Emmanuel Macron e Marine Le Pen hanno sostenuto ieri sera un confronto televisivo molto acceso e i pensieri di tutto il Continente erano puntati su di loro
Un vero derby d’Europa : è stato questo il confronto in tv fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, i due candidati alla presidenza della Francia. Infatti tutti sappiamo che nell’occasione non si decide soltanto il futuro di quel paese, ma probabilmente di tutto il continente. In un modo o nell’altro, comunque, l’Unione Europea dovrà cambiare.
L’Europa si trova a un bivio e questo bivio lo incontra a Parigi.
Quello di ieri sera fra Emmanuel Macron (il grande favorito) e Marine Le Pen (che si presenta come la fuoricasta, come l’outsider per eccellenza, la candidata antisistema) passerà alla storia dei dibattiti televisivi.
La Francia ha realizzato, alla fine, l’antico sogno di sentirsi al centro dell’Europa.
Da almeno un paio d’anni (direi in particolare dall’epoca del referendum greco sul piano di rientr finanziario proposto dalla trojka europea) le elezioni di ciascun paese attraggono attenzione anche spasmodica da parte dei popoli vicini.
Nessuno si era mai minimamente curato di sapere chi fosse favorito alle elezioni olandesi o austriache, fino a che in occasione dell’ultima tornata le percentuali dei diversi candidati sono diventate argomento cimune ( e già scorate peraltro).
Un po’ come con lo sci ai tempi di Tomba, o la vela ai tempi di Luna Rossa : da un momento all’altro erando diventati tutti sciatori o velisti.
Ma stavolta è diverso : l’interconnessione globale è una realtà, e quindi tutti capiscono che ciò che accade altrove conta molto più di prima su come vivremo qui da noi.
Il referendum pro o contro Renzi (ops!) è stato seguito attentamente all’estero; le elezioni francese sono molto seguite dappertutto.
Eppure, la Francia non è mai stata così poco importante e potente come in questo periodo.
Un confronto storico : la Francia a un bivio
Il punto in realtà è proprio quello: da quando è stata fondata l’Unione Europea, ogni volta che si trattava di fare il salto dalla dimensione intergovernativa a quella federale, i francesi si sono opposti.
E si è dovuto ricominciare, se non da capo, ma ad avvolgere il filo in un modo diverso.
La Francia, che ha una identità caratterizzata da una orgogliosa autonomia, e quindi dalla contrapposizione a qualsiasi potere volto a unificare l’Europa, si è sempre fermata al bivio – ed ha scartato di lato.
Costringendo tutti a seguirla nei propri zig-zag, perchè senza Francia non ci può essere Europa.
In attesa del momento in cui tutti i bivi e e le scorciatoie, ed ogni via di fuga, fossero terminati.
Ora ci siamo : per la Francia è il momento di decidere ( e quindi lo è per tutti i popoli europei).
Nel 1954, umiliata dalla sconfitta nell’ Indocina coloniale, la coalizione al governo guidata da Mendès-France in un soprassalto nazionalista scelse di ritirare l’appoggio al progetto di un esercito europeo e alla bozza di Costituzione europea appena stilata.
Si ricominciò a tessere l’Europa secondo la prospettiva “funzionalista” – e cioè in fondo economico-commerciale.
L’idea era che, a mano a mano che gli interessi e le attività economiche si fossero intrecciate, sarebbe risultato semplicemente funzionale agli interessi pratici di tutti, giungere al varo di un sistema di governo politico a livello europeo.
Un po’ per volta, così accadde: sino al momento in cui le vicende seguito al crollo del comunismo determinarono una accelerazione degli eventi.
Cui la Francia trovò risposta imponendo l’Euro alla Germania: il senso era che i francesi sarebbero stati avvantaggiati da una moneta “alla tedesca”, e avrebbero legato sempre più strettamente a sé una Germania sempre debole politicamente.
Non è andata così : la Francia sperava di creare una Unione Europea in cui fosse al centro Parigi, e quindi funzionale alla grandeur transalpina.
Non è più tempo di solitaria Grandeur
Ma la realtà dice sempre la sua : i tempi di Napoleone o del Re Sole sono finiti.
Il progetto federalista venne bloccato da Mitterand nel 1990.
E nel 2005, fu il popolo francese in ultima istanza a bocciare la nuova Costituzione Europea, perché non sufficientemente adeguata agli standard, e alle aspirazione di primazia, di Parigi.
Ecco perché, di fronte a una globalizzazione economica galoppante, ci siamo ritrovati con istituzioni politiche così in ritardo – in definitiva ancora tarate su livelli di sovranità nazionale che ormai non “coprono” più la realtà di fatto del mondo moderno.
Si deve creare una sorta di Stato democratico europeo, e questo certo comporta uno sforzo : ma più di tutto, è necessario che la Francia accetti questa idea.
Cioè che se non è possibile una Europa francese, non vuol dire che non sia possibile una Europa unita. Anche perché è ormai assolutamente indispensabile.
Pugilato in diretta tv
Macron e le Pen si sono sfidati sullo sfondo di questo panorama, e di una serie di questioni che ormai conosciamo bene.
La prima candidata del Fronte Nationale, il secondo del suo movimento personale : EnMarche (dalle sue iniziali).
La sicurezza, il terrorismo, l’immigrazione, l’integrazione, la democrazia, la globalizzazione e la giustizia sociale.
Erano state fissate regole molto strette ed erano presenti due giornalisti, un uomo e una donna, come moderatori.
Ma non è servito a molto : Le Pen ha adottato una tattica aggressiva, facendo del sarcasmo e degli slogan il suo punto di forza.
Anche il ricorso alla mimica, da parte della candidata del Front Nationale, è stata massiccia.
Risatine, smorfie, gesti : se in precedenza la candidata della destra aveva curato di assumere un atteggiamento dignitoso e “presidenziale”, stavolta è tornata a strizzare l’occhio al suo elettorato – o meglio, al suo pubblico – tradizionale.
Quest’atteggiamento ha segnato una netta differenza con il contegno tutto sommato algido e molto composto di Macron : segno che Le Pen ha voluto mettere plasticamente in scena la differenza fra di lei, quale candidata del popolo autentico, e l’esponente delle tecnocrazia lontana dalla vita reale.
Non sembra che la cosa abbia funzionato molto, perchè i sondaggi dopo il confronto hanno attribuito il successo a Macron, forse proprio a causa della maggior cura delle argomentazioni e del suo approccio più attento ai dettagli.
Il Maestro e Marine
Non che Macron non abbia risposto a tono alle polemiche di Le Pen, che ha accusato di essere bugiarda e di non avere un programma preciso – insomma di campare di slogan e basta.
In effetti, la Le Pen ha cercato di piazzarne alcuni ad effetto : come quando ha detto che bisognava smetterla di giocare “al maestro e alla allieva” – con allusione anche al matrimonio fra Macron e una sua professoressa di liceo.
O come quando ha detto, sulla stessa falsariga, che “comunque vada, la Francia sarà governata da una donana : o me o la Merkel”.
Rievocando l’antica rivalità franco-tedesca, e l’insofferenza della Francia ad essere incorporata in una Europa più grande, se non guidata da Parigi.
Le Pen ha soprattutto accusato il suo rivale di essere l’alfiere della globalizzazione selvaggia, e Macron di fonte alle provocazioni qualche volta si è lasciato irritare – ma è riuscito a dimostrare come in concreto il programma di Le Pen fosse vago e confuso, mentr’egli disponeva di competenza ed equilibrio necessari al difficile incarico, nel drammarico frangente in cui viviamo.
L’atteggiamento di Macron insomma ha potuto peccare di pedagogismo, con quell’aria da primo della classe già arrivato – che può irritare i predenti della globalizzazione.
Venti di guerra civile
Però le accuse di “compiacenza” nei confronti dell’integralismo islamico della Le Pen a Macron probabilmente sono un eccesso di vis polemica, poco efficace per attrarre voti dei tantissimi indecisi.
Lo slancio e il background di Le Pen invece possono ben prestarsi alla accusa di Macron di voler “portare la guerra civile” nel Paese – stante che in Francia i militanti del FN sono una minoranza, e invece la minoranza musulmana immigrata conta fino a 7 milioni di persone.
Forse più efficace è stato presentare Macron come “banchiere” dei “poteri forti” che vuole svendere la Francia, e come “Hollande junior” – visto che è stato ministro del governo precedente e pupillo del presidente uscente (impopolare ai massimi livelli).
Ma spulciare e contestare la qualità del lavoro di chi l’ha preceduto, non basta, nel momento in cui – candidandosi a governare a sua volta – la Le Pen si è dimostrata confusa e approssimativa in merito a srtrategie, programmi, idee.
Come uscire dall’Euro
I due punti nodali – il ripristino delle frontiere e l’uscita della Francia dall’Euro – sono riusciti in effetti solo suscitare un acceso battibecco.
La Le Pen ha promesso un controllo molto più stringente delle frontiere nazionali, e l’espulsione di tutti gli stranieri sospetti; e sull’Euro, ha confermato la sua nuova proposta di una doppia circolazione monetaria.
Euro e Franco insieme : un tipo di discorso che comincia a farsi strada anche in Italia. Ma non è stato chiarito, dalla candidata del FN, precisamente che vorrebbe dire e come funzionerebbe il nuovo regime monetario.
Ma alla fine, non si può dire che alcuno dei due candidati siano riusciti a condurre una discussione aderente ai punti del programma e alle questioni concrete – un po’ come in tutti i dibattiti televisivi di questo tipo.
Come è stato sottolineato, il confronto si è trasformato in un incontro di boxe televisiva, e neanche Macron attualmente può sostenere di essere riuscito a dare un profilo meno indeterminato al proprio programma.
Ma tutto nasce da un non detto, da un equivoco annoso : quando il popolo vota, troppi fattori e troppi interesi e destini differenti e contrastanti entrano in gioco.
Il vero significato di un dibattito televisivo
Al di fuori da qualsiasi polemica sulla democrazia delegata o quella rappresentativa, un dato di fatto è centrale : il popolo vota per dare un orientamento oppure un altro alla politica di uno Stato.
Chi vota per Le Pen, per lo più non si interroga nenache se è vero oppure no che si può uscire dall’Euro : ma protesta per la situazione attuale con estrema veemenza, ricorrendo alle categorie culturali di cui dispone – quelle del tradizionalismo e del nazionalismo, che magari ha abbandoanato da anni ma che adesso che ne ha bisogno ripesca.
Questo spiega come i voti di Le Pen siano cresciuti dal 20 a circa il 40% che al momento si prevede al ballottaggio.
Invece, chi voterà per Macron (per il momento dato al 60 e oltre) – oltre sostenerlo come volto della ragionevolezza e della competenza tecnica -crede che si debba riformare l’Ue e affrontare i problemi del presente, ma proprio nel senso di dirigersi verso una maggiore integrazione europea.
Bisogna dirlo : questa differenza è plastica.
Macron-Le Pen : la Francia a un bivio
Macron è il candidato più europeista, oltre che più giovane, che si sia mai presentato alla soglia dell’Eliseo.
E non cambia affatto il tentativo della Le Pen, in questi giorni e mesi, di moderarsi e di rivolgersi all’elettorato di Fillon : perchè anche la detsra moderata di Fillon, in generale rimane ancorata alla visione sovranista nazionalista che ha ispirato tutta la politica francese ed ha innervato la storia stessa della Francia, senza quasi distiznioni fra destra e sinistra – come abbiamo visto in precedenza.
Insomma, nella boxe di ieri, la Le Pen non è riuscita ad assestare il colpo del ko a Macron, che ha difeso bene il proprio titolo di favorito. Se i pronostici verranno confermati, sarà lui il prossimo inquilino dell’Eliseo.
Ma se fallirà, una volta al governo – e in effetti il suo sarebbe un compito difficilissimo – al knock-out finirà tutta l’Europa.
La Le Pen è riuscita a sdoganare l’estrema destra, o meglio a “dédiaboliser” il Front National. Data la crisi dei socialisti , sarà il rappresentante quasi unico dell’opposizione al governo.
E l’eventuale governo Macron deve riuscire a conciliare la sovranità democratica con la resistenza al mero nazionalismo.
In caso contrario, al prossimo giro di roulette può davvero uscire il Nero.
Quindi i francesi possono consolarsi.
Non hanno più il potere di fare una festa, ma hanno il potere supremo : quello di farla fallire.
ALESSIO ESPOSITO