Non esistono malattie meno importanti di altre. Esattamente come non esiste un dolore meno importante di un altro.
Non ce ne accorgiamo, siamo troppo impegnati dalla quotidianità delle nostre fragili esistenze, scandite dal ticchettio doloroso di un orologio da polso. Magari un Rolex ultimo modello, con tanto di svarovski incastonati. Non ce ne accorgiamo perché viviamo in una società che ci impone la perfezione, ci impone di dare costantemente il massimo in ogni mansione, come dei robot di ultima generazione. L’importante è sempre comunque l’apparenza, quello che ne è celato dietro, rimane molto spesso nell’ombra, schiacciato dal peso della bellezza.
Vi siete mai chiesti quanto diamo importanza alla bellezza?
Ci sono cose nella vita che ci tolgono il sorriso, avvenimenti spiacevoli che ci ripuliscono nel profondo, rubandoci la voglia di vivere, la bellezza, e, a poco a poco, la vita stessa.
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Vi parlo, ancora una volta, di malattia. Di malattie rare, sconosciute, per le quali non esistono cure, speranze e dignità. Sono malattie che la bellezza te la rubano, senza chiedere il permesso, invadendo il tuo essere, la tua persona, il tuo corpo, rubandoti tutto, in così breve tempo; spegnendoti dentro.
E noi molto spesso non ce ne accorgiamo, perché siamo presi dalla nostra quotidianità, dalle piccole cose, una connessione che non va, una lite con il fidanzato, il lavoro che non si trova…
Questo è quello che è successo a me, questo è esattamente quello che voglio raccontarvi, in questo articolo, che tanto articolo non è.
Voglio parlarvi della Sindrome di Marfan, una malattia rara di difficile diagnosi, come tante altre, ma alla quale tengo particolarmente. Esistono malattie al mondo che non si vedono, vivono nell’ombra, e restano celate dalla bellezza apparente. Questo è quanto è successo ad una ragazza a cui sono particolarmente legata, una donna di una bellezza e semplicità disarmante, che si ritrova a lottare giorno dopo giorno, con una malattia devastante, armandosi fino ai denti di pazienza, speranza, forza, annegando la sua anima lacerata dall’ignoranza generale.
La sindrome di Marfan è una malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, ovvero quel tessuto che fa da impalcatura al nostro organismo. Il termine sindrome si riferisce al fatto che tale malattia comporta una serie di segnali e modificazioni fisiche, che dovrebbero permettere a medici competenti di riconoscerne la presenza. Ad oggi sappiamo che purtroppo non sempre è così.
E’ importante, tuttavia, nella comprensione della natura e delle cause di una sindrome, riuscire a prevedere il corso negli individui colpiti, ed individuarne le corrette forme di trattamento.
E’ una malattia ereditaria perché vede le sue fondamenta in un errore genetico, una mutazione. Il tessuto connettivo, è importante ribadirlo, svolge una funzione fondamentale nel nostro organismo; è considerato come un tessuto di supporto degli organi, e del corpo in generale. Alcune componenti del tessuto connettivo si comportano come un collante, altre come impalcatura, ed altri permettono l’espansione e la contrazione elastica.
La sindrome di Marfan viene considerata una malattia ereditaria a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da un’anomala produzione di Fibrillina 1, la proteina che costituisce le microfibrille delle fibre elastiche, presenti insieme alle fibre collagene nel tessuto connettivo.
Il tessuto connettivo elastico, in particolare, è costituito quasi interamente da fibre elastiche, ed è presente in maggiore concentrazione nei legamenti sospensori del cristallino, nelle pareti dei grandi vasi, nelle vie aeree, nei legamenti paravertebrali. Tali strutture, grazie alla prevalente concentrazione di fibre elastiche, sono in grado di modificare per esigenze funzionali la loro conformazione, e di ritornare allo stato iniziale al termine della loro funzione.
In parole più semplici, grazie al sostegno del nostro tessuto connettivo, siamo in grado di svolgere determinate funzioni apparentemente elementari, senza comprometterne la funzionalità. Un esempio banale e di facile comprensione può essere il pizzicotto che spesso facciamo al visino di un bambino; senza la fondamentale caratteristica di sostegno del nostro tessuto, probabilmente vedremmo la sua pelle dilatarsi innaturalmente. I segni e i sintomi della sindrome di Marfan sono per tanto una conseguenza della perdita di configurazione e di integrità di questo complesso proteico.
Non è necessario andare troppo lontano per toccare dal vivo ciò che comporta la malattia di Marfan. Esistono delle caratteristiche comuni alle persone affette da tale sindrome, che riguardano principalmente peculiarità scheletriche, ossa, legamenti, dolori di vario tipo e mal di testa ricorrenti. Un individuo malato sarà alto, magro, e dalle articolazioni sciolte e flessibili.
Può succedere di provare dolori incomprensibili e laceranti e, nel caso in cui la malattia non venga riconosciuta immediatamente, essendo di difficile diagnosi, trascorrere ore ed ore a fissare il soffitto, nell’oscurità della propria camera, sentendosi posseduti da un male maggiore, che ci lacera dentro.
Questo è quanto successo ad una persona a me molto cara, a cui è stata diagnosticata la malattia di Marfan, all’età di 28 anni. Dopo averne trascorsi quasi 30 nella totale ignoranza di avere una patologia simile, si è ritrovata a dover stravolgere completamente la sua esistenza; si è sentita persa, è stata costretta a lasciare il lavoro, e ad accettare il fatto di non poter fare alcuno sforzo, per non rischiare un’emorragia. Si legge ovunque che la malattia di Marfan colpisce prevalentemente occhi, sistema muscolo scheletrico, e il sistema vascolare. Ma se consideriamo il fatto che ogni organo è costituito da tessuto connettivo, possiamo facilmente intuire come la sindrome di Marfan possa idealmente distruggere ed interferire pesantemente con la crescita e la funzionalità di ogni sede anatomica. Il carattere più grave è di certo riscontrabile nella dilatazione dell’aorta, che se raggiunge un livello di 50 mm rischia di lesionarsi definitivamente, portando anche alla morte.
Succede spesso, accade sotto i nostri occhi e neanche ce ne accorgiamo. Viviamo in un mondo dove la bellezza pesa come un macigno nella coscienza delle nostre fragili esistenze. Siamo circondati dal bello ovunque. La bellezza è diventata un fattore oggettivo, e di primaria importanza.
Quanto pesa, quindi, la vita di una ragazza dotata di un fascino indescrivibile, che scopre di avere una malattia rara, che in maniera subdola e meschina le succhierà via ogni forza vitale?
Cosa possiamo chiedere al mondo se non di conoscere, di osservare, di sapere che queste realtà esistono, e incrociano la nostra quotidianità ogni giorno?
Cosa possiamo chiedere al mondo se non di smettere di ignorare, di lacerare il velo dell’indifferenza.
Chiedo al mondo di conoscere, di nutrire la propria anima di umiltà, e di un briciolo di comprensione.
Perché la ricerca va sostenuta, e le malattie rare non possono e non devono rappresentare una condanna a morte.