Mafiacapitale non è un romanzo criminale

Mafiacapitale indietro tutta? La sentenza del 20 luglio, che ha inflitto numerose condanne per corruzione e associazione a delinquere semplice – ma ha escluso la “mafiosità” del sistema criminale in essere a Roma – è stata accolta con sollievo malcelato, e a volte con giubilo, da una grossa parte della classe politica e dei poteri amministrativo-economici.



Mafiacapitale
Massimo Carminati il villain di Mafiacapitale in versione fumetto degno eroe di una Gotham City alla cacio e pepe

Dalle dichiarazioni di numerosi esponenti dei partiti sia cittadini che a livello nazionale, e da alcuni commenti che campeggiano su differenti testate a stampa – per non dire del Tg1 – sembra che sia stato tutto derubricato a “marachella”.
Un po’ come per i ragazzini che si sono improvvisati piromani qua e là nel fu Belpaese, e che una volta presi in flagrante si sono discolpati dicendo “è stata una bravata”.
Politici e cittadini comuni insomma confermano l’antico adagio per cui in definitiva “ogni popolo si tiene i politici che si merita” ?

Può darsi, ma accontentarsi di un adagio moralista non farebbe altro che compiacere i gentiluomini che si sono – è questa la realtà vera – meritati nel complesso 287 anni di carcere.
La procura, certo, ne aveva chiesti 515.
Ma forse il punto notevole non è che ne siano stati inflitti di meno di quanto richiesto ai vari esponenti del sedicente “mondo di mezzo” (Buzzi e Carminati in primis)alla base di Mafiacapitale.
Piuttosto, che dai giudici ne siano stati distribuiti più di quanto chiesto dall’accusa agli esponenti politico-amministrativi (con alcune eccezioni).

Mafiacapitale avanti tutta senza ostacoli

Il senso della decisione assunta dal collegio giudicante è : il “mondo di sotto” (la bassa criminalità di strada, violenta e barbara) non ha avuto bisogno di particolari aiuti per giungere in contatto con il “mondo di sopra” (politici, amministratori, imprenditori : la “gente perbene”) e tantomeno ha avuto bisogno di intimidazioni e violenze per stringere accordi e disegnare reti d’affari.
E se non c’è violenza, non c’è mafia. Nessuna Mafiacapitale, punto.
Sembra una canzone di Bennato : se non c’è violenza, se non c’è intimidazione, che mafia è…?
In realtà, violenze e intimidazioni ci sono state eccome, nella costruzione del sistema della cosiddetta Mafiacapitale – ma certo non è stato questo il metodo prevalente nella gestione degli affari loschi da parte di Buzzi e Carminati.

In definitiva la classe politica, in diverse sue articolazioni, ha dimostrato di non vedere l’ora di entrare in contatto con i personaggi che hanno riempito le nostre cronache – coll’aggiunta del pittoresco fenomeno costituito dalla rievocazione dei trascorsi picareschi e delle mille vite der Nero, der Freddo, der Buzzi e compagnia.

Ma non è la favola del Gatto e della Volpe – per rimanere nel canzoniere cinico e veridico di Bennato.
Una penetrazione e una diffusione così rapida e massiccia di “geni mafiosi” nel tessuto sociopolitico della capitale si spiega soltanto se si prende atto che questo tessuto era ed è predisposto a una simile degenerazione.

Corruzione e criminalità

D’altronde, come ha sostenuto il capo della Polizia, Gabrielli, anche una certa corruzione è “mafiosità”.
Se ci sono giri di soldi, mazzette, appalti e favori assortiti – mentre mancano, e meno male, i cadaveri nelle strade – questo dimostra appunto semplicemente la forza e la solidità della rete mafiosa.
La totale mancanze di quegli anticorpi di cui parlava due anni fa Raffaele Cantone, procuratore anticorruzione nazionale.
E di cui ha ribadito l’assenza anche il magistrato Sabella, già assessore impegnato nella giunta commissariale fino all’anno scorso.

Si pensi ad un’altra notizia che ha caratterizzato questa settimana all’insegna del motto “capitale corrotta, nazione infetta”.

Risulta che il 36% dei dirigenti di Romacapitale siano sotto inchiesta.

Per ipotesi di reato le più diverse, d’accordo: ma non è quello il problema.

Il problema è che la stragrande maggooranza di tali dirigenti sotto inchiesta non occupa la propria posizione a seguito di concorso, ma per chiamata diretta: sono dirigenti di fiducia dei politici al governo, o si quelli che lo sono stati in precedenti consiliature.

Tutto regolare: ma ci si deve domandare se sia normale, o meglio se non sia logica che una amministrazione legata a doppio giro alla politica poi non perda la propria fuzniona di garante del diritto nei confronti del potere – trasformandosi in complice del potere medesimo.

E non sarebbe, questa, mafia?

Quanti lavorano, a Roma, in aziende municipalizzate o parastatali, assunti senza un regolare concorso?

Capitalismo di relazioni, clientelismo…parole che designano quella mafia senza sangue che è pur sempre mafia.

E poi, come è noto, la mafia è più forte, proprio quando non ha nemmeno bisogno di sparare, per comandare.

Il clientelismo ha preso il sopravvento sul diritto e sulla giustizia : e la mentalità da clan mafiosa, e la mentalità da clan clientelare, non hanno una radice comune nella visione per cui la res publica…è di chi se la prende?

Il fatto è che la corruzione, mafiosa o meno, non è una eccezione : è la nota dominante del sistema.

Corrompere, a Roma, è quasi più semplice che amministrare onestamente.

Romacapitale e Mafiacapitale sono (erano?) diventati dei sinonimi : New Gotham City sotto il Colosseo.
E l’unico imbarazzo che si prova ad affermarlo, si trova nel fatto che questo discorso è diventato un alibi per la attuale giunta grillina – apparentemente in preda alla paralisi.
Una paralisi giustificata con la difficoltà a riavviare il motore di una macchina (amministrativa) cui è stato tolto il doping del debito, degli appalti truccati e dei favori agli amici degli amici.
La corruzione, e la stessa laschezza morale, diventate senso comune, sono tutt’uno con la mafiosità – non sono il frutto della mafiosità altrimenti introvabile, ma sono la condizione che consente alla stesa mafiosità di esistere.
Se il mondo di sotto vive e prospera, è solo grazie al mondo di sopra : ed è una caratteristica di tutte le mafie nella storia.
Parassiti abbarbicati a organismi malati.

Mondi vicinissimi

Il punto è che in effetti, quella che è stato epicizzato, e che invece forse non esiste, è il “mondo di mezzo”.
Il tramite fra criminali rispettabili (colletti bianhi corotti) e bande di strada.
Il mondo di mezzo non esiste : perché non serve.
Anche qui, la regola che domina il mondo di oggi – la scomparsa degli intermediari in quasi ogni settore civile e d economico – si dimostra valida.
Non servono più giornalisti, a mediare fra la realtà e i lettori.
Né i critici gastronomici, fra risotoranti e avventori.
O tassisti, magari, fra la strada e il viaggiatore.
E non servono più neanche certi faccendieri : a mediare fra politici e banditi.

Politica e criminalità

Impercettibilmente, o quasi, nel corso degli anni la politica è svanita, ed è stata soppiantata da qualcos’altro.
I politici di oggi, sono quasi sempre dei meri faccendieri : e non hanno bisogno di nessuno, per collegarsi coi Buzzi e i Carminati.
Il clientelismo generalizzato, il libero mercato dei favori e delle mazzette, è stato lo scenario e la chiave per questo risultato.

La politica è in crisi, nel suo ruolo essenziale di sfera della vita collettiva in cui le persone e gli interessi si riconoscono e cercano una maniera per convivere – l’opposto della politica è la guerra (e la criminalità organizzata una via di mezzo).

Negli anni passati, gli assetti sociali erano chiari: i conservatori coi borghesi, gli imprenditori e i professionisti; le sinistre coi dipendenti, i proletari, i giovani.
Il dissolversi di questo assetto, ha condotto la politica a trasformarsi in una pura e semplice lotta per il potere: funzionale a sé stesso e al denaro.
Una politica autoreferenziale, che si specchia in sé stessa e si vende al miglior offerente.
Fino al punto che le cose si sono addirittura rovesciate: era Buzzi che trovava i fondi, e i voti, e i posti di lavoro e i favori, per i polticanti che erano al suo, di servizio.
Ma poi: chi ha avuto la carriera più lunga? Carminati, sulla breccia da 40 anni, o i consiglieri comunali e parlamentari al suo servizio, e che lo chiamavano “Capo” ?

Buio capitale

La verità terribile che emerge proprio dalla controversa sentenza del processo Mafiacapitale è quindi questa: se c’erano un Mondo di sopra e un Mondo di sotto, il Mondo di sopra era quello dei pirati che “si sono fatti da soli” nel fango e nel sangue – i Buzzi, i Carminati.
Il Mondo di sotto, è quello dei politici : parassiti e comodo schermo dei veri signori della città.

ALESSIO ESPOSITO

Exit mobile version