo sindacale della Polizia Penitenziaria con l’arresto di tredici agenti accusati di maltrattamenti e torture nei confronti dei giovani detenuti nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. L’operazione, condotta all’alba di lunedì 22 aprile, ha portato alla luce una realtà agghiacciante: quella di abusi e violenze sistematiche perpetrate all’interno di un istituto deputato al recupero e alla rieducazione dei minori.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Milano, hanno fatto emergere un quadro di sconcertante brutalità. I ragazzi, alcuni dei quali con gravi disabilità, venivano ammanettati e picchiati con bastoni e sacchi di sabbia, persino sottoposti a simulacri di soffocamento con acqua. Le violenze, stando alle accuse, si protraevano da tempo, configurando un vero e proprio clima di terrore all’interno del carcere.

Oltre agli arresti, la misura della sospensione dall’esercizio delle funzioni è stata emessa per altri otto agenti. Le accuse, a vario titolo, contestano maltrattamenti, torture e persino violenza sessuale. Un quadro agghiacciante che ha spinto il Procuratore di Milano, Marcello Viola, a parlare di “gravi reati” e di “condotte inumane”.

I sindacati condannano le “Mele Marce”

Durissima la reazione dei sindacati della Polizia Penitenziaria, che hanno preso nettamente le distanze dai comportamenti incriminati. “Sgomenti e increduli” di fronte a quanto emerso, hanno definito gli agenti arrestati come “mele marce” da isolare e punire con la massima severità.

“Le condotte contestate sono gravissime e inaccettabili – ha dichiarato Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria Sappe – e offendono l’intero corpo della Polizia Penitenziaria. Non ci sono giustificazioni per tali atti di violenza, che devono essere punite con la massima severità”.

Un sistema da rivedere?

L’episodio del Cesare Beccaria ha sollevato interrogativi sull’intero sistema penitenziario minorile, con la richiesta di una revisione profonda delle procedure e di un maggiore controllo sulle attività all’interno degli istituti.

“È necessario fare chiarezza e accertare le responsabilità – ha commentato il Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti, Mauro Palma – ma è anche fondamentale avviare una riflessione complessiva sul sistema penitenziario minorile, per garantire che tali violenze non si ripetano più”.

Un dovere di giustizia per le vittime

Al centro di questa vicenda ci sono i giovani detenuti, vittime di abusi e soprusi che hanno minato la loro già fragile esistenza. Ora, oltre all’accertamento delle responsabilità penali, sarà fondamentale garantire loro un adeguato supporto psicologico e accompagnare il loro percorso di recupero e reinserimento sociale.

L’episodio del Cesare Beccaria rappresenta una ferita profonda per il sistema di giustizia italiano. Un monito a non abbassare mai la guardia e ad operare con rigore e intransigenza per garantire i diritti e la dignità di ogni persona, anche all’interno delle mura carcerarie. Solo così si potrà fare giustizia per le vittime e restituire loro la speranza di un futuro migliore. Speranza che non deve mai morire, nemmeno per loro.

Patricia Iori

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