Di Iacopo Melio
C’è un’Italia devastata dalla paura e dal dolore, c’è un problema serio e concreto che ci sta avvolgendo, c’è la vita di ognuno e dei nostri cari in gioco. Ma c’è anche un Paese forte e resistente, armato di speranza e di buon senso contro il Coronavirus. E ci sono persone in prima fila, instancabili, pronte a combattere per contrastare tutto questo.
Ci sono gesti istintivi ma sconvolgenti, scomodi come quella stronza della vita che, nonostante i colpi bassi, decidi ancora una volta di provare ad addomesticare con una lezione incredibile. Così ha fatto Piero Floreno, 57enne di Nichelino (Torino) malato di SLA bulbare da oltre dieci anni, una forma estremamente aggressiva che gli rende obbligatorio l’utilizzo dei respiratori meccanici. Eppure, nonostante l’estremo bisogno, Piero ha trovato il coraggio di aiutare gli altri arrivando a sacrificare se stesso.
Lo ha comunicato alla moglie Antonella Faggian qualche mattina fa, attraverso il proprio lettore oculare che gli permette di avere un contatto con chi gli vuol bene:
“Visto che un respiratore lo teniamo di riserva, può aiutare subito una persona che ha contratto il Coronavirus. E se l’emergenza finisce entro due o tre mesi, poi ce lo riportano”, le ha scritto il marito.
Una scelta non facile dato che, se il suo respiratore principale si guastasse per un qualunque imprevisto, Piero rischierebbe la vita in pochi secondi. Per questo, al momento, non è possibile che il suo invito possa trovare un’effettiva realizzazione dato che la legge non lo prevede (una persona con SLA deve infatti avere per forza due macchinari a disposizione, da alternare). Ma il suo spunto, oltre ad aver dimostrato a tutti come si possa sempre fare qualcosa per chi ha bisogno (al limite della propria vita), ha dato inizio anche a della concretezza con la sua Bella Storia fatta di volontà.
“Lui è sempre stato questo.” racconta la moglie riferendosi a Piero. “Una persona di una generosità infinita, che cerca di fare anche cose molto complicate da attuare. Ammetto che quando mi ha detto cosa voleva fare ho provato una certa ansia, è una persona combattiva: ha voluto aspettare fino all’ultimo prima di accettare l’intervento che lo ha portato a dipendere dal ventilatore.”
Per questo, consapevole di cosa sia la sofferenza, Pietro vorrebbe non restare a guardare all’idea che altre persone possano soffrire. E allora ne è nata una raccolta fondi tra vicini di casa, che grazie al passaparola si sta espandendo sempre di più, con l’obiettivo di acquistare un macchinario nuovo. L’ennesimo passo avanti, speriamo raggiungibile presto, di una società umana e resiliente.