La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa irreversibile che distrugge progressivamente la memoria e le capacità di pensiero.
I sintomi si sviluppano lentamente e peggiorano nel tempo, diventando abbastanza gravi da interferire con le normali attività quotidiane. Il più grande fattore di rischio è l’aumento di età e la maggior parte delle persone affette hanno dai 65 anni in su. Attualmente non esiste una cura. Sono disponibili alcuni trattamenti che rallentano il peggioramento dei sintomi. Diagnosticare la malattia di Alzheimer in tempo è molto importante, ma non c’è un test specifico. Si arriva alla diagnosi dopo attenta anamnesi che valuta le condizioni fisiche e mentali del paziente e il suo comportamento. Possono essere effettuati anche degli esami strumentali, quali risonanza magnetica, TAC, SPECT e PET.
Sviluppare test diagnostici specifici e rapidi è fondamentale
La ricerca è sulla buona strada per lo sviluppo di test diagnostici specifici.
Uno studio del 2016 ha dimostrato che la proteina tau svolge un ruolo chiave per monitorare il declino cognitivo di una persona. Mediante tecnologia imaging con scansione PET, è stato osservato che la tau si accumula nel cervello parallelamento alla progressione della malattia di Alzheimer. Si sa anche che alcune forme della proteina dal cervello finiscono nel flusso sanguigno. Il problema principale è che la proteina circolante si degrada troppo rapidamente per consentire ad un esame del sangue di monitorare ciò che sta accadendo nel cervello di una persona.
Due anni fa, il lavoro di ricerca di Jeffrey Dage ha fornito una possibile soluzione: un semplice test che misura i livelli ematici di una forma leggermente diversa della proteina chiamata pTau181.
Recentemente Adam Boxer e il suo team di ricerca del Department of Neurologist dell’University of California San Francisco hanno continuato a seguire questa linea. Nello studio pubblicato su Nature Medicine a marzo 2020 hanno misurato i livelli di pTau181 in campioni di sangue di 362 persone di età compresa tra 58 e 70 anni. Questi campioni includevano 56 persone con diagnosi di Alzheimer, 47 con compromissioni cognitive lievi e 69 controlli sani. Sono state incluse altre 190 persone con diagnosi di degenerazione lobare frontotemporale (DLFT), una forma rara di demenza che causa un graduale declino del comportamento, del linguaggio e del movimento, sintomi spesso correlati con accumulo di tau nel cervello.
Cosa si è scoperto?
Dai risultati ottenuti è emerso che i livelli di pTau181 erano circa 3,5 volte più alti nel sangue di persone affette da Alzheimer rispetto agli individui sani. Anche quelli con lieve deficit cognitivo hanno mostrato un aumento intermedio dei livelli ematici di pTau181.
Le persone con DLFT avevano livelli ematici normali di tale proteina. Di conseguenza, questo l’esame del sangue potrebbe essere utile per discriminare in modo affidabile la malattia di Alzheimer dalla degenerazione lobare frontotemporale. Ciò è importante perchè, sebbene la DLFT sia una condizione relativamente rara, i suoi sintomi sono simili a quelli dell’Alzheimer nelle persone di età inferiore ai 65 anni. Spesso è difficile distinguere le due patologie.
C’è ancora molto lavoro da fare prima che questo nuovo esame del sangue sia pronto per essere distribuito ai laboratori. I risultati sono promettenti e in futuro il test potrebbe contribuire a semplificare la diagnosi di questa condizione devastante che attualmente colpisce ancora molte persone.
Lisa Frisco