L’inchiesta sulla presunta Mafia dei pascoli, coordinata dalla Procura europea, getta una nuova luce su pratiche illecite legate all’ottenimento di fondi europei per l’agricoltura. Tra gli indagati figurano imprenditori agricoli, proprietari terrieri e un’amministratrice locale, accusati di truffa aggravata, falso e favoreggiamento. Le indagini, che riguardano i territori della Valle Peligna e della Valle Subequana in Abruzzo, evidenziano un sistema complesso che avrebbe operato tra il 2017 e il 2022 e che si è allargato rispetto alla regione Sicilia. La vicenda riaccende il dibattito sulla trasparenza nell’accesso ai fondi pubblici e sulle implicazioni legali e sociali di tali pratiche. Le accuse vengono contestate dalla Procura Europea (EPPO) e coinvolge imprenditori e proprietari terrieri su operazioni illecite.
Le accuse e gli interrogatori preliminari
Sono iniziati a Sulmona, presso la caserma dei carabinieri, gli interrogatori dei dieci indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta Mafia dei pascoli, coordinata dalla Procura europea (EPPO). Gli accusati, tra cui imprenditori agricoli, proprietari terrieri e la sindaca di Secinaro, Noemi Silveri, sono sospettati di truffa aggravata ai danni dello Stato, falso e favoreggiamento. La sindaca si è dichiarata estranea ai fatti e sarà nuovamente ascoltata nelle prossime settimane.
L’altro ieri sono partiti i primi colloqui nei confronti degli indagati, già raggiunti da avvisi di garanzia. Sotto delega della Procura Europea, i carabinieri hanno di Sulmona hanno iniziato ad effettuare i primi interrogatori. Agli indagati viene contestato l’uso illecito degli strumenti del fondo europeo per accedere ai finanziamenti.
L’accusa: fondi europei ottenuti illecitamente nella Mafia dei Pascoli
Secondo gli inquirenti, tra il 2017 e il 2022, gli indagati della Mafia dei Pascoli avrebbero percepito fondi europei della Politica Agricola Comune (PAC) attraverso contratti falsi per l’affitto di terreni agricoli in Valle Peligna e Valle Subequana. Gli strumenti di accesso ai fondi sarebbero stati utilizzati in modo irregolare, con l’obiettivo di ottenere contributi senza averne diritto. Gli indagati hanno negato ogni addebito, dichiarandosi pronti a dimostrare la propria innocenza. Ancora però non sono state chiuse le indagini preliminari.
Un fenomeno non nuovo: precedenti inchieste
L’inchiesta sulla Mafia dei pascoli si colloca in un contesto più ampio, che include altri casi simili. Recentemente, il procedimento giudiziario legato all’inchiesta “Nebrodi 2” si è concluso con la prescrizione per 29 dei 35 imputati. Solo cinque persone sono state rinviate a giudizio, mentre l’aggravante mafiosa è stata esclusa per la maggior parte degli imputati.
Le indagini preliminari dell’attuale inchiesta non sono ancora concluse. Gli investigatori stanno approfondendo i legami tra gli indagati e i presunti illeciti, mentre i legali della difesa si preparano a contrastare le accuse. Nel frattempo, un altro filone d’indagine coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila aveva coinvolto, solo a maggio scorso, 75 tra persone fisiche e società in tutta Italia, tra cui l’Abruzzo.
Reazioni e sviluppi futuri della Mafia dei Pascoli
L’inchiesta sulla Mafia dei Pascoli ha acceso i riflettori su un sistema complesso di frodi che, se confermato, metterebbe in discussione la gestione dei fondi pubblici destinati all’agricoltura. Gli esiti delle indagini potrebbero influire significativamente su futuri controlli e regolamentazioni nel settore. Per ora, gli indagati si dichiarano fiduciosi di poter dimostrare la propria estraneità alle accuse.
Le accuse mosse nell’inchiesta sulla Mafia dei pascoli sollevano interrogativi importanti sulla gestione dei fondi pubblici e sul controllo delle attività economiche nei territori rurali. Mentre gli indagati respingono le accuse, le autorità continuano a indagare per fare chiarezza su un sistema che, se confermato, rappresenterebbe una seria violazione di fiducia nei confronti dello Stato e dell’Unione Europea. Il caso mette in evidenza la necessità di rafforzare i meccanismi di verifica e prevenzione per evitare il perpetuarsi di abusi che compromettono sia le risorse pubbliche sia lo sviluppo sostenibile delle aree rurali.
Mentre le indagini della EPPO si concentrano sui terreni in Valle Subequana e Valle Peligna, si attendono gli esiti degli interrogatori.