Lush ha ufficializzato la sua posizione anti-social a partire da venerdì 26 novembre 2021. I profili Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat dell’azienda sono stati disattivati e hanno lasciato spazio al solo slogan “BE SOMEWHERE ELSE”. Il significato è esserci altrove, essere da qualche altra parte.
Cos’è Lush?
Quando si parla di Lush si pensa subito al negozio multicolore e multi-fragranza, coi suoi saponi venduti a peso e le bombe da bagno profumatissime. Le ceste di legno contenenti prodotti per il corpo e cosmetici naturali e i barattoli neri minimalisti. Le immagini che si associano al brand dicono già molto sulle sue tendenze e posizioni caratteristiche.
Lush è infatti un’azienda inglese di prodotti cosmetici, fondata nel 1995 da Mark Constantine. La storia del suo ideatore ha del romanzesco: da homeless a imprenditore e fondatore di un’azienda diffusa su scala globale.
Un brand attivista
Il brand si è sempre distinto per le sue posizioni dichiaratamente ambientaliste ed eco-sostenibili. I suoi prodotti non sono testati sugli animali, il packaging è assente o quando presente privo di plastica, lo spreco è ridotto al minimo. Inoltre, ha sempre aderito a campagne a favore dell’ambiente e anti-spreco, quando ancora queste tendenze erano del tutto anti-conformiste. Così come ha sempre assunto posizioni a favore dell’integrazione sociale, della parità dei diritti e contro lo sfruttamento del lavoro.
Lush e tecnologie
Negli ultimi anni Lush ha preso parte a diverse campagne a sostegno di un web libero, aperto e sicuro. Il brand si è inoltre schierato a favore della sensibilizzazione sull’uso consapevole del mondo digitale. Lush sostiene infatti che la tecnologia debba svilupparsi per il bene comune e per promuovere cambiamenti sociali positivi. Nel 2016 per esempio aveva lanciato la bomba da bagno #Error404 prendendo parte alla campagna globale #KeepItOn, contro i blackout di internet ordinati dai governi. Ancora nel 2018 e nel 2019 aveva prodotto delle borse di stoffa in edizione limitata, con alcuni slogan stampati. Il primo, “What the Zuck?”, in risposta allo scandalo di milioni di dati di utenti trapelati da Facebook. Poi “Take CTRL” in collaborazione con un’organizzazione olandese per i diritti sul digitale, a favore della sensibilizzazione sull’uso consapevole della tecnologia. Infine nel 2020 ha partecipato al Digital Detox Day. Si è trattato di una giornata in cui disintossicarsi dall’uso dei dispositivi tecnologici e riflettere sull’impatto degli stessi sulla salute psicofisica degli individui.
Lush diventa anti-social
Ho trascorso tutta la vita a evitare di utilizzare ingredienti dannosi nei miei prodotti. Ci sono oggi prove schiaccianti che evidenziano quanto siamo a rischio quando utilizziamo i social media. Non ho intenzione di esporre i miei clienti a questo rischio, per cui è il momento di uscire dal giro.
Il fondatore di Lush Mark Constantine si è espresso in questi termini nel momento in cui ha dichiarato la nuova posizione anti-social della sua azienda.
A partire da venerdì 26 novembre 2021 il famoso brand di cosmetici naturali ha abbandonato tutti i social in tutto il mondo. Sui profili Instagram, Facebook, TikTok e Snapchat è stato pubblicato lo slogan “BE SOMEWHERE ELSE”. Il significato è essere da qualche altra parte, esserci altrove ed è al momento l’unico contenuto visualizzabile su queste piattaforme.
C’era già stato un primo passo in questa direzione nel 2019, quando Lush aveva deciso di prendersi una pausa dai social. Con il lungo periodo di lockdown il brand si era poi trovato quasi costretto ad utilizzarli per rimanere in contatto con il suo pubblico. Questa volta invece il passo sembra definitivo e sul sito ufficiale sono state dichiarate le ragioni di questa scelta apparentemente radicale ed estrema.
Perché abbandonare i social?
I motivi di questa decisione sono stati resi noti e tra i principali troviamo i danni a cui gli utenti sarebbero esposti a causa degli algoritmi presenti sui social e la mancanza di regolamentazione nel settore. È ormai noto come i social media siano caratterizzati da algoritmi, il cui scopo ultimo è quello di monetizzare. Si tratta di regole matematiche che guidano i contenuti da mostrare agli utenti, sulla base delle loro preferenze e azioni compiute, affinché questi rimangano il più possibile connessi alla piattaforma in questione.
Il brand decide quindi di schierarsi apertamente a favore della protezione del suo pubblico contro i possibili danni e manipolazioni a cui potrebbe essere esposto sui vari canali social. Almeno fintanto che non esisteranno delle regole più chiare e di conseguenza un contesto più sicuro in cui gli utenti possano navigare.
Mantenere attiva la community
Lush ha garantito di mantenersi in contatto con la propria community tramite la newsletter, i canali YouTube e Twitter, che sarebbero gli unici esenti dai meccanismi manipolatori da cui il brand vuole distanziarsi. L’intento dell’azienda è infatti utilizzare canali di comunicazione diretti e non controllati da terze parti, che non si servano dei dati degli utenti per soli fini commerciali, a favore di forme di comunicazione trasparenti con cui mettersi in contatti con i propri utenti.
Alcuni danni da social media
Nella dichiarazione ufficiale anti-social di Lush vengono anche citati bullismo, fake news, FOMO e sindrome da vibrazione fantasma. Si tratta di aspetti caratteristici dell’uso e abuso dei mezzi tecnologici, che hanno forti ricadute sui tassi del suicidio giovanile, l’ansia e la depressione. Sono argomenti molto discussi al giorno d’oggi, il cui reale significato non è noto a tutti, ma soprattutto non è abbastanza chiaro quanto un uso inconsapevole delle nuove tecnologie possa provocare meccanismi automatici di cui si diventa schiavi, senza quasi rendersene conto.
Bullismo, fake news, FOMO e sindrome da vibrazione fantasma: di cosa si tratta?
Il bullismo è l’insieme di azioni violente o minacciose da parte di un individuo, il bullo, o un gruppo di individui, su una vittima. In rete si parla di cyberbullismo e sebbene il meccanismo dell’azione sia tendenzialmente lo stesso del bullismo, le evoluzioni e le conseguenze online possono avere un’eco più forte e a volte essere inarrestabili. Le forme con cui si manifesta il cyberbullisimo sono in continua evoluzione, così come lo sono le nuove tecnologie, i social media e le varie piattaforme online in cui si può verificare.
Le fake news sono le notizie false, diffuse in rete tramite articoli o pubblicazioni. Si basano su dati inventati, informazioni non veritiere o distorte e hanno lo scopo di dare origine a disinformazione e scandali mediatici.
FOMO invece è l’acronimo di “fear of missing out”, ovvero la paura di essere esclusi. Si tratta di una vera e propria ansia sociale, che si manifesta tramite la paura compulsiva di essere tagliati fuori dalle interazioni sociali e quindi con il desiderio di sapere costantemente cosa stanno facendo le altre persone.
Infine, con sindrome da vibrazione fantasma si intende la percezione che il telefono stia vibrando o addirittura squillando (in questo caso si parla di squillo fantasma), quando nulla di tutto ciò si verifica. Deriva dall’utilizzo assiduo dello smartphone, è legata ad aspetti soggettivi e caratteriali e può dipendere dai luoghi in cui venga riposto il dispositivo con più frequenza (per esempio la tasca dei pantaloni).
Lush anti-social: scelta estrema o lungimirante?
Nonostante sia opinione diffusa, anche tra i non esperti del settore, che l’utilizzo eccessivo dei dispositivi tecnologici così come quello inconsapevole o sconsiderato delle piattaforme ad esse associati possa provocare conseguenze negative sui fruitori, si tratta di attività ormai imprescindibili. È dunque fondamentale l’informazione e soprattutto l’uso cosciente di questi mezzi di comunicazione.
Ci domandiamo se questa scelta di Lush, come tante altre fatte dal brand nel corso degli anni, stia anticipando i tempi, mettendoci in guardia su pericoli in ogni momento sotto gli occhi di tutti, ma su cui nessuno prende posizione. Lush si sbilancia in maniera diretta, in particolare contro gli algoritmi delle piattaforme social, che rendono sempre di più gli utenti dipendenti dalla loro fruizione. Solo il tempo fornirà delle risposte. L’era del digitale è in corso e più che pensare a uno stravolgimento di queste abitudini ormai acquisite è bene focalizzarsi sulla consapevolezza e sulla conoscenza delle stesse, da diffondere su larga scala.
Silvia Merciadri