Maria Ciuffi la voce di chi non ha più voce. Sopravvivere ad un figlio penso che per un genitore debba essere una cosa tremenda, e come oggi 10 anni fa questa madre ha appreso la notizia più brutta e devastante che si potesse ricevere: suo figlio Marcello Lonzi è morto in carcere “ Le Sughere” di Livorno tartassato di botte anche se questa fine viene attribuita ad un arresto cardiaco.
Quando ha appreso la notizia Maria non vedeva niente , vedeva solo buio era paralizzata e sentiva questo urlo che le si smorzava in gola, si ritrovava da sola ad affrontare una situazione così grande, più grande di lei. Si chiedeva solo come poteva essere accaduto tutto.
Poi ha visto le ferite sul volto che partono dalla fronte sino al labbro e ha iniziato a pensare che non può essere arresto cardiaco il pugno chiuso sinistro, il suo viso cupo mentre lui sorrideva sempre; il suo male è stato forse quello di essere troppo buono con tutti, e questo lo ha fregato. Si fidava troppo, mentre lei gli diceva sempre:” marcellino” stai attento non sempre sono veri gli amici”.
Non dovrebbe morire un figlio prima della mamma… un dolore troppo grande poi se si ha solo lui.
In queste poche righe il racconto di quegli attimi che le hanno cambiato la vita per sempre, così come l’arrivo di un figlio cambia la vita per sempre, offrendoti la possibilità di farne un uomo, un cittadino del mondo con tanti progetti e sogni da realizzare; cercando di trasmettergli tutte le cose che ti farebbe piacere potesse ricevere da te.
Maria prosegue il suo racconto, ed io non posso che ascoltare, cercando di starle accanto come posso in questa ricorrenza che fa provare anche a me, oltre che ad un moto di rabbia, la sensazione di questo fiato corto , di smarrimento, di inadeguatezza, di ribellione per qualcosa che ancora oggi dopo tanti anni non può essere spiegato, non trova giustizia, ma non vuole arrendersi .
“era tutto per me la mia famiglia ora sono sola sai per sbaglio ho visto le foto del autopsia non ho dormito per molti giorni… ed ora dobbiamo riesumarlo un altra volta”.
Maria prosegue il suo racconto con occhi tristi ma fieri, con determinazione e smarrimento, con lucida memoria e sottolineando il fatto che tutto può essere archiviato tranne i ricordi , quelli resteranno sempre presenti nel suo cuore; ma non bastano, le faranno compagnia, ma lei sa che non basteranno a dare un volto ed un nome a chi le ha portato via tutto , oltre che la serenità, le aspettative il futuro, la pace, la pace interiore, la soddisfazione di vedere il suo proseguimento muoversi a passi rapidi attraverso il mondo.
Fa caldo a Milano, ma la ascolto e sento il gelo, sento un freddo che non riesco a spiegarmi, sento quanto c’è ancora da lavorare in questo Paese, affinchè si riesca a trovare un giusto equilibrio fra le nefandezze, e le cose giuste.
“il 3 maggio ho fatto denuncia, querela a 3 medici del carcere, e al primo medico legale che fece l’autopsia a mio figlio prima che io lo vedessi; una battaglia che dura 10 anni. Ma credo che questo anno ce la faccio ad avere un processo, perchè non l’ho mai avuto. Io dico solo che se si vuole veramente una cosa, devi combattere per averla ad armi pari… anche se molte volte ero io la parte più debole”.
E non esistevano i combattimenti svolti ad armi pari, aggiunge Maria. Mi sono sentita dire troppe volte:
”lei non sa con chi sta parlando”.
Io so che oggi, se un magistrato mi dicesse la stessa frase, gli risponderei:
“certo che lo so, ma so anche che non siete molti ad essere onesti, non starei zitta. E’ brutto constatare che anche la legge spesso lascia le persone da sole, che queste solitudini fanno si che chi ha sbagliato continui a vivere, mentre un giovane ragazzo la vita l’ha persa per sempre”.
“Oggi alle 15,30 ero fuori dal cimitero. Aspettavo che il cancello si aprisse. Io da sola, e da una parte il padre e la sua famiglia. Poi amici, tanti amici, giovani, che conoscevo, e un altri no. Un dolore composto da sguardi, tra me e il padre. Nè un abbraccio, nè una parola; gli occhi parlano da soli. Ma i miei sono crudi nei suoi confronti.
Poi entro, e lo vedo lì, steso in quella maledetta bara, serio. Non si descrive coò che senti dentro. Il mio ometto non c’era più. I suoi sorrisi, i suoi abbracci… La sua voce forte quando mi chiamava Mamma. Non potevo crederci. Lo guardavo, e riguardavo. Volevo imprimermi nella mente quella immagine. E ci è rimasta.
Ti sono sempre stata vicina, nei momenti belli, e in quelli brutti. Ma quando avevi più bisogno di me, mentre ti stavano uccidendo, io non c’ero. Perdonami. Pagheranno per il male che ti hanno fatto. L’ho promesso, ricordi.
… Mi ha lasciata senza un ciao non ha potuto dirmelo e questa cosa mi rimbomba nella mente ogni giorno e accettarla è sempre più complicato, quando sai che ogni giorno che vivrai, lo vivrai senza lui.”
Trascrivo queste parole e penso alla forza, alla grandezza di questa donna, che non si arrende nonostante gli insabbiamenti , i sacrifici, le sconfitte, le delusioni personali, l’abbandono da parte di una giustizia giusta; e mi sento piccola, perché so che di grandi donne, di donne che nonostante le brutture di questi anni, di porte sbattute in faccia, di silenzi e di ricordi, che riempiono il cuore e gli occhi di lacrime che non si ha più nemmeno la forza di piangere… Proseguono fiere e combattono solo per far avere un po’ di pace, a chi ha furia di vedersi l’anima cercata a suon di botte è stato privato della sua vita.
Non bisogna ostacolarla, non bisogna mettere i bastoni fra le ruote ad indagini private che questa donna sta svolgendo al posto di chi avrebbe avuto il solo compito di svolgere correttamente il proprio lavoro, di fornirle delle risposte, quando non si ha nulla da temere non bisogna temere proprio la verità, parola con cui ci si riempie la bocca troppo spesso, dimenticandosi poi del buio e della sofferenza che si è stati in grado di regalarle fino ad ora.
Non ci si può continuare a comportare come se questo giovane ragazzo non fosse mai esistito.
Maria non si arrende e forse tutti noi dovremmo trovare un po’ di tempo da dedicarle per farla sentire meno sola, dovremmo farle arrivare almeno il nostro abbraccio solidale, dovremmo trovare un po’ di tempo per dare voce alla sua voce che merita rispetto e merita di essere ascoltata, dovremmo preoccuparci di meno per qualche chilo in più, e molto di più per ciò che in modo indisturbato accade intorno a noi, pensando che questo mondo merita persone migliori di quelle che commettono omicidi che restano dimenticati e nascosti.
Marcello ricorda un po’ Freddie Mercury ( il mio mito) senza baffi, me lo fa notare Maria omaggiandomi della foto di questo volto che, sorridente, riempie il mio spazio social, e riempie anche il mio cuore di tanti pensieri che oggi sto dedicando a lui, ed a quanti questo mondo non lo abitano più, magari non per scelta loro.
Questa è una testimonianza scarna e diretta di un profondo dolore, di quanto una madre può e vuole fare, di quanto l’amore vada oltre la morte di quanto un sorriso da regalare a qualcuno possa fare la differenza e questo per me vale molto.
Tutta la mia stima a Maria Ciuffi, aiutiamo questa donna che fa di tutte le donne delle donne speciali con la sua battaglia per la verità, uniamoci per riuscire a guardare il dolore con gli occhi del cuore e non solo come dei lettori distratti in cerca di emozioni che si spengono non appena voltiamo pagina ma che restano vive così come vivo resterà Marcello fino a che noi parlando di lui lo ricorderemo.