Navi soccorso che diventano Taxi per migranti nel Mediterraneo. A sostenere la tesi il più giovane vice presidente della storia della Camera dei Deputati: Luigi Di Maio.
Nell’Italia dei processi mediatici e dell’onere della prova d’innocenza, un rappresentante del potere legislativo è riuscito nel silenzio generale ad arrivare là dove nemmeno Erdogan o Putin si erano spinti: ha usurpato il potere giudiziario e l’ha sostituito con la propria figura, emanando una inappellabile e personalissima sentenza definitiva: la colpevolezza delle Ong impegnate nelle difficilissime acque del Mediterraneo.
Ciò che differenzia una democrazia da una dittatura o da una monarchia umorale è, in buona sostanza, l’inviolabilità dell’individuo, anche in un processo che lo dovesse vedere imputato per un reato in cui le prove risultino evidenti e schiaccianti. Anche di fronte ad una palese colpevolezza chi è alla sbarra di un potere democratico avrà sempre diritto ad una difesa e ad un legittimo e completo processo. In tre gradi di giudizio nel nostro paese.
Il giovane Di Maio, invece, ha citato (male) due rapporti interni di Frontex e un’indagine conoscitiva della Procura di Catania in cui, al momento, non ci sono né indagati né ipotesi di reato. Semplici nodi da chiarire.
Sia chiaro, nessuna apologia cieca delle Ong: chiunque sia toccato anche dal più remoto dei sospetti dovrebbe essere riportato ad uno stato di chiarezza e limpidità. Diverso è se la presunzione di innocenza e il rispetto delle prerogative di giudici e magistrati vengono sorpassati dalla sola fame di bassissimo consenso elettorale. Peggio se sulla pelle dei più deboli.
Dossieraggi e pubbliche condanne sono strumenti a volte più efficaci dell’inflessibile decisione della legge. Mentre i primi possono rovinare l’immagine e la reputazione in poco tempo e spesso in maniera irreversibile, la seconda richiede analisi, ripensamenti e a volte scelte difficili. Passaggi lenti che poco si sposano con l’immediatezza e la semplicità della dialettica politica. Meglio un urlo, meglio se facilmente riconoscibile.
Chi paga il taxi del Mediterraneo?
Il Movimento 5 Stelle ha, purtroppo, scelto ancora una volta di imboccare la strada semplice, quella che serve su un piatto d’argento la vittima sacrificale di cui il popolo vuole nutrirsi. La gogna funziona, porta consensi, è virale. La ricetta ideale per intercettare quell’elettorato rabbioso, intollerante, volutamente ignorante e facilmente raggirabile. Nell’Europa della xenofobia e dell’intolleranza, a quanto pare, la casta non è più sufficiente.
Ciò che forse in molti dimenticano, e che non è per niente edificante in un paese democratico, è che una retorica d’accusa non ha mai portato lontano. Mai. L’accusa estremizza il dibattito, lo rende bianco e nero, divide i puri dai peccatori. Puntare il dito senza guardarsi alle spalle ha causato il crollo di diversi movimenti della Prima e della Seconda Repubblica, di affermati leader.
In molti non hanno preso appunti, disimparando la lezione: chi di gogna ferisce, di gogna, prima o dopo, perisce.