L’attivista Malala Yousafzai, vincitrice del premio Nobel per la pace, ha paragonato la situazione delle donne in Afghanistan alle condizioni dei neri durante l’apartheid.
Malala Yousafzai è un’attivista pakistana che, nonostante la sua giovane età, ha vinto il premio Nobel per la pace. Fin da quando era bambina, pur abitando in Pakistan, ha potuto avere una grande consapevolezza riguardo alla situazione delle donne grazie alla sua famiglia. Malala nasce, infatti, da genitori colti che, con l’aiuto e l’approvazione dei nonni, hanno sempre sostenuto la giovane.
In Pakistan le relazioni sociali sono patriarcali, le donne non possono né lavorare né studiare. Dalle più piccole alle più adulte, nessuna ha la possibilità di spostarsi liberamente se non sotto la stretta sorveglianza di un uomo. Tali discriminazioni di genere non risparmiano nemmeno le bambine. La nascita di una figlia femmina viene considerata un peso e ne conseguono aborti selettivi e omicidi di neonate. Malala ha messo in luce non soltanto la difesa delle donne pakistane dalle discriminazioni, ma anche l’importanza dei diritti dei bambini troppo spesso trascurati.
Il premio Nobel, assegnato alla giovane nel 2011, è da ricondurre in particolare al suo impegno per permettere alle bambine pakistane di poter studiare. Nel 2012 i talebani avevano preso il controllo anche di Mingora, città di Malala da sempre molto florida e ricca di risorse. La giovane si stava recando a scuola con l’autobus quando un gruppo di talebani hanno fatto irruzione chiedendo di lei. Dopo averla individuata gli aggressori hanno sparato ripetutamente nella sua direzione colpendola in testa. L’attivista è sopravvissuta al colpo e oggi, a 26 anni, continua a sensibilizzare sul tema delle discriminazioni di genere con ancora più forza.
Di recente Malala ha paragonato le rigide regole imposte dai talebani nei confronti delle donne in Afghanistan, al trattamento che le persone nere subivano durante l’apartheid. La dichiarazione è avvenuta durante una conferenza in Sudafrica organizzata dalla fondazione Nelson Mandela. Quelle che denuncia Malala sono restrizioni che minano le basi dei diritti umani e impediscono alle donne di esercitare diritti che dovrebbero essere basilari. In Afghanistan una donna non può nemmeno recarsi in un parco e anche prendere una boccata d’aria diventa reato.
In Afghanistan i talebani impediscono alle donne di poter accedere alle proprie occupazioni lavorative, in particolare per quanto riguarda le agenzie umanitarie. Tutti i saloni di bellezza sono stati chiusi e alle donne è stato imposto il divieto quasi totale di uscire dalla propria abitazione. I talebani hanno limitato qualsiasi spostamento presso luoghi pubblici, imponendo alle donne la presenza costante di un uomo.
Malala è diventata il simbolo della forza femminile e usa tutto il suo potere per poter aiutare le donne a combattere le discriminazioni. Non si è lasciata fermare nemmeno da un colpo di pistola e ora lotta per rafforzare i diritti di tutte le bambine che un domani dovranno fare i conti con una società estremamente patriarcale, sperando sempre di lasciare loro un futuro migliore.