Maxi operazione di polizia nell’ambito degli affari illeciti nel mondo del pallone. 19 capi ultras di Inter e Milan sono stati arrestati dalle forze dell’ordine con le accuse di associazione a delinquere, anche a stampo mafioso, estorsione e lesioni. Le due tifoserie avevano stretto un patto per dividersi i profitti intorno allo stadio insieme alla ‘Ndrangheta. La Curva Nord e la Sud al momento sono allo sbando e senza capi.
Ultras milanesi e ‘Ndrangheta
Degli legami poco inerenti al calcio intrattenuti dalla Curva Nord Milano, il gruppo di ultras dell’Inter, ne avevamo parlato non molto tempo fa. Ieri è arrivata la conferma, se mai non fosse bastata l’uccisione di Antonio Bellocco da parte di uno dei capi della Curva quasi un mese fa, che questi legami con l’Ndrangheta esistono davvero e che nel giro d’affari è compresa un’altra tifoseria: i milanisti della Curva Sud.
Alle prime luci di lunedì 30 settembre le forze dell’ordine hanno infatti arrestato 19 persone appartenenti ai due gruppi ultras milanesi, nell’ambito di un’indagine che ipotizza associazione a delinquere, anche a stampo mafioso, estorsione e lesioni. Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla DDA di Milano ci sono gli affari collegati allo stadio, cioè biglietti, parcheggi, merchandising, i cui profitti sarebbero stati divisi tra le due Curve (tra le quali vige un “patto di non belligeranza” che serviva a massimizzare i profitti).
Dei 19 arrestati 16 sono in carcere e 3 ai domiciliari. In manette sono finiti quasi tutti i componenti dei direttivi della Nord e della Sud, lasciando di fatto decapitati i due gruppi ultras. Per la Curva Sud sono stati fermati in 7 tra cui: Alex Cologno, Alessandro Sticco (entrambi condannati per un pestaggio fuori da San Siro), Christian Rosiello (bodyguard di Fedez coinvolto nell’agguato a Cristian Iovino), Franceso e Luca Lucci, quest’ultimo capo indiscusso della Sud.
Per la Nord tra gli arrestati troviamo Marco Ferdico, volto della Curva, “Maurino” Nepi, lanciacori del gruppo, Matteo Norrito e Renato Bosetti, il nuovo capo degli ultras interisti dopo l’omicidio di Antonio Bellocco da parte dell’ex capo curva Andrea Beretta.
Le due Curve si spartivano gli affari, gestendoli in maniera differente. Entrambi i gruppi sono accusati di associazione a delinquere, ma solo alla Nord è contestata l’aggravante mafiosa in quanto agevolavano la cosca ‘ndranghetista della famiglia Bellocco (rappresentata in Curva dall’assassinato Antonio). Alla Sud, per riscontrando alcun tentativi di avvicinamento da parte della criminalità organizzata, non viene contestata alcuna aggravante, anche se il procuratore Capo di Milano Marcello Viola ha riferito che la tifoseria milanista si caratterizza per “dimostrazioni di straordinaria violenza“.
Gli affari delle Curve e il patto
L’indagine della DDA ha portato alla luce pressioni sulle società al fine di avere biglietti da rivendere a prezzo maggiorato, episodi violenti, intimidazioni e la gestione dei parcheggi fuori lo stadio in combutta con alcuni imprenditori vicini alla ‘ndrangheta. Un giro d’affari molto grande, che vedeva i due gruppi ultras uniti per per guadagnare più soldi possibili.
Il famoso “patto di non belligeranza” serviva proprio a questo: non scontrarsi mai, non tanto per garantire l’incolumità dei tifosi per le strade di Milano, ma quanto per per non attirare attenzioni indesiderate e continuare a lucrare su tutto ciò che gira intorno a San Siro. Le parole di Marcello Viola sono chiarissime sulla vicenda: “Dalle indagini emerge che i vertici delle due tifoserie avevano un rapporto di non belligeranza per massimizzare i profitti illeciti”.
Le società di Milan ed Inter sono soggetti danneggiati dalle attività delle Curve avendo subito pressioni ed intimidazioni, come dimostra anche quanto emerso nelle ultime ore: l’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi e la società avrebbero ricevuto diverse telefonate da Ferdico per avere un ingente numero di biglietti per la finale di Champions League del 2023.
Nessun interesse per i tifosi e nessun attaccamento alla maglia, ma solo amore per i soldi. La speranza è che elementi come questi rimangano lontano dagli stadi più a lungo possibile, lasciando la curva non ai mafiosi ma a chi canta e segue la sua squadra ogni domenica.
Marco Andreoli