Gli applausi durante la proiezione al Festival di Cannes potevano già essere un indizio forte, ma ora i 6 Oscar, tutti tecnici, per “Mad Max: Fury Road”, sanciscono che è così che un film va fatto.
Ma oggi non parleremo del lato tecnico, nè della bravura di Tom Hardy nel ruolo di Max. Oggi parleremo di come il film debutto di George Miller, nel lontano 1979, abbia influenzato il cinema mondiale, portando molti registi, fumettisti e produttori a ispirarsi al lungometraggio che ha lanciato Mel Gibson nel cinema.
Per iniziare dobbiamo soffermarci per un attimo sulla trama. Il tutto si apre su un Australia distopica, in un futuro non troppo lontano, dove le riserve di energia iniziano a scarseggiare. Le comunità australiane vivono relativamente in pace, anche se le strade sono in balia di criminali psicopatici che guerreggiano contro i pochi tutori dell’ordine rimasti.
Max Rockatansky uccide il capo di una gang di motociclisti e inizia ad essere perseguitato dai restanti membri della gang che, dopo aver ucciso un suo caro amico bruciandolo vivo, partono all’inseguimento di Max e della sua famiglia. Ormai ritiratosi, Max porta la famiglia in vacanza, ma verrà raggiunto dai motociclisti che uccideranno senza pietà sua moglie e suo figlio.
Pieno di rabbia e di vendetta, Max indossa di nuovo la sua divisa, sale a bordo della sua V8 interceptor (da cui prende anche il nome il lungometraggio) e massacra uno per uno i membri della gang.
Nel finale, Max trova Johnny (assassino del suo amico) mentre deruba un guidatore, lo ammanetta al rottame che perde carburante per poi lasciargli la possibilità di scappare amputandosi una gamba, prima che il carburante prenda fuoco. Negli ultimi secondo vediamo l’ex-poliziotto viaggiare nel deserto a bordo della sua “Interceptor”, verso un destino ormai incerto.
Osservando il primo capitolo “Interceptor” e il secondo “Il guerriero della strada“, possiamo notare come il paesaggio e la particolarità descrittiva di Miller, siano soffermate su quella involuzione umana che verrebbe a crearsi se in futuro dovessimo venire a trovarci in carenza di energia. Il ritorno al brigantaggio e al saccheggio sarebbero le prime due realtà in cui l’umanità precipiterebbe. La seconda? Ovviamente la mancanza stessa di “umanità”.
Il personaggio protagonista Max Rockatansky, rappresenta quel tipo di “giustiziere” che ognuno di noi vorrebbe avere vicino, in un mondo troppo corrotto da burocrazie, dove la giustizia non fa il suo dovere davanti ad atti disumani come l’omicidio di una donna e di un bambino.
I dialoghi sono indirizzati verso questo tema e trovano Max impegnato in quella lotta interiore, tra l’applicazione della legge che è il dovere di un poliziotto e la vendetta personale. Quando questo equilibrio si spezza definitivamente, Max sceglie la sua strada e fa capire che ormai non può più tornare indietro.
Nel corso degli anni, la pellicola è diventata subito un vero “Cult“, grazie anche all’uscita del secondo film “Il guerriero della strada” che presentava ulteriori elementi rispetto al primo, come il ritorno al medioevo barbarico. Il film avrebbe poi ispirato molte pellicole riguardanti un futuro apocalittico, come “1997: fuga da New York” e “Terminator” e la serie di videogiochi “Fallout” per le loro ambientazioni in scenari violenti.
Strettamente e direttamente debitore a Mad Max è in particolare anche il celebre manga e anime “Ken il Guerriero“, la cui ambientazione e alcuni personaggi ricordano molto da vicino quelli del lungometraggio di Miller, oltre la grande somiglianza di Kenshiro a Mel Gibson.
I film di Robert Hammon “The Hitcher – La lunga strada della paura” e “Highwaymen – I banditi della strada”, sono notevolemte ispirati al film. In particolare nel secondo film, la trama vede il protagonista dare la caccia allo psicopatico che gli ha ucciso la moglie investendola, vendicandosi a bordo di un auto, in questo caso una Plymouth Barracuda potenziata.
Anche il film del 2008 “Death Race: La corsa della morte” (1975, antecedente all’opera di Miller), contiene numerosi riferimenti.
Ci sono poi alcuni film che, pur non riprendendo l’ambientazione di “Interceptor”, sono comunque ispirati ad adesso, “prendendo in prestito” quelle innovazioni messe sullo schermo da Miller. Ad esempio in “Saw – l’enigmista” a uno dei protagonisti viene offerta la possibilità di salvarsi amputandosi il piede piuttosto che perdere il tempo a segare la catena. Entrambi i creatori di “Saw”, hanno dichiarato che tale scena è stata la fonte di ispirazione dell’intera serie.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad un film che potremmo quasi definire “evento“. Non ci è dato modo di saperlo ma la cosa certa è che senza “Mad Max”, alcune svolte cinematografiche non sarebbero mai arrivate.
Si dice che tutto nasce da un idea. Se a Mel Gibson non fosse venuta l’idea di accompagnare il suo amico Steve Bisley (Jim Goose nel film), anche con un occhi nero, dato che la sera prima era finito in rissa, probabilmente tutto questo non sarebbe mai avvenuto. Inizialmente Miller scritturò Gibson come comparsa, ma dopo averlo incontrato di nuovo e osservando la particolarità del suo viso, ormai guarito, decise che sarebbe stato il protagonista.
Il vestiario di Max, la sua auto, la certezza della sua scelta di “vendetta”, le cicatrici che porta nell’anima e il modo in cui affronta la sua nuova vita, danno la certezza allo spettatore di trovarsi di fronte un uomo “rinato”, ma tornato dall’inferno e non dal paradiso. Sappiamo che Max porta con sè il ricordo della sua famiglia, ma non condividerà questo ricordo con nessuno. Il vecchio Max muore per fare posto al “guerriero“. E quale migliore personaggio poteva aprire la strada ad un nuovo cinema fatto di anti-eroi?
L’ambientazione, i paesaggi, la trama di un futuro apocalittico, ispirato dalla grande crisi energetica del 1973, il giustiziere che salva i più deboli, sono argomentazioni che fuse insieme, hanno dato vita ad un film diventato un capolavoro sotto tutti i punti di vista e destinato a rimanere tra gli “immortali” del cinema, oltre ad aver creato quel “mito” ammirato anche da quelli che non hanno apprezzato “Mad Max”, ma non negano di ringraziarlo per il contributo che è riuscito a dare.