UN CONTRIBUTO FONDAMENTALE…
Il contributo delle cosiddette “madri fondatrici” dell’Europa dei diritti umani, della democrazia e della cittadinanza, o meglio, dell’identità europea, è stato insostituibile. Come attestano studi e ricerche sul tema, tale apporto al processo di unificazione è stato importante non solo dal punto di vista teorico e politico, ma anche nella costruzione affettiva e sentimentale di un’identità europea in cui tutti i cittadini, uomini e donne insieme, potessero riconoscersi e sentirsi “a casa”. È un contributo degno di essere maggiormente conosciuto, valutato e apprezzato, per restituire a queste pioniere il ruolo che meritano ampiamente nel Pantheon dell’Europa. Bisogna ammettere purtroppo, che le figure di queste donne non godono dell’importanza data a quelli che i libri chiamano “padri fondatori”.
I nomi di questi ultimi negli anni sono diventati sinonimi dell’Europa stessa, almeno di quella che trovò la forza di unirsi davvero nel secondo dopoguerra. Chiunque abbia studiato le vicende storiche che hanno portato alla nascita del grande progetto europeo di cui oggi beneficiamo e che chiamiamo Unione, ricorderà i nomi di alcuni di questi leggendari “padri”: Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Joseph Bech e Robert Schuman. Un gruppo di grandi personalità che già nella loro eterogeneità rappresentarono quello spirito di collaborazione e impegno che doveva risollevare un Europa convalescente dall’orrore di due guerre mondiali.
Non godono di stessa fama le tante personalità femminili che altrettanto si batterono per questo sogno, ognuna a modo suo, ma tutte legate da un forte attivismo politico che rompeva le barriere culturali. Queste ultime, come macigni, pesavano sulle donne della prima metà del Novecento. Alcune di loro, al pari degli uomini, vissero sulla propria pelle lo scempio della guerra fratricida tra paesi europei. Fu la follia di quel periodo storico a far crescere in queste anime coraggiose la consapevolezza che solo unendo le forze e battendosi in prima persona un’amenità del genere non si sarebbe più vista. Quasi 75 anni di pace sono la prova che, nonostante le tante incomprensioni e polemiche dovute alla coesistenza di tante percezioni diverse di “cosa” sia l’Europa unita , quel progetto ha funzionato.
… E SPESSO SOTTOVALUTATO
La scarsa rilevanza subita delle donne a livello socioculturale è andata di pari passo con il deficit di rappresentanza politica e istituzionale che per anni ha gravato sulla popolazione femminile europea. Louise Weiss, Ursula Hirschmann, Simone Veil, Ada Rossi e la contemporanea Sofia Corradi: queste donne esemplari (provenienti da alcuni dei paesi firmatari dei Trattati di Roma) hanno dato un grande contributo teorico, politico e umano alla fondazione dell’Europa moderna, nonostante le difficoltà vissute. Non basterebbe un libro intero per parlare delle storie di queste e di altre donne, qui appena accennate perché necessario è far comprendere quanta luce hanno portato nella moderna storia europea e quanta oscurità è talvolta calata sui loro nomi.
Quelle citate sono solo alcune delle donne che hanno fatto la storia dell’Europa politica, che possiamo chiamare con orgoglio madri fondatrici. La loro opera continua a vivere nei moltissimi progetti europei che sostegno le donne, che mirano a realizzare il più possibile una vera parità di genere, intesa come uguale accesso alle opportunità offerte dal mercato del lavoro e alle possibilità di sviluppo nel campo dell’istruzione di livello specializzato.
LE “MADRI FONDATRICI”
Intellettuale e femminista, Louise Weiss (1893-1983) vide da vicino gli orrori della guerra come infermiera nella Prima guerra mondiale. Molti anni dopo fu autrice nel 1979 del discorso di apertura al Parlamento europeo eletto per la prima volta a suffragio universale. Ha dedicato tutta la sua vita ai valori europei e ai diritti delle donne, grazie a un costante impegno politico e giornalistico.
La tedesca Ursula Hirschmann (1913-1991) vide con i suoi l’ascesa del nazismo, cui si oppose sin dall’inizio. Per questo fuggì in Francia. Sposò Eugenio Colorni, confinato dal governo fascista nel 1939 sull’isola di Ventotene. Raggiunto il marito, la Hirschmann riuscì a far diffondere il celebre manifesto che Colorni, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero nel 1941 sull’Europa unita. Dopo la guerra, Ursula Hirschmann sposò proprio Spinelli, continuando insieme l’impegno politico.
Simone Veil (1927-2017) dedicò la sua vita all’attivismo politico dopo aver conosciuto la deportazione perché di religione ebraica. Sopravvisse all’inferno di Auschwitz da cui fu liberata il 27 gennaio 1945. Nel 1979 sarà la prima donna ad essere eletta alla presidenza del Parlamento europeo, nelle prime elezioni a suffragio universale nella storia dell’istituzione.
L’italiana Ada Rossi (1899-1993) sin da giovanissima si oppose al fascismo e per questo anche lei conobbe l’umiliazione del confino nel 1942. Sposò Ernesto Rossi nel 1931, uno degli autori del manifesto di Ventotene. Anche lei, come Ursula Hirschmann, riuscì a diffondere il manifesto sul territorio italiano, mentre i rispettivi mariti scontavano il confino. Successivamente Ada Rossi parteciperà alla nascita del Movimento Federalista Europeo.
Anche Sofia Corradi (1934), nostra contemporanea, può essere inserita a suo modo in questo appassionato discorso sulle madri fondatrici dei valori europei. Alla professoressa romana dobbiamo il progetto Erasmus, traguardo di una gioventù europea che vuole sempre più riconoscersi in una nuova identità sovranazionale.
Mario Rafaniello