L’Italia è il maggior importatore mondiale di carne equina e il primo consumatore in Europa. Lo afferma la ricerca di Animal Equality che lancia l’allarme e si rivolge al Governo: basta alla macellazione dei cavalli.
In Europa vengono uccisi circa 250.000 esemplari ogni anno, di cui solo 25.000 nel nostro territorio. Per questo Animal Equality si schiera dalla parte degli animali e promuove una petizione per mettere definitivamente al bando la macellazione dei cavalli in Italia. Una sfida difficile che, se vinta, porterebbe al definitivo riconoscimento degli equini esclusivamente come animali da affezione.
Il massacro in numeri
Ogni anno il Vecchio Continente riceve 100.000 cavalli di origine americana già macellati, ai quali si aggiungono altri 250.000 uccisi direttamente sui territorio dell’Unione europea. Numeri spaventosi e in difetto, poiché non considerano tutti gli animali morti durante il trasporto, spesso peraltro praticato in modo non regolamentare.
Si avverte un sensibile calo della domanda di carne equina a livello globale, ma l’Italia rimane tra i principali consumatori e importatori, consentendo ogni anno l’ingresso a circa 13.000 esemplari, in particolare dalla Polonia, dalla Francia e dalla Spagna.
La piaga del trasporto
Spesso i cavalli sono costretti ad affrontare viaggi lunghi ed estenuanti, in condizioni di forte stress. Trasportati su camion affollati, magari senza acqua né cibo, rimangono in piedi per ore riportando lesioni su tutto il corpo. Inoltre, è molto alto il rischio di sviluppare una particolare malattia respiratoria, meglio conosciuta con il nome di “febbre da trasporto“.
Stando ai dati, il 37% dei cavalli arriva in Europa in condizioni non idonee al trasporto secondo il Regolamento (CE) 1/2005 del Consiglio e nessuno dei veicoli utilizzati per i viaggi è risultato conforme. Difatti, mediamente in ogni gruppo almeno sei animali arrivano gravemente feriti.
Metodi di stordimento inadeguati
Sebbene esista una normativa a tutela del benessere degli animali destinati alla macellazione, spesso non viene rispettata, causando loro gravi ferite e dolore. A tal proposito, una recente inchiesta di Animal Equality ha documentato le crudeltà cui sono sottoposti cavalli in un noto centro di macellazione ad Arriaga (Messico), uno dei paesi da cui proviene una grande quantità di carne equina.
Situazioni simili sono state purtroppo osservate anche in Argentina, Spagna e Italia, dove spesso l’uccisione avviene quando gli animali sono ancora coscienti, peraltro in strutture progettate per i bovini e dunque inadeguate.
La legge italiana
Secondo la nostra normativa, tutti i cavalli italiani devono essere registrati presso la Banca Dati degli Equidi (BDE). Inoltre, in fase di iscrizione all’anagrafe, il proprietario deve selezionare una di queste tre scelte:
- dichiarare se l’equide non sia destinato alla produzione di alimenti per il consumo umano (definito NON DPA);
- dichiarare se l’equide sia destinato alla produzione di alimenti per il consumo umano (definito DPA);
- non dichiarare nulla e in tale ipotesi viene considerato DPA, salvo dichiarazione contraria che potrà avvenire in qualsiasi momento successivo.
La legge chiarisce che il non DPA è bandito dalla macellazione per la produzione di alimenti destinati al consumo umano, tuttavia, non specifica se sia consentita o meno la soppressione del cavallo non DPA per altri fini commerciali; ad esempio, la produzione di pellame o di mangimi per altri animali.
Il paradosso italiano
Stando a quanto appena detto, in Italia i cavalli possono essere considerati sia animali Destinati alla Produzione Alimentare (DPA) sia animali da compagnia (non DPA). Purtroppo ci sono, ad oggi, diverse lacune nella normativa vigente, che avallano la macellazione di cavalli provenienti anche dal mondo dell’ippica e dell’intrattenimento, con rischi importanti per i consumatori. Inoltre, in Italia non c’è l’obbligo della tracciabilità per la carne equina, dunque è spesso difficile verificare la provenienza degli animali che, non di rado, sono lo “scarto” degli ippodromi e dei maneggi.
L’esempio virtuoso della Grecia
In Europa uno stato exemplum in materia di tutela degli animali è sicuramente la Grecia, che ha vietato definitivamente la macellazione dei cavalli. Nello specifico, l’art. 17 della Legge n. 4711 afferma il “divieto di allevamento e dell’utilizzo di cani, gatti e cavalli per la produzione di pellicce, cuoio, carne e fabbricazione di medicinali o altre sostanze”.
Dunque, dal 29 luglio 2020 nel paese i cavalli sono diventati esclusivamente animali d’affezione, alla pari di cane e gatto. Attualmente solo la Grecia ha preso questa decisione e si spera possa presto essere così anche in Italia, nonostante, almeno per ora, vanti un primato tutt’altro che lodevole.
Animal Equality non si arrende e lancia una petizione rivolta al Governo e l’obiettivo è mettere fine alla macellazione di questo meraviglioso e senziente animale. Affinché ciò avvenga, è dunque necessario far cadere l’ambiguità vigente e riconoscere quindi i cavalli solamente come animale d’affezione.
Ad oggi, sono state raccolte oltre 100 mila firme, grazie anche agli eventi informativi organizzati dagli attivisti in Piazza Duomo a Milano. Al contempo, c’è chi si è mosso a Montecitorio con l’obiettivo di capire quali politici possano essere interessati a sposare la causa.
Serve prendere una posizione chiara e uscire dall’ambiguità: il Governo italiano deve decidere se l’Italia vuole continuare a considerare i cavalli come prodotti o come animali da affezione e vietarne quindi la macellazione.
Il più antico antenato del cavallo era grande quanto una volpe e visse alla fine dell’era glaciale. C’è voluto un certo tempo per vedere un animale delle dimensioni paragonabili a quelle di un cavallo moderno, seppur non ancora domesticato. Infatti, la convivenza con l’uomo è iniziata circa 5500 anni fa e ha cambiato drasticamente l’organizzazione della società umana.
C’è qualcosa nell’esteriorità di un cavallo che si attaglia all’interiorità di un uomo.
In passato abbiamo conquistato il mondo a cavallo, mentre ora saliamo in sella quasi
solo per diletto. Passa il tempo, cambiano le usanze, ma la nostra passione per i cavalli rimane e si riflette, ieri come oggi, in ogni forma di sapere.
E proprio per questo dobbiamo e possiamo fare di più per tutelare un nobile amico, cui forse non dobbiamo tutto, ma sicuramente tanto di quello che siamo riusciti a fare in secoli di storia.